Marina Berlusconi presidente Fininvest e Mondadori. |
Mia madre adora Silvio Berlusconi. Mi dice sempre che aveva una bella voce quando veniva a cantare, l’estate, alla Casina del bosco di Rimini. Io non lo ricordo perché avevo solo otto anni ed ero preso da altre cose. Mi piaceva l’elettricità e avevo costruito un telegrafo con cui comunicavo col mio amico Giorgio della casa accanto. Poi avevo fatto una radio galena, che ascoltavo in cuffia. Mi ricordo invece che, l’estate, si dormiva tutti in una stanza sola e si usava il bagno piccolo perché, il resto della casa, era affittata all’Hotel Bamby per i turisti. E mia madre cuciva sempre, anche di notte, seduta sopra il tavolo della cucina, vicino alla lampadina, così ci vedeva meglio. La mattina dopo doveva consegnare i pantaloni e le altre riparazioni ad un negozio di abbigliamento. E il padrone, se sgarrava, aveva tante sartine in fila pronte a prendere il suo posto. La mia mamma, che si era cavata gli occhi con ago e filo, che si era rotta la schiena, quando, vent’anni dopo, Canale 5 fece discutere parecchio perché il grande impresario Silvio Berlusconi aveva sfidato il monopolio pubblico, diceva a tutti ammirata: - Che bravo ragazzo! Che bella voce! … -
Io invece, nel 1982, facevo qualche regia televisiva alla Rai. La mia specialità era il documentario scientifico ed ero bravo. Uno dei miei compagni di lavoro, precario come me, era Loris Mazzetti, oggi capo struttura di Rai tre, quello che ha fatto vieni via con me con Roberto Saviano. Anch’io provai ad andare a Canale 5 per propormi. Non ebbi fortuna perché il curatore delle rubriche scientifiche era Jas Gawronski, il cui stile era molto diverso dal mio. Il mio mito era David Frederick Attenborough della BBC e la mia impostazione era analoga a quella di Alberto Angela di oggi, che di Attenborough ha ereditato lo stile arricchendolo.
Alberto Angela, figlio d’arte, ha tutta la mia ammirazione. Però io, poco dopo, rinunciai alla televisione, alla Rai e rinunciai anche al documentario scientifico. Partii con la mia avventura di imprenditore in campo tecnologico creando servizi innovativi per i teatri. Rimasi quindi nel mondo dello spettacolo. Debbo dire che feci bene perché ottenni ottimi risultati. Silvio Berlusconi, che non ho mai incontrato personalmente, era l’apripista, per me come per migliaia di altri ragazzi dei primi anni 80. Era un imprenditore molto, molto bravo. Era un uomo da imitare.
Carlo De Benedetti. |
Da quel lontano 1982 ho seguito le vicende della Fininvest con attenzione. Se non altro perché, con un’azienda di cento persone, Canale 5, teneva testa alla Rai che aveva trentamila dipendenti. Silvio Berlusconi mi è sempre parso una persona capace e ambizioso. E Quando l’ambizione si sposa con la competenza, con l’intelligenza vivace e con la forza di carattere, allora possono compiersi dei miracoli. Come tanti grandi italiani hanno compiuto. In verità il mio stile di vita, il mio carattere e le mie priorità non sono state le stesse di Berlusconi. Lui è un fervente cattolico e io sono ateo. Lui, come tutti gli uomini di spettacolo, è molto sensibile alle apparenze, io invece bado molto alla sostanza e, qualche volta, anche alla forma. Io sono cresciuto con l’informatica, sono stato uno dei pionieri di internet, credo che la televisione e la stampa tradizionale siano in via di superamento. Lui invece è diffidente verso il popolo della rete. Io non ho mai dato una grande importanza al denaro. Lui invece l’ha sempre considerato il fattore principale della sua attività e questo ha salvato la vita alle sue aziende e, assieme alla loro, la vita del nostro Paese.
