sabato 23 maggio 2015

Il bruco e la farfalla

Copertina di un libro di Ferdinando Boero
E' per me singolare un articolo, su La Stampa di oggi, pubblicato in prima pagina, firmato da Ferdinando Boero, naturalista e scienziato di valore. Il titolo dell'articolo è "Il grave errore di non studiare le specie viventi". Dopo una serie di considerazioni condivisibili sulla necessità di studiare meglio l'immenso patrimonio biologico del nostro pianeta anche per evitare danni sulla biodiversità ad opera della società industriale, Boero conclude così l'articolo: " ... Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono."
Io mi chiedo se sia perdonabile, per uno scienziato, immaginare l'umanità per sempre confinata dentro i limiti del nostro pianeta fino ad affermare che le stelle non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere. Suggerisco a Ferdinando Boero di riflettere sull'impatto che potrebbe avere la scoperta di una biologia extraterrestre sugli studi relativi alla nostra biologia. Oppure di chiedersi se lo sforzo tecnologico di creare condizioni adatte alla vita umana in una stazione spaziale grande come una metropoli o in un pianeta privo di vita come Marte non imponga conoscenze estese e profonde sulla nostra biodiversità. Ecco, allora, che la ricerca sulla biodiversità e sugli ecosistemi che ci sostengono si imporrebbe con tutta la sua rilevanza perché necessaria allo sviluppo di ecosistemi artificiali in grado di sfidare le profondità del cosmo. Ma non è forse sempre successo che terreni di ricerca specifici si sono sviluppati per supportare la necessità di grandi sforzi tecnologici? Per esempio durante le guerre? Negli ultimi 70 anni una coincidenza fortunata di eventi ha messo fine alle grandi guerre mondiali: ora l'avventura umana poterebbe svilupparsi proprio verso la conquista del cosmo preservando così in nostro pianeta da un'ulteriore antropizzazione che potrebbe investire gli oceani come ultimo spazio disponibile.
Ma vorrei approfittare di Ferdinando Boero per una riflessione sull'evoluzione dell'uomo e sulla natura. Secondo me il filo conduttore dell'evoluzione è l'intelligenza: sia essa animale, umana, artificiale o cosmica. La natura biologica, che ha fatto da incubatore, sulla Terra, all'homo sapiens e alla sua neonata civiltà tecnologica, contiene i semi di innumerevoli varianti evolutive che hanno, come sbocco, sempre l'intelligenza. L'intelligenza consiste in interazioni logiche complesse che, nell'uomo, hanno la forma delle interazioni elettrochimiche del nostro cervello. Interazioni analoghe, con gradi di efficienza senz'altro superiori, possono avvenire in circuiti elettronici adatti a prosperare nel vuoto e nel freddo del cosmo profondo. Varianti evolutive diverse da quella umana possono aver già sviluppato l'intelligenza in altre parti dell'universo o ne potranno sviluppare in futuro. Ci potrebbero essere, da qualche parte, insetti intelligenti oppure animali marini, oppure vegetali. Ci potrebbero essere forme biologiche intelligenti basate sugli azotosomi, adatte ad oceani di metano liquido a -170 gradi. Ma tutte queste varianti, incompatibili fra di loro, avranno un denominatore comune cioè l'evoluzione verso l'intelligenza elettronica, adatta al vuoto, al freddo e virtualmente eterna. Verso questa intelligenza elettronica del futuro sta velocemente evolvendo anche la nostra umanità realizzando così il sogno della vita eterna sotto forma di "spirito" che sopravvive, fino alla fine dei tempi, in neuroni al silicio, al grafene o chissà in quale altra struttura cristallina. Poco importerà se il bruco originario degli spiriti cosmici era insetto, vegetale, bipede umanoide o abitante di oceani di metano liquido. Gli spiriti cosmici si organizzeranno per convivere e interagire senza differenza di razza. Forse lo stanno già facendo aspettando che anche noi ci uniamo alla comitiva, quando saremo pronti. E se la natura che vince fosse questa, professore? 150523 Daniele Leoni

