venerdì 20 novembre 2015

Primavere arabe


 La Marianne personifica la Repubblica francese.
Confesso il fastidio che ho provato quando Papa Francesco ha definito "terza guerra mondiale" la turbolenza del medio oriente e del mondo islamico. Fastidio, consapevole che la seconda provocò settanta milioni di morti. Se veramente dovesse scoppiare la terza, i morti sarebbero miliardi. Siccome, in occidente, le azioni dei guerriglieri in nome del Corano provocano normalmente decine o centinaia di morti, non possiamo parlare di guerra ma di terrorismo con l'eccezione l'attentato dell'11 Settembre 2001 a New York. Si deve inoltre aggiungere che i terroristi sono kamikaze, poveri ragazzi con turbe psichiche che vengono spinti all'assassinio e al suicidio da mercanti di morte, occupati mantenere un clima di tensione internazionale funzionale ai loro sporchi affari. Vladimir Putin ha denunciato apertamente il finanziamento dell’ISIS da parte di membri dello stesso G20: "Ho portato prove relative ai nostri dati sul finanziamento dell’ISIS da parte di persone di diversi paesi. Come appurato, i fondi provengono da 40 Paesi, tra cui alcuni membri del G20” — ha dichiarato nello specifico il presidente russo in conferenza stampa. “Oltretutto, ho mostrato ai nostri colleghi immagini da satelliti e aerei nelle quali è chiaramente visibile la dimensione assunta dal commercio illegale di petrolio e prodotti derivati. Colonne di camion-cisterna si protendono per decine di chilometri, tanto che da 4-5mila metri di altezza si perdono all’orizzonte. Questo figura semplicemente come un sistema di conduzione del petrolio. Occorre sopprimere le vie di finanziamento delle attività terroristiche." Allora il problema è molto complesso, con tante sfaccettature. Innanzi tutto occorre un'autorità di polizia internazionale, che potrebbe essere l'ONU, in grado di arginare il terrorismo. Dovrebbe farlo evitando di essere trascinata in un terreno, quello della barbarie e dello spregio della vita umana, che favorisce i barbari e i sanguinari. Bisogna fare un’operazione chirurgica incominciando dal modo in cui noi occidentali ospitiamo chi proviene da paesi dove i diritti umani sono calpestati. Quando violano le nostre leggi devono essere pesantemente sanzionati: la prima sanzione deve essere togliere loro la patria potestà e l'espulsione. Dovremmo farci carico noi dei loro bambini e condurli lungo un percorso di integrazione con la nostra cultura. La loro cultura la coltivino a casa loro! Il modo con cui dobbiamo combatterli deve essere congegnale ai nostri valori e alla nostra cultura. Non dobbiamo assolutamente spargere il sangue dei nostri soldati ma usare la tecnologia più sofisticata per fare, attorno a loro, terra bruciata. E ancora, quando possibile, dobbiamo portare via i loro bambini. Insisto sul fatto che, s’è possibile fare la chirurgia telematica al cervello o al cuore a migliaia di chilometri di distanza dal paziente, deve essere possibile anche la guerra telecomandata coi droni. Non il sangue dei nostri soldati oppure potenziali ostaggi alla mercé delle loro torture ma banali pezzi di ferraglia sul terreno, dove i nostri potranno entrare solo dopo ch’è stato bonificato.
Matteo Renzi e Vladimir Putin
Detto questo dobbiamo isolare culturalmente i mercanti di morte, dobbiamo favorire l'evoluzione democratica e liberale dei regimi e delle monarchie assolute. Dobbiamo insistere sul rispetto dei diritti umani sull'uguaglianza fra uomini e donne anche in Arabia Saudita, Iran ecc. come abbiamo fatto, 70 anni fa in Italia, riconoscendo alle donne il diritto di voto. E col diritto di voto anche il diritto allo studio e a professioni a loro prima precluse. Dobbiamo favorire un Islam leggero, tollerante, come abbiamo fatto con la religione cattolica ad opera di Papa Giovanni XXIII e dei suoi successori. Sono convinto che le turbolenze di oggi serviranno a catalizzare le forze per costruire la società planetaria di domani: il riavvicinamento fra Obama, Putin, Hollande è un bel segnale come è importante il ruolo che sta giocando il nostro Presidente Renzi, da protagonista, come non si vedeva dai tempi di Bettino. Dal 2 giugno 1946 sono passati nemmeno 70 anni. Come è cambiata l'Italia nel frattempo! E la Germania con mamma Merkel? E la Russia? La Cina? Il sud America? Per non parlare della fucina indiana, indocinese e indonesiana. Il mondo globalizzato va veloce come non mai. E io sogno Iran e Arabia con tante belle brave ragazze in minigonna, chiome al vento: quella si che sarebbe primavera! 151118 Daniele Leoni

sabato 31 ottobre 2015

Il ponte di messina: merci coi costi della nave e i tempi dell'aereo

30-10-2015, Daniele Leoni per la Conferenza Programmatica del PSI

Messina senz'acqua
Si discute tanto, proprio in questi giorni, sul fatto che Messina sia rimasta senz'acqua. Ma la verità è che le città siciliane sono senz'acqua da sempre perché in Sicilia ogni progetto pubblico si trasforma in un'occasione per fare clientelismo, spesso con finti cantieri, per finti lavori con finti lavoratori. Cosa che non accade solo in Sicilia ma anche in gran parte del mezzogiorno d'Italia. Così gli acquedotti sono da sempre pieni di dispersioni che sistematicamente non vengono riparate. L'acqua viene immessa nella rete idrica per periodi limitati di tempo, perché gli utenti possano riempire i loro serbatoi domestici. Poi l'erogazione dell'acqua viene interrotta perché il numero di falle non consente di tenere la rete permanentemente in pressione. In Sicilia avere il serbatoio dell'acqua nel sottotetto è una cosa normale perché è normale l'intermittenza nell'erogazione. Paradossalmente i siciliani si lamentano, come sta succedendo in questi giorni a Messina, solamente quando per alcuni giorni l'acqua non arriva (a causa di qualche inconveniente in più) e le scorte domestiche non possono essere ripristinate. Ma l'erogazione intermittente è la norma.

