mercoledì 27 maggio 2015

Lettera a Debora Serracchiani del 2 Luglio 2009

Cara Debora, ho 56 anni, ho due figli ultratrentenni entrambi tecnici informatici, ho fondato e diretto per sedici anni una società di software che nel 2001 è stata acquistata da Banca Intesa (Charta srl). Sono appassionato di tecnologia e di comunicazione. Quando ero più giovane ho fatto diverse cose: fondato Legambiente nel 1980 (non fu Realacci e nemmeno Testa, ma Leoni); scritto per alcuni anni in giornali nazionali; lavorato per la Rai come regista; sbattuta la porta disgustato nell’85… Non sono mai stato comunista, anzi ho sempre avuto una certa simpatia prima per Craxi poi per Berlusconi. Ti garantisco che, nonostante un’attività prevalente di fornitore di enti pubblici, non ho mai pagato tangenti. Le tue argomentazioni sono stimolanti. Il tuo linguaggio è immediato, adatto ai nuovi media. Hai dimostrato di saper usare in modo eccezionale internet e tutte le possibilità che i social network offrono. Ho notato che, invece di prendere posizione su ciò che divide, hai preferito concentrarti sul metodo più adatto a regolare il dibattito fra diversi. Mi è parso di capire che anche tu sei convinta della validità del sistema bipolare (o bipartitico) stile americano. Mi piace anche la tua decisione di non contrapporti a Franceschini (modestia? riconoscenza?), facendo però capire che hai preso molto sul serio il tuo ruolo, che non è quello di grigio parlamentare europeo. Questo è un periodo di grandi cambiamenti! Non è retorica ricordare che l’elezione di Barack Obama è epocale. Come epocale è la crisi economica planetaria e la conseguente necessità di riconsiderare alcuni elementi di statalismo. Loretta Napoleoni si spinge perfino a valutare iniezioni di etica islamica nella macchina economica! Mi ricordo che, tanti anni fa, ero in confidenza con Gianni Baget Bozzo. Mi piaceva parlare con lui di anarchia e di futuro. Un giorno mi disse che, in una ipotetica società che avesse risolto il problema del quotidiano, uno stato etico comunista sarebbe stato ideale. Io non ero d’accordo perché la persona (e quindi la libertà) viene prima. Poi anche lui entrò nelle file di Berlusconi, non penso proprio per interesse. Ogni tanto mi infastidisce l’anticomunismo tombale di alcuni (cosa saremmo noi se Stalin si fosse alleato con Hitler invece di combattere a fianco degli americani?), come mi disturba l’odio verso Berlusconi che è stato eletto dalla maggioranza degli italiani (ci sarà pure una ragione?). Non so quanti siano i ragazzi e le ragazze con le tue doti. Una volta era una razza rara. Oggi, speriamo, è possibile che siano molti di più. Non vi guida una ideologia politica e nemmeno una fede religiosa ma la ricerca di sane regole di convivenza civile, convivenza fra diversi che accettano la reciproca diversità. Mi auguro che fra di voi scatti una reciproca simpatia, che diventiate tanti e forti. Come mi auguro che siano tanti, fra i più anziani come me, a farsi catturare da vostro fascino, a darvi dei consigli sapendo che potrete scegliere se seguirli o meno. Il merito di Franceschini è stato questo: ha intercettato l’onda di simpatia e ci ha messo la testa e cuore. Non ha scelto un allievo fedele sicuro di poterlo pilotare. Ha scelto Debora, che senz’altro non ha la vocazione del burattino. E’ un buon inizio per la costruzione di un sistema bipolare di stile americano. Un sistema di regole ineludibili che, da oltre 200 anni (13° e 14° emendamento), garantiscono contro involuzioni dispotiche o autoritarie. Quelle regole ci hanno salvato dal fascismo, dal nazismo; hanno innalzato un limite invalicabile alle velleità di espansione dei comunisti sovietici. Quelle stesse regole oggi danno spazio a un Presidente meticcio, figlio del popolo, che ha usato internet per dialogare con il mondo e per finanziare la sua campagna elettorale. Continuerò a seguirti, ogni tanto ti scriverò e ti farò domande scomode, a proposito di regole. La prima te l’ho già fatta su Facebook e la ripeto qui. Se nel 2013 vincerete le elezioni, qualora le gare per il ponte di Messina o per una centrale nucleare siano state fatte e i lavori assegnati, tu pensi si possa tornare indietro? 090702 Daniele Leoni

lunedì 25 maggio 2015

Mi permetta, professore ... (Replica a Ferdinando Boero)