Segue l'articolo
Il grave errore di non studiare le specie viventi
La Stampa - 23 Maggio 2015 - Ferdinando Boero
Povera biodiversità: ieri era la giornata mondiale dedicata a lei. Ma non se ne è parlato moltissimo, neppure nella sua giornata! Figuriamoci le altre. Forse il motivo è che le notizie sulla biodiversità sono deprimenti e allarmistiche. A rischio una specie su cinque, si legge da qualche parte. In altri posti trovo che si estinguono tantissime specie, tutti i giorni. Ora vi svelo un segreto: non è vero. O meglio, se sentite queste affermazioni provate a chiedere: ah, dimmene cinque, marine, che si siano estinte negli ultimi 20 anni. Cinque. Non minacciate… dimmi quelle estinte. Vedrete che non ve le sapranno dire. E quindi tutto a posto? Ma no, significa solo che, anche se ne parliamo tantissimo, e sempre con toni catastrofici (le estinzioni di massa), non ne sappiamo gran che. Fino ad ora abbiamo descritto circa due milioni di specie. Tenetevi forte: si calcola che il pianeta ne ospiti otto milioni. Significa che ci sono sei milioni di specie (più o meno: è una stima) che ancora non abbiamo scoperto. E sapete perché non le stiamo scoprendo? Perché lo sforzo (in termini di finanziamento alla ricerca) per rispondere alla domanda «quante specie ci sono sul pianeta?» è minimo. La scienza di base per esplorare la biodiversità è la tassonomia: sta scomparendo dalla comunità scientifica. Da una parte ci sono dichiarazioni altisonanti che denunciano il disastro della biodiversità, dall’altra non spendiamo quasi niente non dico per salvarla, ma almeno per fare l’inventario. Il capitale naturale è fatto dalle specie che, assieme, costituiscono la biodiversità. Come si fa a gestire e salvaguardare ciò che non si conosce? Non si può. Appunto. E quindi, a causa di crassa ignoranza, stiamo dilapidando il capitale naturale. Ora, immaginate il nostro pianeta senza il resto delle specie viventi. Pensate che potremmo viverci? No, non potremmo. Ogni specie che se ne va è una piccola badilata in più nello scavo della nostra fossa. Non riusciremo a distruggere la biodiversità, distruggeremo solo quel tanto che basta per rendere impossibile la nostra sopravvivenza. Il resto andrà avanti. Non riusciamo a far estinguere i batteri patogeni, o gli scarafaggi. Di solito siamo bravissimi a distruggere quello che ci serve di più. Con gli insetticidi abbiamo distrutto (quasi) le popolazioni di insetti nocivi, ma abbiamo anche distrutto gli impollinatori. Il bello è che quelle carogne di insetti nocivi sviluppano resistenza (proprio come i batteri patogeni) mentre le api no. Così vinciamo qualche battaglia contro gli insetti nocivi, ma perdiamo la guerra e, nel frattempo, facciamo fuori gli insetti utili. Ogni mio intervento si conclude sempre nello stesso modo: non siamo preparati culturalmente per comprendere questi argomenti e, nella nostra ignoranza, ci lanciamo allegramente, in nome della crescita economica, verso la catastrofe. Quando si dice: beata ignoranza. Ma poi no, non è vero che non sappiamo. Volete il nome di una specie marina che si è estinta in Mediterraneo? Eccovi serviti: Tricyclusa singularis. Mai sentita, vero? E pensare che è l’unico rappresentante del genere Tricyclusa ed è anche l’unico rappresentante della famiglia Tricyclusidae. Estinta lei, si estinguono anche un genere e una famiglia. Non sappiamo quale sia stato il ruolo ecologico di Tricyclusa singularis, sappiamo a malapena che più di cento anni fa era rigogliosa nel golfo di Trieste, ma sono cento anni che non se ne trovano più, né lì né altrove. Forse il motivo è che c’è sempre meno gente che studia gli animali. Ma poi no, ancora qualcuno c’è. L’anno scorso, sempre nel golfo di Trieste, con alcuni colleghi, ho descritto una specie che non era mai stata vista prima, l’abbiamo battezzata Pelagia benovici. E’ una medusa e appartiene agli cnidari, lo stesso phylum a cui appartiene Tricyclusa singularis. Probabilmente è arrivata da noi come clandestina su qualche nave, nelle acque di zavorra, e ha trovato un ambiente favorevole. Non voglio scatenare guerre tra scienziati. Non sto chiedendo che si taglino i fondi alla ricerca. Mi chiedo però: come mai si trovano i soldi per contare le stelle, e si mandano razzi in aree remote dell’universo (con spese immani) e non ci sono i soldi per sapere quante specie ci sono sul pianeta? E anche per capire quali ruoli giocano nel far funzionare gli ecosistemi che ci sostengono? Se fossimo mediamente intelligenti, dedicheremmo altrettanti sforzi a studiare la biodiversità. E invece no. I soldi per costruire razzi per esplorare il cosmo ci sono, quelli per studiare la diversità della vita no. Il bello è che quelle stelle non sono affatto influenzate dai nostri impatti e non hanno alcuna influenza sulle nostre possibilità di benessere, mentre la biodiversità è in corso di distruzione da parte nostra ed è essenziale per il nostro benessere. Nessuno nega l’importanza della biodiversità. Eppure questi comportamenti schizofrenici persistono.
Università del Salento, Cnr-Isamr. Wwf-Italia 