Sicilia e Calabria: il terreno di coltura del malaffare
La stessa cosa succede per l'acqua destinata all'agricoltura a fini irrigui. La cura del territorio è carente e il dissesto idrogeologico grave. Strade e ferrovie sono in una condizione disastrosa e l'elenco potrebbe continuare per ogni comparto di competenza pubblica.
Chi sostiene la necessità di risolvere prima i problemi elementari come l'adeguamento delle reti idriche agli standard dell'Italia centro settentrionale, così come le strade e le ferrovie, destinando a queste opere primarie tutte le risorse disponibili, pretende, nei fatti, di continuare ancora per decenni, con lo sperpero di risorse senza che nulla di tangibile venga realizzato. Risorse che purtroppo finiscono nelle mani della criminalità organizzata, abilissima nella regia del dissesto e della precarietà, abilissima cioè a creare il terreno di coltura dove prosperano i peggiori affari come lo spaccio della droga, l'organizzazione dei gioco d'azzardo (dalle sale bingo alle slot machine), lo sfruttamento della prostituzione, l'usura.
I compiti a casa di Monti e Passera
Deve far riflettere il modo violento in cui è stato cancellato il progetto del Ponte sullo stretto di Messina dal Governo Monti e dall'allora Ministro Corrado Passera, nonostante la progettazione definitiva fosse stata completata, la gara pubblica regolarmente vinta e il rischio di penali miliardarie a carico dello Stato inadempiente. Inconcepibile la cancellazione del progetto del ponte di Messina, nonostante la dichiarata disponibilità della Cina Popolare ad un’operazione di project financing, non solo sul ponte, ma sull’ammodernamento delle ferrovie e dei porti da Napoli a Taranto. Il motivo? La Cina cercava un’alternativa al porto di Rotterdam per le merci provenienti dalle sue imprese, impegnate nel colossale investimento cinese in Africa. La Sicilia, con i suoi porti, avrebbe potuto diventare il punto di attracco delle navi, da cui i container sarebbero stati smistati per ferrovia verso le destinazioni in Europa e in Asia. Perché allora la cancellazione di un progetto che avrebbe potuto assegnare all’Italia il ruolo di nodo intermodale di uno dei più rilevanti flussi commerciali dell’economia globalizzata?

Torbidi interessi coincidenti
Una possibile risposta è che l’economia sottosviluppata gestita delle mafie siciliane e calabresi sarebbe stata stravolta da un intervento internazionale di tanta rilevanza. Perché le preoccupazioni della mafia, risoluta a salvaguardare la precarietà dell'economia calabrese e siciliana, cioè il terreno di coltura del malaffare, coincidevano con gli interessi degli olandesi e dei tedeschi decisi a salvaguardare il ruolo del porto di Rotterdam. Monti e Passera furono sordi e ciechi, ignorarono opportunità e convenienze italiane, soprattutto del sud. Scolaretti ubbidienti, fecero i loro compiti a casa.

I veri obiettivi dei "no ponte" e lo scampato pericolo per le mafie
Gli agitatori "no ponte", tirarono un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. Il pericolo era un grande cantiere con imprese internazionali, non controllate dalla mafia, con dirigenti e tecnici non addomesticabili e soprattutto determinati ad ottenere il risultato di un'opera che avrebbe potuto far scuola. Il pericolo erano imprese determinate a scommettere sulle ricadute positive del successo ottenuto per accreditarsi nel modo e conquistare nuovi mercati. Il pericolo era un cantiere vero, di altissimo livello, impegnato per anni nell'area dello stretto di Messina, che avrebbe potuto scatenare l'entusiasmo di tanti giovani siciliani e calabresi, risoluti a partecipare al lavoro con spirito creativo e non in cerca di assistenza. Il pericolo era che, con il ritmo e l'organizzazione impressi dal ponte sullo stretto, sarebbe stato inevitabile l'allargarsi dell'intervento a ferrovie, strade e porti connessi, da Taranto a Napoli. Tutto sotto la supervisione di entità nazionali e sovranazionali impegnate nell'investimento e poco interessate al malaffare di piccolo cabotaggio come lo spaccio della droga, l'organizzazione del gioco d'azzardo, lo sfruttamento della prostituzione, l'usura. Tutto sotto la supervisione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione.

Rimettere il treno nei binari da cui era stato fatto deragliare
Lo spirito con cui lo Stato deve ottemperare agli impegni presi con le società che hanno vinto la gara per la costruzione del ponte di Messina non è solo quello di evitare di pagare le penali, ma soprattutto la volontà di rimettere il treno nei binari da cui era stato fatto deragliare con un colpo di mano e con una violentissima attività di disinformazione.
Il ponte, come ha scritto Maurizio Ballistreri sull'Avanti!, deve essere visto come un segmento strategico per fare della Sicilia un punto fondamentale dello sviluppo del Mezzogiorno, realizzando il Corridoio transeuropeo 1. E d’altronde, proprio i socialisti hanno storicamente sostenuto il ruolo strategico dell’Area dello Stretto e della realizzazione del Ponte. Bettino Craxi, nel 1985, all’apice degli anni straordinari della sua premiership, firmò la convenzione per il Ponte, lanciando l’idea di una grande area metropolitana nello Stretto, frutto della conurbazione tra Messina e Reggio Calabria, nell’ambito di una lungimirante visione geopolitica che assegnava al Mezzogiorno d’Italia la funzione di cerniera tra la costruzione di un’Unione europea non bancocentrica e i paesi rivieraschi del Mediterraneo.

A bridge to somewhere - Dove ci porta il ponte
Giovanni Mollica, in un libro pubblicato negli Stati Uniti sulla vicenda del ponte di Messina, ci dice che fin dai primi anni 2000, le nazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo avevano mostrato segni di insofferenza verso il predominio dei porti del nord Europa che avevano occupato un ruolo centrale nella gestione dei flussi mercantili da e per l’Europa, nonché della ricchezza prodotta dagli stessi, assolvendo il ruolo di piattaforma logistica mediterranea. Un nonsenso geografico fondato sia sull’efficienza dell’organizzazione dei loro porti e della rete ad essi connessa, sia sulle carenze infrastrutturali dei Paesi mediterranei, Italia in testa. Un esempio permette di comprendere meglio in cosa consiste il paradosso appena accennato: le merci dirette in Europa e provenienti dal Far East ammontano a quasi 500 miliardi di euro all’anno e, nella stragrande maggioranza, sono trasportate su gigantesche navi porta container che attraversano il Canale di Suez. Oltre il 70% di queste merci è sbarcato negli scali del Northern Belt piuttosto che in quelli dell’Europa mediterranea, preferendo percorrere una rotta di migliaia di miglia più lunga piuttosto che approdare negli scali mediterranei.
L’incidenzai di questi giganteschi flussi commerciali tra l’Europa e il resto del mondo sull’economia dei rispettivi Paesi è notevolissima. In Germania, la così detta “Logistica integrata” – così è chiamata la scienza che gestisce l’intera catena di trasporto e distribuzione delle merci dal luogo di produzione al punto finale di vendita, considerata come un’entità unica invece che un complesso di funzioni logistiche separate - costituisce il terzo datore di lavoro, dopo l’industria automobilistica e quella chimica, con oltre due milioni e mezzo di addetti. In Paesi più piccoli, come Paesi Bassi e Belgio, le attività collegate ai porti di Rotterdam e Antwerp contribuiscono per percentuali molto rilevanti al prodotto nazionale e alla bilancia dei pagamenti. Non è un caso che abbiano resistito meglio degli altri Stati europei alla crisi che ha colpito il mondo dal 2008 in poi.