Quando, nel 1994, scese in campo per impedire che il Paese finisse in mano a mercenari prezzolati le cui teorie e convinzioni erano state sconfitte dalla storia, salvò la vita a tante imprese. E fece molto di più: riaprì la possibilità di costruire, nel tempo, un terreno di confronto fra una destra democratica e moderata e una sinistra, anch’essa democratica e moderata, come negli Stati Uniti d’America. Certo, come negli Stati Uniti, dove i disfattisti, i terroristi e gli antiamericani sono fuorilegge. In Italia, invece, dopo la morte dell’ultimo grande moderato, testa pensante di sinistra, Plamiro Togliatti, le teste vuote del partito comunista italiano, incapaci di iniziativa autonoma, si dovevano pur affidare a qualcuno. Si affidarono innanzi tutto all’Unione Sovietica di Breznev , che nel 1964, proprio nell’anno della morte di Togliatti, depose Nikita Khruscev. Furono sostenuti, i comunisti italiani orfani, da cospicui finanziamenti sovietici. Breznev però non finanziò solo il PCI. Finanziò anche la strategia della tensione, il terrorismo politico e, infine, le brigate rosse. Ecco perché, nella seconda metà degli anni sessanta, crollarono velocemente tutti gli indici del miracolo economico italiano, le fabbriche diventarono campi di battaglia e la strage di Piazza Fontana chiuse il decennio nel quale i nostro Paese perse tutte le sue opportunità. Nel decennio che seguì, quello che io chiamo il decennio grigio delle geometrie impossibili, a tener bordone a Moro e Berlinguer che inventavano le convergenze parallele, ecco che spunta Carlo De Benedetti. Carlo De Benedetti non ha fatto Milano 2, non ha creato Canale 5 ma ha comparato quote, sfruttato amicizie, occupato poltrone di presidente degli industriali, di amministratore delegato della Fiat, poi dell’Olivetti . Olivetti che, con la sua dabbenaggine, è riuscito a distruggere.
Locandina del film sul caso Calvi. |
Fu anche vice presidente del Banco Ambrosiano nel periodo della sinistra morte di Roberto Calvi, impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Quel De Benedetti che, con la complicità di Romano Prodi, tentò lo scippo della SME, il gioiello dell’Iri, scippo sventato da Bettino Craxi nel 1985. Due anni dopo tentò la scalata a Mondadori, contrastata da Silvio Berlusconi, che finì col ben noto “lodo” cioè la spartizione di Repubblica e l’Espresso che rimasero a De Benedetti e Panorama e Mondadori Libri a Berlusconi. Infine tangentopoli con lo strascico di veleni e di lutti, dove il nostro si dichiara colpevole di aver pagato tangenti, per dieci miliardi di lire, ma riceve un trattamento di favore: solo un giorno di arresti, poi libero e scagionato. Nel 1994 Silvio Berlusconi fonda Forza Italia, mostra la faccia, scende in campo, vince le elezioni. Intanto Mondadori prospera come editore, le cui uniche regole sono quelle del mercato, non il colore politico. Le televisioni Mediaset prosperano, anch’esse regolate solo dal mercato.
Adesso il tentativo di esproprio a Mondadori di ben 560 milioni di Euro sulla base di un teorema convalidato dalla corte d’appello di Milano. Parliamoci chiaro: la famiglia Berlusconi ha la disponibilità della somma e potrebbe evitare di resistere, certa che il gruppo Fininvest recupererebbe presto il maltolto agendo in armonia col mercato e che i suoi nemici sono destinati al fallimento come tutti i settari, faziosi, anti italiani, condannati dall’economia e dalla storia. Ma la Mondadori ha il dovere di resistere con ogni mezzo legale perché quei 560 milioni in mano al cittadino svizzero Carlo De Benedetti sarebbero usati contro di noi. Sarebbero usati per sostenere il nuovo terrorismo del black block fascisti e comunisti, che poi è la stessa cosa. Marina, resisti. Piegati come il giunco nella tormenta. Fallo per mia mamma, china sul cucito, piccola protagonista del miracolo economico della Rimini dei primi anni 60, che si accorse, allora, che tuo padre era un grande! 110711 Daniele Leoni
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