martedì 14 giugno 2011

Il tabù del nucleare

Enrico Fermi
Il tabù più diffuso della nostra specie è quello dell’incesto. Ha un radicamento profondo nella tradizione e nella biologia umana. E’ un baluardo contro il decadimento e l’estinzione perché l’unione tra diversi rende improbabile la riproduzione di difetti ereditari mentre fratello e sorella possono generare un figlio menomato. I nostri nonni sapevano poco dei meccanismi genetici della riproduzione sessuata. Non avevano idea di come i gameti dei genitori si fondano nello zigote figlio. Nessuno aveva fatto loro l’esempio  del  colpo di pistola su due bersagli separati  e della estrema improbabilità che i due fori possano coincidere quando i bersagli verranno sovrapposti.  Invece se sparo un colpo di pistola su due bersagli allineati secondo la traiettoria del proiettile, i fori saranno coincidenti. Come fra fratello e sorella, madre e figlio, padre e figlia o nipote. Ma il tabù non ha bisogno di spiegazioni, è istintivo e basta. Così, da millenni, il sesso fra consanguinei è severamente vietato dalle regole morali e il castigo, per chi non ubbidirà alla regola, sarà un bambino deforme.
Fece indubbiamente una grande impressione a tutto il genere umano la bomba di Hiroshima. La città incenerita in un istante, gli abitanti evaporati e le loro ombre impresse nella pietra semifusa. Le malattie dei sopravvissuti trasmesse ai figli come se fossero stati i figli dell’incesto. Il popolo italiano ne fu particolarmente impressionato, forse perché aveva fatto parte dell’asse assieme a Germania e Giappone, forse perché un italiano, il Nobel per la fisica Enrico Fermi, partecipò alla progettazione della bomba. Fu lo stesso Enrico Fermi che domò il mostro atomico mettendogli le briglie con la fissione controllata nel reattore nucleare.  Così la scuola della fisica italiana, dall’Istituto di Via Panisperna a Los Alamos, produsse i suoi frutti lasciando solchi profondi nella storia dell’umanità. Altri italiani, prima di Enrico Fermi, affondarono l’aratro nella storia. Prima di lui, Guglielmo Marconi, con la Radio. E infine con il Radar, che consentì agli inglesi di sconfiggere Hitler!
Più della bomba deve aver fatto impressione, ad inglesi e americani, l’incredibile fucina di cervelli che era operativa nel nostro bel Paese. Questi italiani, musicisti e poeti, architetti e scultori ma anche ingegneri ed esploratori degli spazi sconfinati e della materia più intima, fino all’atomo. Un Paese pericoloso, l’Italia, capace di entusiasmarsi per una testa calda e grossolana come quella di Benito Mussolini, di scivolare in una guerra senza senso, a fianco di un pervertito come Adolf Hitler. Pronto a saltare, come se nulla fosse, nel carro del vincitore dimenticando le colpe gravi come la persecuzione degli ebrei e le leggi razziali! Pronti, come se nulla fosse, ad appendere in piazza, a testa in giù, il duce che avevano adorato, assieme alla sua donna (che orrore, nella patria del diritto, l’assassinio e lo scempio di Claretta, colpevole solo di aver amato il suo uomo …).
Questi italiani incredibili che, finita la guerra, nemmeno il tempo di leccarsi le ferite, fecero partire il missile della ricostruzione e dello sviluppo con chimica, siderurgia, elettronica, industria meccanica e delle armi. Enrico Mattei, disubbidiente, invece di mettere in liquidazione L’Agip come gli era stato ordinato, scavava pozzi di petrolio in giro per il mondo e faceva concorrenza alla sette sorelle. Felice Ippolito aveva costruito la filiera nucleare più avanzata, in grado di battere le multinazionali per competenza e per efficienza. Adriano Olivetti aveva messo all’angolo Big Blue (IBM) e, nella cantieristica, era partita la sfida delle autostrade: otto anni per la Milano-Roma , quattro corsie con gallerie e viadotti del tratto appenninico Bologna-Firenze! Negli anni 60 il mondo gridava Italia! Altro che Cina o Giappone! Quarta potenza industriale, meno di cinquanta milioni di persone, uno sputo di territorio in mezzo al mediterraneo, prevalentemente montuoso e sismico. Nessuna materia prima, tutta materia grigia!
In questo scenario prese forma una crociata anti-italiana. L’Unione Sovietica di Nikita Krusciov non poteva tollerare un mostro simile alla frontiera. A Dallas, nel novembre 1963, tirò le cuoia il presidente John Kennedy, vittima della stessa mano assassina che freddò il nostro Enrico Mattei, un anno prima. E gli stessi dollari, sporchi di sangue e di petrolio, assieme a parecchi rubli, finanziavano la persecuzione di Felice Ipplito, comunista, Presidente del CNEN. Finanziavano, i dollari e i rubli, l’azzeramento della fiorente industria nucleare italiana. Al Governo terminava l’era Fanfani e iniziava l’era Moro.
1964. il Presidente Segni inaugura l'Autostrada del Sole
Sono fermamente convinto che, in quegli anni, venne scientificamente progettato il tabù antinucleare, esattamente come un virus, capace di contagiare. Ci volle tempo, perché attecchisse, e parecchia disinformazione. Fu complice il declino, il successivo crollo dei regimi comunisti e la morte prematura di un grande leader: Palmiro Togliatti. I comunisti italiani, onesti e culturalmente progressisti, persero il loro capo e la loro autostima. Dopo Togliatti, a sinistra, si fece spazio il vuoto che, come ogni vuoto, tende ad essere riempito. E  fu riempito con l’opportunismo, la malafede e un sentimento anti-italiano.
Così, lentamente, quella sinistra che si era battuta per il progresso, con i lavoratori, contro gli sfruttatori e i parassiti, divenne lo scudo dei parassiti e dei fannulloni contro il progresso, contro l’innovazione. Il costruendo tabù antinucleare generò un fall-out anti-industriale, falsamente umanitario, perché foriero solo di miseria per la parte più debole della società. I ricchi, come dicevano i camorristi, se ne fottono se la falda viene inquinata: loro bevono acqua minerale!
Il leader politico Niky Vendola
Anni dopo, provò Bettino Craxi a raddrizzare il timone. Anche lui venne travolto.
Anche Berlusconi ci ha provato. Sta per essere travolto.
A scanso di equivoci, confermo la mia ammirazione per Palmiro Togliatti, che considero un grande padre della Patria!
Ma torniamo al tabù. Nel nono secolo dopo Cristo, i vichinghi colonizzarono la Groenlandia. Dopo poche centinaia di anni perirono e non ne rimase traccia, tranne i ruderi di una cattedrale. Jared Diamond , nel suo bellissimo saggio Collapse, racconta che fra i rifiuti della colonia vichinga non vennero trovate ossa di pesce. Era una cosa stranissima per un popolo che, tradizionalmente, si nutriva di pesce come alimento principale. E le coste groenlandesi erano eccezionalmente pescose!  Poi si capì che i vichinghi di Groenlandia avevano il tabù del pesce. 110614DanieleLeoni

Nessun commento:

Posta un commento