L'Italia non vuole essere un muro
Uno sguardo alla mappa dei flussi merci provenienti dal canale di Suez mostra come l'Italia, nonostante sia un ponte naturale fra l'Africa e l'Europa continentale, venga esclusa dalla quasi totalità del traffico.
Il raddoppio del Canale di Suez porterà nuova linfa ai traffici navali a poche miglia dalle coste siciliane e calabresi. Quali saranno i porti italiani che ne godranno e quanta parte toccherà a ciascuno, lo deciderà la Politica. Una prima risposta fortemente punitiva per l’estremo Sud l’ha data il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica recentemente approvato; ma né i media né le forze politiche le hanno dato il dovuto peso. La destinazione a “porti di scambio” (transhipment) mette fuori gioco gli scali siciliani e calabresi, sempre più schiacciati dalla concorrenza dei nuovi giganti africani e di un Pireo interamente in mano ai cinesi. Né la dimensione regionale riesce a compensare questa mancanza di competitività quando i territori serviti non producono e non consumano. E' inutile e pericoloso illudersi e illudere la gente inseguendo il sogno di una crescita socioeconomica irrealizzabile. Rotterdam è il primo porto d’Europa perché, oltre ai ricchissimi territori circostanti, serve mezza Italia attraverso una veloce, economica e capillare rete di trasporto. Se il Governo vuole evitare che il grande porto della Piana di Gioia Tauro si spenga lentamente, deve avviare subito lavori per collegarlo alla rete ferroviaria ad alta velocità europea. E se vuole spezzare il tragico isolamento che ha portato la Sicilia a essere la regione dell’Ue col più basso tasso di occupazione, deve riprendere subito l’iter di realizzazione del Ponte sullo Stretto. Senza questi due provvedimenti, le prospettive di sviluppo sono prive di credibilità.

Treno = velocità = costi bassi = valore
L'ultimo argomento è quello della velocità del trasporto merci. Le tratte ferroviarie ad alta velocità hanno tempi assimilabili al trasporto aereo e costi assimilabili a quelli della nave. Se le tratte navali sono più corte aumenta la velocità di consegna e quindi il valore del servizio a parità di costi. La collocazione geografica dell'Italia, della Sicilia in particolare, genera un valore aggiunto formidabile nell'economia dei prossimi decenni, valore che giustifica un adeguato investimento. Noi italiani, aziende pubbliche e private, abbiamo il dovere di svegliarci dal torpore che altri vogliono imporci e che, dalla metà degli anni 60, tentano di confinarci in un ruolo di maitre d'hotel.

L'Africa, il futuro dello sviluppo
Enrico Buemi, in una discussione su facebook del febbraio scorso, sosteneva che il ponte di Messina oltre ad auto finanziarsi, diventerebbe un biglietto da visita delle capacità tecnologiche e produttive italiane e un simbolo nel mondo. Sarebbe un prolungamento del continente verso l'Africa, farebbe diventare Italia la Sicilia e tante altre cose ancora. Sposterebbe il baricentro verso sud, verso l'Africa che è il futuro di questo secolo.
In Africa sarà un futuro di sviluppo, quando si placheranno i venti di guerra così come si sono placati quelli europei dopo la seconda guerra mondiale.
Così crolleranno gli ultimi muri.

mercoledì 27 maggio 2015

Lettera a Debora Serracchiani del 2 Luglio 2009

Cara Debora, ho 56 anni, ho due figli ultratrentenni entrambi tecnici informatici, ho fondato e diretto per sedici anni una società di software che nel 2001 è stata acquistata da Banca Intesa (Charta srl). Sono appassionato di tecnologia e di comunicazione. Quando ero più giovane ho fatto diverse cose: fondato Legambiente nel 1980 (non fu Realacci e nemmeno Testa, ma Leoni); scritto per alcuni anni in giornali nazionali; lavorato per la Rai come regista; sbattuta la porta disgustato nell’85… Non sono mai stato comunista, anzi ho sempre avuto una certa simpatia prima per Craxi poi per Berlusconi. Ti garantisco che, nonostante un’attività prevalente di fornitore di enti pubblici, non ho mai pagato tangenti. Le tue argomentazioni sono stimolanti. Il tuo linguaggio è immediato, adatto ai nuovi media. Hai dimostrato di saper usare in modo eccezionale internet e tutte le possibilità che i social network offrono. Ho notato che, invece di prendere posizione su ciò che divide, hai preferito concentrarti sul metodo più adatto a regolare il dibattito fra diversi. Mi è parso di capire che anche tu sei convinta della validità del sistema bipolare (o bipartitico) stile americano. Mi piace anche la tua decisione di non contrapporti a Franceschini (modestia? riconoscenza?), facendo però capire che hai preso molto sul serio il tuo ruolo, che non è quello di grigio parlamentare europeo. Questo è un periodo di grandi cambiamenti! Non è retorica ricordare che l’elezione di Barack Obama è epocale. Come epocale è la crisi economica planetaria e la conseguente necessità di riconsiderare alcuni elementi di statalismo. Loretta Napoleoni si spinge perfino a valutare iniezioni di etica islamica nella macchina economica! Mi ricordo che, tanti anni fa, ero in confidenza con Gianni Baget Bozzo. Mi piaceva parlare con lui di anarchia e di futuro. Un giorno mi disse che, in una ipotetica società che avesse risolto il problema del quotidiano, uno stato etico comunista sarebbe stato ideale. Io non ero d’accordo perché la persona (e quindi la libertà) viene prima. Poi anche lui entrò nelle file di Berlusconi, non penso proprio per interesse. Ogni tanto mi infastidisce l’anticomunismo tombale di alcuni (cosa saremmo noi se Stalin si fosse alleato con Hitler invece di combattere a fianco degli americani?), come mi disturba l’odio verso Berlusconi che è stato eletto dalla maggioranza degli italiani (ci sarà pure una ragione?). Non so quanti siano i ragazzi e le ragazze con le tue doti. Una volta era una razza rara. Oggi, speriamo, è possibile che siano molti di più. Non vi guida una ideologia politica e nemmeno una fede religiosa ma la ricerca di sane regole di convivenza civile, convivenza fra diversi che accettano la reciproca diversità. Mi auguro che fra di voi scatti una reciproca simpatia, che diventiate tanti e forti. Come mi auguro che siano tanti, fra i più anziani come me, a farsi catturare da vostro fascino, a darvi dei consigli sapendo che potrete scegliere se seguirli o meno. Il merito di Franceschini è stato questo: ha intercettato l’onda di simpatia e ci ha messo la testa e cuore. Non ha scelto un allievo fedele sicuro di poterlo pilotare. Ha scelto Debora, che senz’altro non ha la vocazione del burattino. E’ un buon inizio per la costruzione di un sistema bipolare di stile americano. Un sistema di regole ineludibili che, da oltre 200 anni (13° e 14° emendamento), garantiscono contro involuzioni dispotiche o autoritarie. Quelle regole ci hanno salvato dal fascismo, dal nazismo; hanno innalzato un limite invalicabile alle velleità di espansione dei comunisti sovietici. Quelle stesse regole oggi danno spazio a un Presidente meticcio, figlio del popolo, che ha usato internet per dialogare con il mondo e per finanziare la sua campagna elettorale. Continuerò a seguirti, ogni tanto ti scriverò e ti farò domande scomode, a proposito di regole. La prima te l’ho già fatta su Facebook e la ripeto qui. Se nel 2013 vincerete le elezioni, qualora le gare per il ponte di Messina o per una centrale nucleare siano state fatte e i lavori assegnati, tu pensi si possa tornare indietro? 090702 Daniele Leoni