Il professor Ferdinando Boero ha subito risposto.
Caro Daniele, grazie, ti prego di mettere questo sul tuo sito.
Gli spiriti cosmici eh? Certo, se trovassimo altra vita, se ci fossero altri pianeti colonizzabili, se se se. La cosa importante è che queste cose per il momento non ci sono. Si tratta di ipotesi fantascientifiche. Non dico che sia impossibile, dico che sia altamente improbabile che queste mirabolanti scoperte avvengano in tempi stretti. Non ho scritto che bisogna togliere soldi a queste ricerche. Ho scritto che è poco saggio dedicare enormi risorse a queste imprese e non dedicare nulla allo studio della biodiversità su questo pianeta. La biodiversità la stiamo distruggendo ora. La biodiversità ci sostiene ora. Noi cerchiamo cose che non ci sono, con la assurda speranza che, distrutto questo pianeta, troveremo magiche soluzioni in altri sistemi solari. O in qualche luna di Giove o di Saturno. Alimentare queste speranze è semplicemente criminale. Significa dire: che ci importa di quel che facciamo a questo pianeta? Ne troveremo altri. E ci saranno grandi prospettive. Ecco, questo messaggio dimostra esattamente quel che stavo argomentando. E la cosa grave è che i politici ci credono. Hanno tolto una frase al mio articolo: questi finanziamenti spaziali giustificano in modo occulto le spese di ricerca per nuove armi. Gli spiriti cosmici. Come diceva Totò: ma mi faccia il piacere! E questa sarebbe scienza?
ciao Ferdinando Boero
Professor of Zoology Università del Salento / CoNISMa / CNR-ISMAR

1 commento:

  1. Mi piace questa parte della risposta di Leoni "Secondo me il filo conduttore dell'evoluzione è l'intelligenza: sia essa animale, umana, artificiale o cosmica. La natura biologica, che ha fatto da incubatore, sulla Terra, all'homo sapiens e alla sua neonata civiltà tecnologica, contiene i semi di innumerevoli varianti evolutive che hanno, come sbocco, sempre l'intelligenza. L'intelligenza consiste in interazioni logiche complesse che, nell'uomo, hanno la forma delle interazioni elettrochimiche del nostro cervello. Interazioni analoghe, con gradi di efficienza senz'altro superiori, possono avvenire in circuiti elettronici adatti a prosperare nel vuoto e nel freddo del cosmo profondo" E' quello che dico ai miei studenti di ecologia quando durante il corso di ecologia parlo un po' di evoluzione e prospetto una vita intelligente che potrebbe continuare in eterno basata su reti neurali artifficiali che per la loro complessità diventano capaci di emozioni e commozioni.. ...fantascienza ...ha ragione Boero, ma noi nel nostro piccolo siamo l'espressione dell'intelligenza del cosmo che già possiamo vedere come una grande rete di connessioni....da ragazzo ho scritto un racconto che non ho mai pubblicato, parlava di un ragazzo del 30000 dopo Cristo.. un ragazzo ovviamente della mia età di allora 15-16 anni, che aveva accettato una sfida di un grande vecchio saggio.. Questo gli avrebbe dato un robot con il quale riprodurre se stesso, ma senza la debolezza della commozione.. ...nessuno si era sentito di accettare la sfida. Contro il consiglio del padre .. il ragazzo iniziò l'opera rispondendo alle domande del robot.. tutto andò bene fino a quando il robot cominciò a chiedere di sua madre che lui non aveva mai conosciuta, ma di cui disponeva di innumerevoli immagini e video fatti dal padre..rispose con la commozione.. un giorno si trovò in un luogo bellissimo dove una ragazza che assomigliava a sua madre gli chiese qualcosa.. si accorse di essere il robot ... il racconto finiva con un grande urlo del robot.... Bello quello che dice Leoni ma la risposta di Boero è quella che ci serve per continuare a sperare.....

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