L'uomo creatore secondo L'Economist.
La biologia è fra le scienze più affascinanti. E' affascinante perché lo studio dell'enorme varietà degli esseri viventi aiuta ad indagare noi stessi in una guerra impari, autoreferenziale, e quindi impossibile da vincersi sulla base del secondo teorema di incompletezza di Godel. Non potendo trovare le risposte fondamentali su di noi compiendo un autoesame, rivolgiamo il nostro sguardo verso l'esterno, innanzi tutto verso le altre forme di vita del nostro ecosistema. E per dare un senso a cio che è, inesorabilmente, fuori dalla nostra portata, l'umanità ha inventato i miti e le religioni. Dall'alba dell'uomo il percorso della conoscenza ha seguito due strade: quella analitica, utilitarista dei cacciatori e dei raccoglitori e quella sintetica, creativa degli agricoltori e dei fabbricanti. Le strade della conoscenza si incrociavano con quelle della società che via via si andava strutturando: per esempio quella del potere e quella del mercato. La strada del potere portava spesso alla guerra e a tempi oscuri mentre la strada del mercato conduceva quasi sempre alla prosperità ma prima o poi la sete di potere demoliva tutto con una nuova guerra. Ho voluto dipingere questo semplice quadretto per dare un'idea di come la società umana, nelle sue interazioni, si comporti come un'entità biologica. Sullo sfondo le grandi domande autoreferenziali senza possibilità di risposta: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Terraformare Marte secondo un'idea di Elon Musk, CEO di SpaceX
Che fare allora se apparteniamo a quella esigua minoranza che odia la guerra e che non si vuole rifugiare nel mito? Non ci resta che continuare a cercare all'infinito per soddisfare il nostro bisogno primario. Allora è naturale volgere lo sguardo verso le stelle che, nella nostra galassia, ce ne sono miliardi. E di galassie, nella parte di universo osservabile, ne possiamo contare miliardi. Miliardi di miliardi di possibilità. Venendo quindi alla "conta delle stelle" (come la chiama lei), i programmi di ricerca computerizzata degli oggetti celesti mettono in evidenza quelli che si discostano dalla norma: quelli che presentano anomalie. Nell'impossibilità di catalogarle tutte, scrutando le anomalie, si fa un po' di chiaro nella notte fonda dei segreti del cosmo. Questo metodo dovrebbe insegnare qualche cosa anche ai biologi dal momento che è impossibile catalogare tutte le specie. Ma rimanendo più vicino alla Terra, l'esplorazione robotizzata del Sistema Solare deve fare i conti, non solo con la necessità di miniaturizzare i componenti, ma anche con tempi di risposta della telemetria, a causa della velocità della luce, che possono essere di ore. Non è possibile telecomandare una sonda ma si debbono per forza inviare sequenze complesse di istruzioni condizionali che vengono eseguite in autonomia. Dopo qualche ora lo staff di controllo analizza il risultato, verifica gli errori ed elabora una nuova sequenza di comandi da inviare alla sonda. Parallelamente, per approssimazioni successive, vengono elaborate nuove versioni del software di gestione e trasmesse alla sonda spaziale per le prove sul campo. Questa attività è quanto di più complesso e sofisticato che l'uomo abbia mai provato: insegna la cautela e la prudenza perché una