lunedì 25 maggio 2015

Mi permetta, professore ... (Replica a Ferdinando Boero)

L'uomo creatore secondo L'Economist.
La biologia è fra le scienze più affascinanti. E' affascinante perché lo studio dell'enorme varietà degli esseri viventi aiuta ad indagare noi stessi in una guerra impari, autoreferenziale, e quindi impossibile da vincersi sulla base del secondo teorema di incompletezza di Godel. Non potendo trovare le risposte fondamentali su di noi compiendo un autoesame, rivolgiamo il nostro sguardo verso l'esterno, innanzi tutto verso le altre forme di vita del nostro ecosistema. E per dare un senso a cio che è, inesorabilmente, fuori dalla nostra portata, l'umanità ha inventato i miti e le religioni. Dall'alba dell'uomo il percorso della conoscenza ha seguito due strade: quella analitica, utilitarista dei cacciatori e dei raccoglitori e quella sintetica, creativa degli agricoltori e dei fabbricanti. Le strade della conoscenza si incrociavano con quelle della società che via via si andava strutturando: per esempio quella del potere e quella del mercato. La strada del potere portava spesso alla guerra e a tempi oscuri mentre la strada del mercato conduceva quasi sempre alla prosperità ma prima o poi la sete di potere demoliva tutto con una nuova guerra. Ho voluto dipingere questo semplice quadretto per dare un'idea di come la società umana, nelle sue interazioni, si comporti come un'entità biologica. Sullo sfondo le grandi domande autoreferenziali senza possibilità di risposta: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Terraformare Marte secondo un'idea di Elon Musk, CEO di SpaceX
Che fare allora se apparteniamo a quella esigua minoranza che odia la guerra e che non si vuole rifugiare nel mito? Non ci resta che continuare a cercare all'infinito per soddisfare il nostro bisogno primario. Allora è naturale volgere lo sguardo verso le stelle che, nella nostra galassia, ce ne sono miliardi. E di galassie, nella parte di universo osservabile, ne possiamo contare miliardi. Miliardi di miliardi di possibilità. Venendo quindi alla "conta delle stelle" (come la chiama lei), i programmi di ricerca computerizzata degli oggetti celesti mettono in evidenza quelli che si discostano dalla norma: quelli che presentano anomalie. Nell'impossibilità di catalogarle tutte, scrutando le anomalie, si fa un po' di chiaro nella notte fonda dei segreti del cosmo. Questo metodo dovrebbe insegnare qualche cosa anche ai biologi dal momento che è impossibile catalogare tutte le specie. Ma rimanendo più vicino alla Terra, l'esplorazione robotizzata del Sistema Solare deve fare i conti, non solo con la necessità di miniaturizzare i componenti, ma anche con tempi di risposta della telemetria, a causa della velocità della luce, che possono essere di ore. Non è possibile telecomandare una sonda ma si debbono per forza inviare sequenze complesse di istruzioni condizionali che vengono eseguite in autonomia. Dopo qualche ora lo staff di controllo analizza il risultato, verifica gli errori ed elabora una nuova sequenza di comandi da inviare alla sonda. Parallelamente, per approssimazioni successive, vengono elaborate nuove versioni del software di gestione e trasmesse alla sonda spaziale per le prove sul campo. Questa attività è quanto di più complesso e sofisticato che l'uomo abbia mai provato: insegna la cautela e la prudenza perché una manovra sbagliata potrebbe danneggiare la sonda che costa cifre da capogiro. Insegna a non tagliare mai la possibilità di fare un passo indietro per recuperare la situazione. Impone una grande ridondanza perché componenti avariate possano essere sostituite in loco, lontano centinaia di milioni di chilometri. Queste attività provocano uno spettacolare sviluppo delle tecniche di intelligenza artificiale applicabili nell'industria e capaci di abbattere i costi di produzione di vari ordini di grandezza. Per non parlare dello sviluppo dei droni, il cui uso militare è il più appariscente ma il meno significativo. Si pensi a quello che potranno fare i droni in agricoltura, nelle attività pericolose in ambienti estremi, nel caso di catastrofi o per prevenire le catastrofi. Ma anche nelle attività quotidiane come la distribuzione delle merci. Anche nel settore della biologia marina per sondare fondali oceanici e studiare ambienti fino ad oggi irraggiungibili.
Papa Giovanni XXIII pronuncia il discorso della luna
Ma veniamo al più rilevante dei problemi che incombono sull'umanità e che, non risolto, porterebbe all'estinzione dell'uomo in tempi geologicamente molto brevi. Anche supponendo che fattori spontanei di riequilibrio demografico tendano a stabilizzare la popolazione del pianeta sotto i quindici miliardi (tendenza non così distante dalla realtà), si affacciano delle nuove insidie. Vorrei ricordare un economista americano abbastanza bistrattato. Ingiustamente bistrattato. Si tratta di Julian Simon, che sosteneva che l’aumento del consumo di risorse è addirittura positivo poiché stimola la ricerca di nuove risorse e di nuove soluzioni. E se tanti cervelli sono impegnati assieme dal bisogno pressante di trovare queste nuove risorse e soluzioni, esse saranno trovate più velocemente. Così la prospettiva è la diminuzione ulteriore dell’analfabetismo, della fame e l’aumento del benessere e delle aspettative di vita. Quindi è tutto risolto almeno in prospettiva? La mia opinione è che le telecomunicazioni e internet ci consentiranno di sfruttare al meglio l’”ultima risorsa”, quella che risiede dentro di noi, cioè la nostra intelligenza. Ma si fa strada un pericolo soprattutto in occidente, che, alla lunga, diventerà globale: l’invecchiamento della popolazione. E’ una minaccia subdola, piena di interrogativi e di nuove sfaccettature insidiose. Poi c'è la storia geologica della Terra fatta di catastrofi e di estinzioni. La nostra specie, l'Homo Sapiens Sapiens, ha cinquantamila anni. Il telegrafo ha 150 anni. I semiconduttori 50. Nel prossimo milione di anni può capitare di tutto! Senza tirare in ballo gli "spiriti cosmici", espressione poco scientifica ma che è nella percezione dei sei miliardi di uomini e di donne che credono in un Dio, c'è una spinta primordiale che ci porta verso le stelle. Io credo che questa spinta abbia a che fare con l'istinto, molto biologico, di sopravvivenza. Poi ognuno ha le sue convinzioni: io per esempio non credo in nessuna religione; sono orgogliosamente ateo, anche se ateo è una parola grossa. Cionondimeno percepisco un fondamento dietro ai miti del 90% dell'umanità. C'è chi guarda l'orizzonte, chi la profondità del mare. Io, travolto dal secondo teorema d'incompletezza, guardo un cielo stellato. 150525 Daniele Leoni

