lunedì 25 maggio 2015

Mi permetta, professore ... (Replica a Ferdinando Boero)

L'uomo creatore secondo L'Economist.
La biologia è fra le scienze più affascinanti. E' affascinante perché lo studio dell'enorme varietà degli esseri viventi aiuta ad indagare noi stessi in una guerra impari, autoreferenziale, e quindi impossibile da vincersi sulla base del secondo teorema di incompletezza di Godel. Non potendo trovare le risposte fondamentali su di noi compiendo un autoesame, rivolgiamo il nostro sguardo verso l'esterno, innanzi tutto verso le altre forme di vita del nostro ecosistema. E per dare un senso a cio che è, inesorabilmente, fuori dalla nostra portata, l'umanità ha inventato i miti e le religioni. Dall'alba dell'uomo il percorso della conoscenza ha seguito due strade: quella analitica, utilitarista dei cacciatori e dei raccoglitori e quella sintetica, creativa degli agricoltori e dei fabbricanti. Le strade della conoscenza si incrociavano con quelle della società che via via si andava strutturando: per esempio quella del potere e quella del mercato. La strada del potere portava spesso alla guerra e a tempi oscuri mentre la strada del mercato conduceva quasi sempre alla prosperità ma prima o poi la sete di potere demoliva tutto con una nuova guerra. Ho voluto dipingere questo semplice quadretto per dare un'idea di come la società umana, nelle sue interazioni, si comporti come un'entità biologica. Sullo sfondo le grandi domande autoreferenziali senza possibilità di risposta: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Terraformare Marte secondo un'idea di Elon Musk, CEO di SpaceX
Che fare allora se apparteniamo a quella esigua minoranza che odia la guerra e che non si vuole rifugiare nel mito? Non ci resta che continuare a cercare all'infinito per soddisfare il nostro bisogno primario. Allora è naturale volgere lo sguardo verso le stelle che, nella nostra galassia, ce ne sono miliardi. E di galassie, nella parte di universo osservabile, ne possiamo contare miliardi. Miliardi di miliardi di possibilità. Venendo quindi alla "conta delle stelle" (come la chiama lei), i programmi di ricerca computerizzata degli oggetti celesti mettono in evidenza quelli che si discostano dalla norma: quelli che presentano anomalie. Nell'impossibilità di catalogarle tutte, scrutando le anomalie, si fa un po' di chiaro nella notte fonda dei segreti del cosmo. Questo metodo dovrebbe insegnare qualche cosa anche ai biologi dal momento che è impossibile catalogare tutte le specie. Ma rimanendo più vicino alla Terra, l'esplorazione robotizzata del Sistema Solare deve fare i conti, non solo con la necessità di miniaturizzare i componenti, ma anche con tempi di risposta della telemetria, a causa della velocità della luce, che possono essere di ore. Non è possibile telecomandare una sonda ma si debbono per forza inviare sequenze complesse di istruzioni condizionali che vengono eseguite in autonomia. Dopo qualche ora lo staff di controllo analizza il risultato, verifica gli errori ed elabora una nuova sequenza di comandi da inviare alla sonda. Parallelamente, per approssimazioni successive, vengono elaborate nuove versioni del software di gestione e trasmesse alla sonda spaziale per le prove sul campo. Questa attività è quanto di più complesso e sofisticato che l'uomo abbia mai provato: insegna la cautela e la prudenza perché una manovra sbagliata potrebbe danneggiare la sonda che costa cifre da capogiro. Insegna a non tagliare mai la possibilità di fare un passo indietro per recuperare la situazione. Impone una grande ridondanza perché componenti avariate possano essere sostituite in loco, lontano centinaia di milioni di chilometri. Queste attività provocano uno spettacolare sviluppo delle tecniche di intelligenza artificiale applicabili nell'industria e capaci di abbattere i costi di produzione di vari ordini di grandezza. Per non parlare dello sviluppo dei droni, il cui uso militare è il più appariscente ma il meno significativo. Si pensi a quello che potranno fare i droni in agricoltura, nelle attività pericolose in ambienti estremi, nel caso di catastrofi o per prevenire le catastrofi. Ma anche nelle attività quotidiane come la distribuzione delle merci. Anche nel settore della biologia marina per sondare fondali oceanici e studiare ambienti fino ad oggi irraggiungibili.
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Ma veniamo al più rilevante dei problemi che incombono sull'umanità e che, non risolto, porterebbe all'estinzione dell'uomo in tempi geologicamente molto brevi. Anche supponendo che fattori spontanei di riequilibrio demografico tendano a stabilizzare la popolazione del pianeta sotto i quindici miliardi (tendenza non così distante dalla realtà), si affacciano delle nuove insidie. Vorrei ricordare un economista americano abbastanza bistrattato. Ingiustamente bistrattato. Si tratta di Julian Simon, che sosteneva che l’aumento del consumo di risorse è addirittura positivo poiché stimola la ricerca di nuove risorse e di nuove soluzioni. E se tanti cervelli sono impegnati assieme dal bisogno pressante di trovare queste nuove risorse e soluzioni, esse saranno trovate più velocemente. Così la prospettiva è la diminuzione ulteriore dell’analfabetismo, della fame e l’aumento del benessere e delle aspettative di vita. Quindi è tutto risolto almeno in prospettiva? La mia opinione è che le telecomunicazioni e internet ci consentiranno di sfruttare al meglio l’”ultima risorsa”, quella che risiede dentro di noi, cioè la nostra intelligenza. Ma si fa strada un pericolo soprattutto in occidente, che, alla lunga, diventerà globale: l’invecchiamento della popolazione. E’ una minaccia subdola, piena di interrogativi e di nuove sfaccettature insidiose. Poi c'è la storia geologica della Terra fatta di catastrofi e di estinzioni. La nostra specie, l'Homo Sapiens Sapiens, ha cinquantamila anni. Il telegrafo ha 150 anni. I semiconduttori 50. Nel prossimo milione di anni può capitare di tutto! Senza tirare in ballo gli "spiriti cosmici", espressione poco scientifica ma che è nella percezione dei sei miliardi di uomini e di donne che credono in un Dio, c'è una spinta primordiale che ci porta verso le stelle. Io credo che questa spinta abbia a che fare con l'istinto, molto biologico, di sopravvivenza. Poi ognuno ha le sue convinzioni: io per esempio non credo in nessuna religione; sono orgogliosamente ateo, anche se ateo è una parola grossa. Cionondimeno percepisco un fondamento dietro ai miti del 90% dell'umanità. C'è chi guarda l'orizzonte, chi la profondità del mare. Io, travolto dal secondo teorema d'incompletezza, guardo un cielo stellato. 150525 Daniele Leoni

Articolo collegato a Il bruco e la farfalla su questo blog.

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