manovra sbagliata potrebbe danneggiare la sonda che costa cifre da capogiro. Insegna a non tagliare mai la possibilità di fare un passo indietro per recuperare la situazione. Impone una grande ridondanza perché componenti avariate possano essere sostituite in loco, lontano centinaia di milioni di chilometri. Queste attività provocano uno spettacolare sviluppo delle tecniche di intelligenza artificiale applicabili nell'industria e capaci di abbattere i costi di produzione di vari ordini di grandezza. Per non parlare dello sviluppo dei droni, il cui uso militare è il più appariscente ma il meno significativo. Si pensi a quello che potranno fare i droni in agricoltura, nelle attività pericolose in ambienti estremi, nel caso di catastrofi o per prevenire le catastrofi. Ma anche nelle attività quotidiane come la distribuzione delle merci. Anche nel settore della biologia marina per sondare fondali oceanici e studiare ambienti fino ad oggi irraggiungibili.
Papa Giovanni XXIII pronuncia il discorso della luna
Ma veniamo al più rilevante dei problemi che incombono sull'umanità e che, non risolto, porterebbe all'estinzione dell'uomo in tempi geologicamente molto brevi. Anche supponendo che fattori spontanei di riequilibrio demografico tendano a stabilizzare la popolazione del pianeta sotto i quindici miliardi (tendenza non così distante dalla realtà), si affacciano delle nuove insidie. Vorrei ricordare un economista americano abbastanza bistrattato. Ingiustamente bistrattato. Si tratta di Julian Simon, che sosteneva che l’aumento del consumo di risorse è addirittura positivo poiché stimola la ricerca di nuove risorse e di nuove soluzioni. E se tanti cervelli sono impegnati assieme dal bisogno pressante di trovare queste nuove risorse e soluzioni, esse saranno trovate più velocemente. Così la prospettiva è la diminuzione ulteriore dell’analfabetismo, della fame e l’aumento del benessere e delle aspettative di vita. Quindi è tutto risolto almeno in prospettiva? La mia opinione è che le telecomunicazioni e internet ci consentiranno di sfruttare al meglio l’”ultima risorsa”, quella che risiede dentro di noi, cioè la nostra intelligenza. Ma si fa strada un pericolo soprattutto in occidente, che, alla lunga, diventerà globale: l’invecchiamento della popolazione. E’ una minaccia subdola, piena di interrogativi e di nuove sfaccettature insidiose. Poi c'è la storia geologica della Terra fatta di catastrofi e di estinzioni. La nostra specie, l'Homo Sapiens Sapiens, ha cinquantamila anni. Il telegrafo ha 150 anni. I semiconduttori 50. Nel prossimo milione di anni può capitare di tutto! Senza tirare in ballo gli "spiriti cosmici", espressione poco scientifica ma che è nella percezione dei sei miliardi di uomini e di donne che credono in un Dio, c'è una spinta primordiale che ci porta verso le stelle. Io credo che questa spinta abbia a che fare con l'istinto, molto biologico, di sopravvivenza. Poi ognuno ha le sue convinzioni: io per esempio non credo in nessuna religione; sono orgogliosamente ateo, anche se ateo è una parola grossa. Cionondimeno percepisco un fondamento dietro ai miti del 90% dell'umanità. C'è chi guarda l'orizzonte, chi la profondità del mare. Io, travolto dal secondo teorema d'incompletezza, guardo un cielo stellato. 150525 Daniele Leoni