Articolo collegato a Il bruco e la farfalla su questo blog.

sabato 23 maggio 2015

Il bruco e la farfalla

Copertina di un libro di Ferdinando Boero
E' per me singolare un articolo, su La Stampa di oggi, pubblicato in prima pagina, firmato da Ferdinando Boero, naturalista e scienziato di valore. Il titolo dell'articolo è "Il grave errore di non studiare le specie viventi". Dopo una serie di considerazioni condivisibili sulla necessità di studiare meglio l'immenso patrimonio biologico del nostro pianeta anche per evitare danni sulla biodiversità ad opera della società industriale, Boero conclude così l'articolo: " ... Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono."
Io mi chiedo se sia perdonabile, per uno scienziato, immaginare l'umanità per sempre confinata dentro i limiti del nostro pianeta fino ad affermare che le stelle non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere. Suggerisco a Ferdinando Boero di riflettere sull'impatto che potrebbe avere la scoperta di una biologia extraterrestre sugli studi relativi alla nostra biologia. Oppure di chiedersi se lo sforzo tecnologico di creare condizioni adatte alla vita umana in una stazione spaziale grande come una metropoli o in un pianeta privo di vita come Marte non imponga conoscenze estese e profonde sulla nostra biodiversità. Ecco, allora, che la ricerca sulla biodiversità e sugli ecosistemi che ci sostengono si imporrebbe con tutta la sua rilevanza perché necessaria allo sviluppo di ecosistemi artificiali in grado di sfidare le profondità del cosmo. Ma non è forse sempre successo che terreni di ricerca specifici si sono sviluppati per supportare la necessità di grandi sforzi tecnologici? Per esempio durante le guerre? Negli ultimi 70 anni una coincidenza fortunata di eventi ha messo fine alle grandi guerre mondiali: ora l'avventura umana poterebbe svilupparsi proprio verso la conquista del cosmo preservando così in nostro pianeta da un'ulteriore antropizzazione che potrebbe investire gli oceani come ultimo spazio disponibile.
Ma vorrei approfittare di Ferdinando Boero per una riflessione sull'evoluzione dell'uomo e sulla natura. Secondo me il filo conduttore dell'evoluzione è l'intelligenza: sia essa animale, umana, artificiale o cosmica. La natura biologica, che ha fatto da incubatore, sulla Terra, all'homo sapiens e alla sua neonata civiltà tecnologica, contiene i semi di innumerevoli varianti evolutive che hanno, come sbocco, sempre l'intelligenza. L'intelligenza consiste in interazioni logiche complesse che, nell'uomo, hanno la forma delle interazioni elettrochimiche del nostro cervello. Interazioni analoghe, con gradi di efficienza senz'altro superiori, possono avvenire in circuiti elettronici adatti a prosperare nel vuoto e nel freddo del cosmo profondo. Varianti evolutive diverse da quella umana possono aver già sviluppato l'intelligenza in altre parti dell'universo o ne potranno sviluppare in futuro. Ci potrebbero essere, da qualche parte, insetti intelligenti oppure animali marini, oppure vegetali. Ci potrebbero essere forme biologiche intelligenti basate sugli azotosomi, adatte ad oceani di metano liquido a -170 gradi. Ma tutte queste varianti, incompatibili fra di loro, avranno un denominatore comune cioè l'evoluzione verso l'intelligenza elettronica, adatta al vuoto, al freddo e virtualmente eterna. Verso questa intelligenza elettronica del futuro sta velocemente evolvendo anche la nostra umanità realizzando così il sogno della vita eterna sotto forma di "spirito" che sopravvive, fino alla fine dei tempi, in neuroni al silicio, al grafene o chissà in quale altra struttura cristallina. Poco importerà se il bruco originario degli spiriti cosmici era insetto, vegetale, bipede umanoide o abitante di oceani di metano liquido. Gli spiriti cosmici si organizzeranno per convivere e interagire senza differenza di razza. Forse lo stanno già facendo aspettando che anche noi ci uniamo alla comitiva, quando saremo pronti. E se la natura che vince fosse questa, professore? 150523 Daniele Leoni

