lunedì 13 agosto 2012

Ilva, giudici e prove d’errore.


Patrizia Todisco Gip di Taranto
La decisione del  Giudice Patrizia Todisco di far chiudere l’Ilva di Taranto è il drammatico epilogo  di un allucinante intreccio di vicende e di comportamenti che devastano l’Italia da tempo immemorabile. Vediamo per primo l’episodio preso singolarmente. Un tempo c'era l’Italsider pubblica che si espandeva nel  totale disinteresse per la salute in fabbrica e nella città. Con la privatizzazione poco è cambiato perché in un Paese dove l’energia costa il doppio  rispetto all’Europa e dove l’imprenditore deve sottostare a mille diseconomie imposte da sindacati e pubblica amministrazione, risparmiare sulla salute dei lavoratori può diventare una scelta obbligata, altrimenti si chiude. Se poi, come in Italia succede ovunque, gli organi preposti non controllano le inadempienze e le battaglie degli ambientalisti si indirizzano verso falsi problemi, allora gli inquinatori  e i trafficanti di rifiuti tossici hanno vita facile. Infine arriva il Giudice ed impone un provvedimento che, se eseguito, eliminerebbe un comparto produttivo strategico per l’economia nazionale che coinvolge, direttamente e con l’indotto, oltre un milione di lavoratori. Voi pensate che un simile provvedimento possa essere eseguito? Certamente no, perché la reazione di chiunque abbia un minimo di buon senso sarà decisamente contraria. Sindacati, Governo, Sindaco, Regione tutti d’accordo per impedire la chiusura dello stabilimento e grandi impegni per fare, in un paio d’anni, quello che non è stato fatto in cinquant’anni.
Non era meglio se il Tribunale e il Giudice si fossero fatti carico del funzionamento dei meccanismi di controllo per prevenire le inadempienze ambientali e  quindi le inadempienze di quegli uffici che, negli ultimi cinquant’anni, avrebbero dovuto agire di conseguenza? Constatando che non siamo più in grado di prevenire, non occorre allora mettere in atto una cura energica senza uccidere l’ammalato? Non sarebbe stato meglio castigare, innanzi tutto, coloro che hanno consentito le inadempienze venendo meno al loro dovere d’ufficio, forse perché corrotti?
Ma purtroppo giudici e tribunali, in Italia non possiedono la cultura necessaria per operare in questo modo. Non possiedono la consapevolezza dei limiti connaturati con la loro funzione. I giudici, come un tempo facevano gli astrologi e gli alchimisti, tendono ad occuparsi dei massimi sistemi rifuggendo dall’analisi del particolare. Sembra che non siano ancora arrivati al metodo scientifico che ricava le teorie generali dall’analisi rigorosa dei fenomeni più elementari, teorie comunque sempre sottoposte alla sperimentazione e alle prove d’errore. Tutto il sistema giudiziario, a partire dagli avvocati, è completamente privo di cultura scientifica ma ubbidisce ad una logica tutta sua, costruita a priori, che dalle cattedre universitarie di giurisprudenza viene trasferita alle aule dei tribunali senza fare i conti con la realtà.
Io non ho dubbi che, dopo la pantomina tutta italiana di ferragosto, per Ilva si arriverà ad un compromesso ragionevole. Ma quanto tempo perso, quante chiacchiere  inutili e quante energie sprecate!
Vorrei ricordare però ai signori giudici e ai politici che li dovrebbero riformare, che in Campania si continuano a seppellire rifiuti tossici e a Napoli si continua imperterriti a costruire sulle pendici del Vesuvio; che proliferano gli studi di consulenza per accedere ai contributi e alle sovvenzioni per le bufale, prime fra tutte quelle delle energie rinnovabili; che un mese fa è stato distrutta, all’Università della Tuscia, una delle sperimentazioni italiane più interessanti nel campo delle biotecnologie; che i francesi, i giapponesi e anche i tedeschi ridono ancora della dabbenaggine dimostrata da popolo italiano col referendum sul nucleare e che regioni e comuni stanno arrampicandosi sugli specchi dopo i risultati della consultazione sull’”acqua pubblica” … e potrei continuare per pagine e pagine!
Sono proprio contento che Mario Monti faccia il premier e Corrado Passera faccia ministro dello sviluppo. Se anche loro saranno costretti a gettare la spugna sopraffatti dall’italica imbecillità, allora potrebbe far capolino un capo-popolo, osannato dalle masse, con manganello e olio di ricino, che parla italiano, ma con un leggero accento tedesco! Corsi e ricorsi della storia ... 120813 Daniele Leoni