Articolo collegato a Il bruco e la farfalla su questo blog.

sabato 23 maggio 2015

Il bruco e la farfalla

Copertina di un libro di Ferdinando Boero
E' per me singolare un articolo, su La Stampa di oggi, pubblicato in prima pagina, firmato da Ferdinando Boero, naturalista e scienziato di valore. Il titolo dell'articolo è "Il grave errore di non studiare le specie viventi". Dopo una serie di considerazioni condivisibili sulla necessità di studiare meglio l'immenso patrimonio biologico del nostro pianeta anche per evitare danni sulla biodiversità ad opera della società industriale, Boero conclude così l'articolo: " ... Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono."
Io mi chiedo se sia perdonabile, per uno scienziato, immaginare l'umanità per sempre confinata dentro i limiti del nostro pianeta fino ad affermare che le stelle non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere. Suggerisco a Ferdinando Boero di riflettere sull'impatto che potrebbe avere la scoperta di una biologia extraterrestre sugli studi relativi alla nostra biologia. Oppure di chiedersi se lo sforzo tecnologico di creare condizioni adatte alla vita umana in una stazione spaziale grande come una metropoli o in un pianeta privo di vita come Marte non imponga conoscenze estese e profonde sulla nostra biodiversità. Ecco, allora, che la ricerca sulla biodiversità e sugli ecosistemi che ci sostengono si imporrebbe con tutta la sua rilevanza perché necessaria allo sviluppo di ecosistemi artificiali in grado di sfidare le profondità del cosmo. Ma non è forse sempre successo che terreni di ricerca specifici si sono sviluppati per supportare la necessità di grandi sforzi tecnologici? Per esempio durante le guerre? Negli ultimi 70 anni una coincidenza fortunata di eventi ha messo fine alle grandi guerre mondiali: ora l'avventura umana poterebbe svilupparsi proprio verso la conquista del cosmo preservando così in nostro pianeta da un'ulteriore antropizzazione che potrebbe investire gli oceani come ultimo spazio disponibile.
Ma vorrei approfittare di Ferdinando Boero per una riflessione sull'evoluzione dell'uomo e sulla natura. Secondo me il filo conduttore dell'evoluzione è l'intelligenza: sia essa animale, umana, artificiale o cosmica. La natura biologica, che ha fatto da incubatore, sulla Terra, all'homo sapiens e alla sua neonata civiltà tecnologica, contiene i semi di innumerevoli varianti evolutive che hanno, come sbocco, sempre l'intelligenza. L'intelligenza consiste in interazioni logiche complesse che, nell'uomo, hanno la forma delle interazioni elettrochimiche del nostro cervello. Interazioni analoghe, con gradi di efficienza senz'altro superiori, possono avvenire in circuiti elettronici adatti a prosperare nel vuoto e nel freddo del cosmo profondo. Varianti evolutive diverse da quella umana possono aver già sviluppato l'intelligenza in altre parti dell'universo o ne potranno sviluppare in futuro. Ci potrebbero essere, da qualche parte, insetti intelligenti oppure animali marini, oppure vegetali. Ci potrebbero essere forme biologiche intelligenti basate sugli azotosomi, adatte ad oceani di metano liquido a -170 gradi. Ma tutte queste varianti, incompatibili fra di loro, avranno un denominatore comune cioè l'evoluzione verso l'intelligenza elettronica, adatta al vuoto, al freddo e virtualmente eterna. Verso questa intelligenza elettronica del futuro sta velocemente evolvendo anche la nostra umanità realizzando così il sogno della vita eterna sotto forma di "spirito" che sopravvive, fino alla fine dei tempi, in neuroni al silicio, al grafene o chissà in quale altra struttura cristallina. Poco importerà se il bruco originario degli spiriti cosmici era insetto, vegetale, bipede umanoide o abitante di oceani di metano liquido. Gli spiriti cosmici si organizzeranno per convivere e interagire senza differenza di razza. Forse lo stanno già facendo aspettando che anche noi ci uniamo alla comitiva, quando saremo pronti. E se la natura che vince fosse questa, professore? 150523 Daniele Leoni