Segue l'articolo
Il grave errore di non studiare le specie viventi
La Stampa - 23 Maggio 2015 - Ferdinando Boero
Povera biodiversità: ieri era la giornata mondiale dedicata a lei. Ma non se ne è parlato moltissimo, neppure nella sua giornata! Figuriamoci le altre. Forse il motivo è che le notizie sulla biodiversità sono deprimenti e allarmistiche. A rischio una specie su cinque, si legge da qualche parte. In altri posti trovo che si estinguono tantissime specie, tutti i giorni. Ora vi svelo un segreto: non è vero. O meglio, se sentite queste affermazioni provate a chiedere: ah, dimmene cinque, marine, che si siano estinte negli ultimi 20 anni. Cinque. Non minacciate… dimmi quelle estinte. Vedrete che non ve le sapranno dire. E quindi tutto a posto? Ma no, significa solo che, anche se ne parliamo tantissimo, e sempre con toni catastrofici (le estinzioni di massa), non ne sappiamo gran che. Fino ad ora abbiamo descritto circa due milioni di specie. Tenetevi forte: si calcola che il pianeta ne ospiti otto milioni. Significa che ci sono sei milioni di specie (più o meno: è una stima) che ancora non abbiamo scoperto. E sapete perché non le stiamo scoprendo? Perché lo sforzo (in termini di finanziamento alla ricerca) per rispondere alla domanda «quante specie ci sono sul pianeta?» è minimo. La scienza di base per esplorare la biodiversità è la tassonomia: sta scomparendo dalla comunità scientifica. Da una parte ci sono dichiarazioni altisonanti che denunciano il disastro della biodiversità, dall’altra non spendiamo quasi niente non dico per salvarla, ma almeno per fare l’inventario. Il capitale naturale è fatto dalle specie che, assieme, costituiscono la biodiversità. Come si fa a gestire e salvaguardare ciò che non si conosce? Non si può. Appunto. E quindi, a causa di crassa ignoranza, stiamo dilapidando il capitale naturale. Ora, immaginate il nostro pianeta senza il resto delle specie viventi. Pensate che potremmo viverci? No, non potremmo. Ogni specie che se ne va è una piccola badilata in più nello scavo della nostra fossa. Non riusciremo a distruggere la biodiversità, distruggeremo solo quel tanto che basta per rendere impossibile la nostra sopravvivenza. Il resto andrà avanti. Non riusciamo a far estinguere i batteri patogeni, o gli scarafaggi. Di solito siamo bravissimi a distruggere quello che ci serve di più. Con gli insetticidi abbiamo distrutto (quasi) le popolazioni di insetti nocivi, ma abbiamo anche distrutto gli impollinatori. Il bello è che quelle carogne di insetti nocivi sviluppano resistenza (proprio come i batteri patogeni) mentre le api no. Così vinciamo qualche battaglia contro gli insetti nocivi, ma perdiamo la guerra e, nel frattempo, facciamo fuori gli insetti utili. Ogni mio intervento si conclude sempre nello stesso modo: non siamo preparati culturalmente per comprendere questi argomenti e, nella nostra ignoranza, ci lanciamo allegramente, in nome della crescita economica, verso la catastrofe. Quando si dice: beata ignoranza. Ma poi no, non è vero che non sappiamo. Volete il nome di una specie marina che si è estinta in Mediterraneo? Eccovi serviti: Tricyclusa singularis. Mai sentita, vero? E pensare che è l’unico rappresentante del genere Tricyclusa ed è anche l’unico rappresentante della famiglia Tricyclusidae. Estinta lei, si estinguono anche un genere e una famiglia. Non sappiamo quale sia stato il ruolo ecologico di Tricyclusa singularis, sappiamo a malapena che più di cento anni fa era rigogliosa nel golfo di Trieste, ma sono cento anni che non se ne trovano più, né lì né altrove. Forse il motivo è che c’è sempre meno gente che studia gli animali. Ma poi no, ancora qualcuno c’è. L’anno scorso, sempre nel golfo di Trieste, con alcuni colleghi, ho descritto una specie che non era mai stata vista prima, l’abbiamo battezzata Pelagia benovici. E’ una medusa e appartiene agli cnidari, lo stesso phylum a cui appartiene Tricyclusa singularis. Probabilmente è arrivata da noi come clandestina su qualche nave, nelle acque di zavorra, e ha trovato un ambiente favorevole. Non voglio scatenare guerre tra scienziati. Non sto chiedendo che si taglino i fondi alla ricerca. Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono.
Università del Salento, Cnr-Isamr. Wwf-Italia 

Il professor Ferdinando Boero ha subito risposto.
Caro Daniele, grazie, ti prego di mettere questo sul tuo sito.
Gli spiriti cosmici eh? Certo, se trovassimo altra vita, se ci fossero altri pianeti colonizzabili, se se se. La cosa importante è che queste cose per il momento non ci sono. Si tratta di ipotesi fantascientifiche. Non dico che sia impossibile, dico che sia altamente improbabile che queste mirabolanti scoperte avvengano in tempi stretti. Non ho scritto che bisogna togliere soldi a queste ricerche. Ho scritto che è poco saggio dedicare enormi risorse a queste imprese e non dedicare nulla allo studio della biodiversità su questo pianeta. La biodiversità la stiamo distruggendo ora. La biodiversità ci sostiene ora. Noi cerchiamo cose che non ci sono, con la assurda speranza che, distrutto questo pianeta, troveremo magiche soluzioni in altri sistemi solari. O in qualche luna di Giove o di Saturno. Alimentare queste speranze è semplicemente criminale. Significa dire: che ci importa di quel che facciamo a questo pianeta? Ne troveremo altri. E ci saranno grandi prospettive. Ecco, questo messaggio dimostra esattamente quel che stavo argomentando. E la cosa grave è che i politici ci credono. Hanno tolto una frase al mio articolo: questi finanziamenti spaziali giustificano in modo occulto le spese di ricerca per nuove armi. Gli spiriti cosmici. Come diceva Totò: ma mi faccia il piacere! E questa sarebbe scienza?
ciao Ferdinando Boero
Professor of Zoology Università del Salento / CoNISMa / CNR-ISMAR