Leggi anche:
L’integrismo giudiziario (Marina Valensise)
Pragmatismo ed equilibrio sono le vittime del nostro sistema. Ilva, giuristi discutono dell’uso integrista del diritto.  http://www.ilfoglio.it/soloqui/14563

venerdì 10 agosto 2012

Curiosi terrestri su Marte


La festa alla conferma che Curiosity si è posata dolcemente su  Marte.
La gravità su Marte è tre ottavi. Significa che un uomo di ottanta chili lì ne pesa solo trenta. Significa che non è pensabile una base marziana con equipaggio senza un anello centrifugo, in rotazione permanente, dove gli astronauti possano abitare su un piano inclinato rispetto al suolo, in modo da riportare il loro peso corporeo alla normalità almeno durante le ore di riposo. Oppure si dovrebbe prevedere il ritorno degli astronauti sulla Terra dopo pochi mesi, come accade per l’equipaggio della Stazione Spaziale ISS, per evitare la decalcificazione delle ossa.  Ma questo non è possibile perché il viaggio Terra-Marte dura quasi un anno con le tecnologie attuali. Allora anche la navetta dovrebbe essere dotata di un anello centrifugo.  Non sarebbe cioè una navetta ma una vera e propria nave spaziale, di dimensioni ragguardevoli.  Allora perché, se i vincoli sono questi, non prevedere due navi spaziali, oppure tre: una in orbita terrestre, una in orbita marziana e una in viaggio. Tutte con l’adeguato corredo di navette dotate di scudi termici e paracadute, per il rientro degli astronauti. Su Marte, oltre agli alloggi per gli astronauti, va previsto un impianto per rigenerare l’aria e l’acqua che utilizzi materie prime locali: una bella serra sarebbe l’ideale.  Ci vorrebbe un primo embrione minerario, anche solo in considerazione dei costi proibitivi dei rifornimenti dalla Terra. Ci vorrebbe un opificio per la fabbricazione, in serie, di moduli strutturali finalizzati a nuovi spazi abitabili. In sostanza si dovrebbe arrivare all’autosufficienza per i materiali più pesanti contando sul rifornimento dalla Terra per la sola tecnologia e i manufatti leggeri. Poi ci vuole una piccola base di lancio per rispedire gli astronauti in orbita. Piccola, perché piccola è la gravità!
Dunque, i vincoli per una seria navigazione spaziale oltre la Terra sono quelli di una tecnologia pesante con strutture costruite per durare decenni, per consentire missioni umane pluriennali e basi permanenti. Altrimenti sarà solo un “mordi e fuggi” propagandistico, come fu il progetto Apollo che portò l’uomo sulla luna nel 1969. E poi non mettervi più piede per cinquant’anni.
Mentre sulla Terra possiamo permetterci componenti a perdere come stadi di lancio, scudi termici e componenti ausiliari, nello spazio e in un altro pianeta  non deve andar perso nulla; tutto deve essere riciclato per due ragioni fondamentali: la prima è quella del costo proibitivo per ripristinare i pezzi perduti spedendoli dalla Terra; la seconda è che di spazzatura spaziale ne abbiamo prodotta già abbastanza e, anzi, dovremo preoccuparci di come ripulire. Per esempio, se da una futura base marziana sarà lanciato un veicolo a due stadi, il primo stadio deve essere recuperato.  La navetta raggiungerà una stazione in orbita adatta a coprire i tragitto fino alla Terra, dove sarà trasferito il suo carico. Poi rientrerà, con rifornimenti, con o senza equipaggio. Lo scudo termico e il paracadute dovranno essere recuperati come la gru (sky crane), per essere revisionati e utilizzati la volta successiva.  La  realizzazione di una base permanente sarà indispensabile per questo tipo di ottimizzazione. Occorre cioè distinguere nettamente il veicolo destinato a coprire la distanza interplanetaria,  (da assemblare in orbita e destinato a rimanere nello spazio), dai mezzi di lancio in orbita e di discesa sul pianeta.
Il ponte di Curiosity, i detriti, i cavi nudi per facilitare la manutenzione.