Segue l'articolo
Il grave errore di non studiare le specie viventi
La Stampa - 23 Maggio 2015 - Ferdinando Boero
Povera biodiversità: ieri era la giornata mondiale dedicata a lei. Ma non se ne è parlato moltissimo, neppure nella sua giornata! Figuriamoci le altre. Forse il motivo è che le notizie sulla biodiversità sono deprimenti e allarmistiche. A rischio una specie su cinque, si legge da qualche parte. In altri posti trovo che si estinguono tantissime specie, tutti i giorni. Ora vi svelo un segreto: non è vero. O meglio, se sentite queste affermazioni provate a chiedere: ah, dimmene cinque, marine, che si siano estinte negli ultimi 20 anni. Cinque. Non minacciate… dimmi quelle estinte. Vedrete che non ve le sapranno dire. E quindi tutto a posto? Ma no, significa solo che, anche se ne parliamo tantissimo, e sempre con toni catastrofici (le estinzioni di massa), non ne sappiamo gran che. Fino ad ora abbiamo descritto circa due milioni di specie. Tenetevi forte: si calcola che il pianeta ne ospiti otto milioni. Significa che ci sono sei milioni di specie (più o meno: è una stima) che ancora non abbiamo scoperto. E sapete perché non le stiamo scoprendo? Perché lo sforzo (in termini di finanziamento alla ricerca) per rispondere alla domanda «quante specie ci sono sul pianeta?» è minimo. La scienza di base per esplorare la biodiversità è la tassonomia: sta scomparendo dalla comunità scientifica. Da una parte ci sono dichiarazioni altisonanti che denunciano il disastro della biodiversità, dall’altra non spendiamo quasi niente non dico per salvarla, ma almeno per fare l’inventario. Il capitale naturale è fatto dalle specie che, assieme, costituiscono la biodiversità. Come si fa a gestire e salvaguardare ciò che non si conosce? Non si può. Appunto. E quindi, a causa di crassa ignoranza, stiamo dilapidando il capitale naturale. Ora, immaginate il nostro pianeta senza il resto delle specie viventi. Pensate che potremmo viverci? No, non potremmo. Ogni specie che se ne va è una piccola badilata in più nello scavo della nostra fossa. Non riusciremo a distruggere la biodiversità, distruggeremo solo quel tanto che basta per rendere impossibile la nostra sopravvivenza. Il resto andrà avanti. Non riusciamo a far estinguere i batteri patogeni, o gli scarafaggi. Di solito siamo bravissimi a distruggere quello che ci serve di più. Con gli insetticidi abbiamo distrutto (quasi) le popolazioni di insetti nocivi, ma abbiamo anche distrutto gli impollinatori. Il bello è che quelle carogne di insetti nocivi sviluppano resistenza (proprio come i batteri patogeni) mentre le api no. Così vinciamo qualche battaglia contro gli insetti nocivi, ma perdiamo la guerra e, nel frattempo, facciamo fuori gli insetti utili. Ogni mio intervento si conclude sempre nello stesso modo: non siamo preparati culturalmente per comprendere questi argomenti e, nella nostra ignoranza, ci lanciamo allegramente, in nome della crescita economica, verso la catastrofe. Quando si dice: beata ignoranza. Ma poi no, non è vero che non sappiamo. Volete il nome di una specie marina che si è estinta in Mediterraneo? Eccovi serviti: Tricyclusa singularis. Mai sentita, vero? E pensare che è l’unico rappresentante del genere Tricyclusa ed è anche l’unico rappresentante della famiglia Tricyclusidae. Estinta lei, si estinguono anche un genere e una famiglia. Non sappiamo quale sia stato il ruolo ecologico di Tricyclusa singularis, sappiamo a malapena che più di cento anni fa era rigogliosa nel golfo di Trieste, ma sono cento anni che non se ne trovano più, né lì né altrove. Forse il motivo è che c’è sempre meno gente che studia gli animali. Ma poi no, ancora qualcuno c’è. L’anno scorso, sempre nel golfo di Trieste, con alcuni colleghi, ho descritto una specie che non era mai stata vista prima, l’abbiamo battezzata Pelagia benovici. E’ una medusa e appartiene agli cnidari, lo stesso phylum a cui appartiene Tricyclusa singularis. Probabilmente è arrivata da noi come clandestina su qualche nave, nelle acque di zavorra, e ha trovato un ambiente favorevole. Non voglio scatenare guerre tra scienziati. Non sto chiedendo che si taglino i fondi alla ricerca. Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono.
Università del Salento, Cnr-Isamr. Wwf-Italia 

Il professor Ferdinando Boero ha subito risposto.
Caro Daniele, grazie, ti prego di mettere questo sul tuo sito.
Gli spiriti cosmici eh? Certo, se trovassimo altra vita, se ci fossero altri pianeti colonizzabili, se se se. La cosa importante è che queste cose per il momento non ci sono. Si tratta di ipotesi fantascientifiche. Non dico che sia impossibile, dico che sia altamente improbabile che queste mirabolanti scoperte avvengano in tempi stretti. Non ho scritto che bisogna togliere soldi a queste ricerche. Ho scritto che è poco saggio dedicare enormi risorse a queste imprese e non dedicare nulla allo studio della biodiversità su questo pianeta. La biodiversità la stiamo distruggendo ora. La biodiversità ci sostiene ora. Noi cerchiamo cose che non ci sono, con la assurda speranza che, distrutto questo pianeta, troveremo magiche soluzioni in altri sistemi solari. O in qualche luna di Giove o di Saturno. Alimentare queste speranze è semplicemente criminale. Significa dire: che ci importa di quel che facciamo a questo pianeta? Ne troveremo altri. E ci saranno grandi prospettive. Ecco, questo messaggio dimostra esattamente quel che stavo argomentando. E la cosa grave è che i politici ci credono. Hanno tolto una frase al mio articolo: questi finanziamenti spaziali giustificano in modo occulto le spese di ricerca per nuove armi. Gli spiriti cosmici. Come diceva Totò: ma mi faccia il piacere! E questa sarebbe scienza?
ciao Ferdinando Boero
Professor of Zoology Università del Salento / CoNISMa / CNR-ISMAR