lunedì 9 marzo 2015

Intelligenze cosmiche

Caronte in primo piano, Plutone in background (disegno).
Fra 128 giorni, dopo un viaggio di oltre nove anni, la sonda robotica della NASA New Horizons raggiungerà Plutone, o meglio, il sistema doppio Plutone Caronte - http://pluto.jhuapl.edu/ -. Dista da noi 5 miliardi di chilometri e un segnale telemetrico (invio e feedback) impiega dieci ore per essere eseguito. Sembra che il calore per mantenere liquidi il metano e l’azoto negli ipotetici oceani criogenici dei due pianetini venga dall’attrito delle maree, non certamente dal sole, così lontano che brilla meno della luna in una notte terrestre. Intanto la sonda Dawn ha raggiunto Cerere e, tempo un mese, comincerà a svelare i suoi segreti. In attesa dei risultati c’è chi immagina un sottomarino per esplorare i mari di metano liquido su Titano, la luna più grande di Saturno. Un video su Youtube mostra il progetto - http://youtu.be/NnKxbdpLP5E -. Dovrebbe esplorare le coste e i fondali che potrebbero rivelare un ecosistema a 170 gradi sottozero. Il progetto è stato sviluppato per la NASA da Innovative Advanced Concepts (CANI) Programma, da COMPASS team della NASA Glenn, tecnologi e scienziati del laboratorio di fisica applicata e designer sottomarini.
Il sottomarino progettato per esplorare i mari di Titano (disegno).
Com’è possibile l’evoluzione di un ecosistema a meno 170°C lo spiegano tre ricercatori americani, James Stevenson, Jonathan Lunine e Paulette Clancy che hanno pubblicato il risultato della loro ricerca su Science Advances - http://advances.sciencemag.org/content/1/1/e1400067 -. Ecco la traduzione dell’abstract dell’articolo: “La membrana lipidica a due strati, che è il fondamento della vita sulla Terra, non è possibile al di fuori della biologia a base di acqua liquida. Questo fatto ha guidato astronomi che cercano le condizioni adatte per la vita in pianeti extrasolari all'interno della "zona abitabile", la fascia stretta in cui può esistere acqua liquida. Possono però esistere membrane delle cellule e la loro risposta a questa domanda ipotizza un nuovo tipo di membrana, costituita da composti azotati organici, che sia in grado di formarsi e funzionare nel metano liquido a temperature criogeniche (meno 170°C). Con simulazioni molecolari, dimostriamo che queste membrane, in un solvente criogenico, hanno una elasticità pari a quella dei doppi lipidici in acqua a temperatura ambiente. Come prova di concetto, abbiamo anche dimostrato che membrane criogeniche stabili potrebbero derivare da composti osservati nell'atmosfera della luna di Saturno, Titano, nota per l'esistenza di mari di metano liquido sulla sua superficie.” Addio liposomi. Benvenuti “azotosomi”.
Il processo di formazione delgi azotosomi
È così che gli ingegneri chimici hanno battezzato la loro forma di vita a base azotata: molecole di azoto (al posto dell’ossigeno), carbonio, idrogeno, presenti in abbondanza negli oceani criogenici di Titano, e tanto stabili e flessibili quanto i liposomi terrestri. E al posto dell’acqua liquida fra i cinque e i quaranta gradi centigradi, il metano liquido a meno centosettanta, o giù di lì. Che fantastico scenario! Probabilmente quella vita, per noi così fredda e così aliena, si sarà evoluta, da qualche parte nell’Universo, verso l’intelligenza e con una tecnologia in grado di uscire dagli oceani di metano liquido per avventurarsi fra le stelle. Anche noi, che per quella crio-intelligenza siamo più roventi del fuoco, ci avventureremo fra le stelle e forse, un giorno, c‘incontreremo. A volte mi chiedo se, vicino all’orlo dei buchi neri, nelle turbolenze a cavallo dell’orizzonte degli eventi, non si possano manifestare aggregazioni complesse ed estremamente organizzate di materia e energia, tanto da assomigliare alla vita biologica. E mi chiedo se la stessa cosa non possa avvenire nel cuore delle stelle, a milioni di gradi e a pressioni iperboliche, dove gli atomi diventano plasma. Però ho qualche dubbio perché i processi della vita e dell’intelligenza sono più minuti, raffinati. Ricordano le stringhe dello spazio-tempo con il loro sterminato contenuto d’informazione che disegna la struttura della materia. Sono sicuro che la codifica binaria è il mattone fondamentale dell’informazione. A partire da quella codifica tutto si può descrivere, disegnare, progettare. Se potessimo scannerizzare l’intero universo (o multiverso) la sua descrizione analitica sarebbe fatta di zero e uno in sequenza. Sarebbe una descrizione così precisa che è naturale chiedersi se non sia, essa stessa, la sua copia identica. Che strana cosa la mente umana! E’ più facile pensare ad un file immenso che contenga in sequenza tutte le dimensioni dello spazio-tempo che non allo spazio-tempo. Ma dove potrebbe essere memorizzato questo file se non nello spazio-tempo che così sarebbe strutturato come il nostro multiverso? La componente autoreferenziale di questa domanda la dice lunga su come funziona la nostra mente! Ma torniamo con i piedi per terra (si fa per dire) e concentriamoci sulla vita e sull’intelligenza. Il sottomarino in esplorazione nei mari di Titano sarebbe un robot. D’altra parte, anche se fosse possibile, che cosa ci farebbe un equipaggio umano in un oceano di metano liquido a meno 170°C?
Mapping of Human Cerebral Cortex, Published in PLoS Biology, Vol.6, No. 7
Se però la sotto si scoprisse la vita, a conferma delle teorie dei tre ricercatori americani, che salto nella cultura umana! Che cambio di prospettiva! Sarebbe naturale pensare che la nostra intelligenza possa evolvere così: raggiunta la maturità, invece spegnersi con la morte del nostro cervello biologico, potrebbe migrare in una rete neuronale di silicio, di grafene (o altro). Il suo ambiente ideale sarebbe il vuoto cosmico. Li potrebbe convivere con alte intelligenze maturate in oceani criogenici di metano liquido, oppure vicino a buchi neri, o nel plasma del cuore delle stelle. Drammaticamente diverse nella loro struttura fisica di origine, queste intelligenze ospitate in un ambiente artificiale, si orienterebbero verso le zone meno calde dell’universo. Verso luoghi dove la minima energia sufficiente per alimentarle non scatenerebbe turbolenze pericolose per la loro eternità. 150309 Daniele Leoni
Pubblicato anche da l'Avanti! 

venerdì 23 gennaio 2015

Una donna al Quirinale.