Facendo queste riflessioni sto seguendo con entusiasmo l’avventura di Curiosity, il laboratorio semovente della NASA, ufficialmente alla ricerca di tracce di vita su Marte.  In tutta sincerità sono convinto che la ricerca esobiologia non sia l’obiettivo principale della missione, anche se sarebbe bello scoprire che la vita non è solo terrestre. Prima o poi si scoprirà. L’obiettivo principale  è lo sviluppo e il collaudo di una tecnica di intelligenza artificiale, governata da Terra in differita, destinata alla ricerca mineraria, destinata cioè a capire quali saranno i siti per una base umana su Marte. Acqua e metalli non dovranno mancare nelle vicinanze. Per l’energia un bel reattore nucleare provvederà alla bisogna. Però dell’acqua non si può fare a meno per una serie di ragioni. Primo perché contiene l’ossigeno che serve a respirare. Dai rifiuti organici degli astronauti e dall’atmosfera marziana composta essenzialmente di CO2 può partire il ciclo virtuoso del carbonio per alimentare una serra. Secondo perché contiene l’idrogeno che, assieme all’ossigeno, può diventare il propellente per  le navette.
Il panorama fotografato da Curiosity. Sullo sfondo il bordo del Gale Crater
Ferro, rame, stagno, nichel,  calcio, sodio, allumino, zolfo saranno utili, assieme ai silicati e ai carbonati abbondanti nel suolo marziano, per avviare i primi processi industriali. Se c’è l’acqua, quindi l’idrogeno,  si possono ottenere, per sintesi, tutti gli idrocarburi e le materie plastiche. Vai Curiosity! Cerca che anche se non troverai la vita, troverai la soluzione per il futuro della vita e dell’intelligenza umana che non ha limiti, meno che meno quelli del pianeta di origine. Alla faccia dei vecchi caproni che si sono insediati al potere e pretendono di imporre la finanza sull’industria!
Siccome la nostra curiosità è illimitata noi seguiremo la NASA in questa nuova, grande, affascinate avventura. Non noi come umanità ma io, tu, ognuno di noi singolarmente.  E questo la NASA lo sa.
Barack Obama mi aveva deluso. L'ho sempre considerato la rappresentazione vivente del sogno di Martin Luther King . Non poteva, il Presidente Obama, essere meno di John Kennedy, il più grande rivoluzionario del nostro tempo, ispiratore del progetto Apollo. Tanto rivoluzionario che morì, assassinato a Dallas, per mano degli stessi killer del nostro Enrico Mattei. Assassinato dagli oppressori dei popoli emergenti che si volevano riscattare dalla schiavitù dei padroni del petrolio. Non poteva, Barack Obama, affossare la più nobile delle sfide dell’umanità che vuole conquistare le stelle. 
Poi ho capito. Il progetto Apollo non avrebbe portato da nessuna parte. Come non porterebbero da nessuna parte le ipotetiche spedizioni con equipaggio umano verso altri corpi celesti se non sono precedute da un insediamento di macchine automatiche tele-governate, in grado di costruire il background per la vita umana e per la struttura industriale indispensabile alla vita e al progresso di un embrione di società umana autosufficiente.
Fango secco sotto la polvere sollevata dai motori.
Questa è la sfida di Curiosity. I 14 minuti-luce che impongono mezz’ora fra un comando e il suo riscontro, impongono comandi molto complessi, dove gli if-then-else sono la regola e non l’eccezione. Comandi fatti di centinaia, migliaia di linee di programma. Comandi che prefigurano scenari e alternative.  Non solo su un tracciato da seguire ma su esperimenti di bio-chimica e di geologia, avendo a disposizione un fantascientifico laboratorio semovente su un altro pianeta. Che grande, fantastico esercizio di intelligenza artificiale! Ma c’è di più: Curiosity  è nata e si è sviluppata sotto lo sguardo di una webcam.  Centinaia di migliaia di curiosi, da tutto il mondo, ne hanno potuto seguire, per anni, le fasi di assemblaggio e hanno tediato i PR del Jet Propulsion Laboratory della Nasa con le loro domande. Poi il lancio, i tanti mesi di viaggio siderale fino a Marte. I sette minuti di terrore del  landing e le prime incerte mosse sul suolo marziano. Ora Curiosity si racconta su Facebook e cinguetta su Twitter. Siamo in milioni a seguire la sua avventura, in modo interattivo: mai come è avvenuto prima nella storia dell’umanità.
Charles Elachi , Amministratore  della  NASA, ha detto a conclusione della prima conferenza stampa dopo la discesa morbida  di Curiosity sul suolo marziano: ''We will continue not only exploring Mars, but exploring the solar system and exploring the universe, because our curiosity has no limits.'' - La nostra curiosità è senza limiti e noi continueremo, come novelli Ulisse, ad avventurarci, a curiosare e a rischiare -.  Ma questa volta il rischio è calcolato, la prudenza è tanta e la sfida è epocale. 120810 Daniele Leoni