Annamaria Cancellieri
Lo sapevo, due anni fa, che avrebbero riconfermato Giorgio Napolitano. L'avevo detto con parecchi mesi di anticipo, e anche scritto a Valerio Tura, il mio amico di Bologna, manager di talenti musicali, di vecchia fede comunista, sconfortato per la lacerazione del suo Partito Democratico. Poi, arrivati al dunque quel 18 Aprile 2013, animato da irriducibile pacifismo, mi sforzavo di trovare i lati positivi dei possibili eletti: Prodi , Amato, Rodotà, Marini, poi di nuovo Prodi. Ma con scarso entusiasmo. Si, ognuno di loro sarebbe potuto essere un bravo Presidente della Repubblica anche perché, in politca diversamente che in Natura, la funzione crea l'organo! Ma il momento era grave e il Paese aveva bisogno di un grande Presidente. Poi uscì la candidatura di Annamaria Cancellieri. Fui letteralmente folgorato da quel nome: una donna matura, con enorme esperienza professionale nelle istituzioni e con un buon senso più unico che raro. Mi apparve come una di quelle donne dell'alba dell'umanità che, in tempi di carestia, mettevano al lavoro i guerrieri a coltivare i campi e ad allevare il bestiame. Una donna che però non dimenticava la necessità dei turni di guardia con le armi, pronte all’uso, per difendere il villaggio in caso di attacco nemico. A Bologna è ben conosciuta Anna Maria Cancellieri per aver guidato la città come Commissario Prefettizio dopo la gestione tiepida del Sindaco Sergio Cofferati e la cacciata, voluta da una dirigenza di novelli Savonarola, del neo-eletto Sindaco Flavio Delbono.
L'ex Sindaco di Bologna Flavio Delbono
Un anno di commissariamento del Comune di Anna Maria Cancellieri e Bologna risorse, le rivalità e le guerre intestine si azzerarono, la città si è preparò, con calma, a nuove elezioni e il professor Delbono tornò a insegnare all’Università dove non è ancora peccato fare il filo a una sottana. Alla guida del Comune venne poi eletto Sindaco Virginio Merola, del Partito Democratico, attualmente in carica.
Anch'io, come tanti socialisti, vorrei una donna Presidente della Repubblica. La vedrei bene perché sono convinto che le donne siano diverse dagli uomini. Che abbiano qualità tipicamente femminili come gli uomini hanno qualità tipicamente maschili. L'uomo è cacciatore, guerriero, inventore, scopritore. La donna invece è madre, tessitrice, custode della casa e produttrice del cibo. Proprio per queste caratteristiche femminili le comunità più avanzate della nostra storia erano governate da donne. Non a caso i capi uomini partivano per la guerra oppure andavano alla scoperta di nuovo territori lasciando alle donne la cura delle città. Negli ultimi secoli i ruoli si sono mescolati e le donne hanno applicato le loro attitudini femminili in ambiti come la caccia, la guerra, l'invenzione e la scoperta. E' accaduto anche il contrario così che la moderna società tecnologica, d'impronta tipicamente femminile, risente costantemente dell'invenzione e dell'avventura che sono tipiche del maschio. Nel corso dei prossimi secoli probabilmente l'evoluzione culturale, più veloce di quella biologica, mescolerà definitivamente le caratteristiche maschili e quelle femminili in una sintesi creatrice che consentirà all'umanità di governare i processi dell'intelligenza artificiale (di matrice femminile) e della colonizzazione dello spazio (di matrice maschile). Di governarli e di dominarli. Ma tornando ad Annamaria Cancellieri Presidente della Repubblica, ho già detto di quando fu Commissario a Bologna. Aggiungo che, alla scadenza delle elezioni, furono molti a proporle la candidatura a Sindaco, da destra e da sinistra. Lei, da brava servitrice dello Stato, declinò l'invito e si ritirò in silenzio. Poi, qualche mese dopo, fu nominata Ministro dell'Interno nel Governo Monti. Fu un grande Ministro che si distinse nella lotta alla criminalità organizzata arrivando perfino a sciogliere, per infiltrazioni mafiose, il comune di Reggio Calabria. Ma Annamaria Cancellieri fu tutt'altro che uno sbirro: fu profondamente giusta, spesso inflessibile ma anche cauta ed eminentemente umana. La sua grande umanità le costò un violento attacco nel successivo incarico alla Giustizia del Governo Letta. Dedicava molto del suo tempo di Ministro a rispondere agli appelli dei cittadini colpiti dall'iniquità della nostra macchina giudiziaria per trovare dei rimedi ai singoli casi ma soprattutto per capire bene quale fosse la strada della riforma migliore.
Ilaria Cucchi disperata per la morte del fratello in carcere
Emblematica la testimonianza di Ilaria Chucchi: " ... se fosse stato ministro lei, ed avesse saputo delle condizioni di mio fratello oggi, forse, non esisterebbe il caso Cucchi. Stefano, forse, sarebbe con noi". Così capitò che Giulia Ligresti, amica di vecchia data di Annamaria Cancellieri, subì un provvedimento di custodia cautelare in carcere, in attesa di giudizio, su una vicenda amministrativa. L'amica era in condizioni di salute incompatibili col carcere e il Ministro sollecitò il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria a fare velocemente le verifiche del caso, verifiche che successivamente portarono agli arresti domiciliari. Il Ministro non lasciò l'amica al suo destino, come dettato da un aberrante concetto di opportunità, ma intervenne nei limiti della legge. Così stabilì il successivo dibattito e la rinnovata fiducia del Parlamento.
Ho risposto al sondaggio del PSI, presentato con una bella immagine di Anna Kuliscioff nel cielo del Quirinale, e ho votato per Annamaria Cancellieri. Sarei egualmente contento se la scelta cadesse su Emma Bonino però piacerebbe a me e scontenterebbe molti altri. Mi piacerebbe anche Roberta Pinotti ma è meglio che continui a fare il Ministro della Difesa (se, mentre un tempo si chiamava Ministero della Guerra, oggi è diventato Difesa, lo si deve all'influenza delle donne!).
Il Capitano Samantha Cristoforetti
So che di fronte a noi ci sono sfide immani: le minacce del califfato islamico, l'aleggiare sinistro del "contagio del male" che, secondo Primo Levi, è lungi dall'essere debellato. So che molti uomini, animati dalle migliori intenzioni, hanno agito da sprovveduti come il progressista Tony Blair che ha contribuito al disastro in Iraq per troppa fede filoamericana. Meglio Federica Mogherini non disattenta alle ragioni di Putin. Qualche volta, di notte, scorgo il puntino luminoso della Stazione Spaziale che si muove veloce fra le stelle. Penso al Capitano della nostra Aeronautica Militare Samantha Cristoforetti che lassù ha realizzato il sogno della sua vita facendo l'astronauta, giocando cioè al più globalizzato dei giochi di pace. 150123 Daniele Leoni

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