venerdì 30 novembre 2012

La forza del vento italiano. Adesso!

Matteo Renzi e Pierluigi Bersani
Una settimana interessante per la vita pubblica italiana. Una partecipazione di oltre tre milioni di elettori alle primarie democratiche, che è stata una competizione tutt’altro che rituale, tutt’altro che sovietica. Matteo Renzi ha sciacquato i panni del PD in Arno, eliminando l’ultimo residuo di centralismo democratico. Ha regalato al suo partito il certificato di Socialista Liberale. Ha fatto, Matteo Renzi, quello che non riuscì a fare Bettino Craxi, oltre trent’anni fa, nel Partito Socialista e quello che Palmiro Togliatti andava maturando, a Jalta nel 1964, prima di essere stroncato da un infarto. Togliatti e Craxi, un binomio che può apparire una bestemmia eppure così vero! In questo Novembre 2012 è giunto il tempo di sbarazzarsi dei luoghi comuni funzionali alle alchimie di chi ha voluto, a partire dagli anni 70, condannare l’Italia al declino. Allora si parlava di “equilibri più avanzati” di “convergenze parallele”. Allora prese corpo la complicità fra Enrico Berlinguer e Aldo Moro, che tutto volevano tranne un Paese saldamente legato all’occidente. Una complicità, credo inconsapevole, coi poteri forti del petrolio, che avevano manifestato, un decennio prima, la loro violenza con l’assassinio del Presidente John Kennedy e del nostro Enrico Mattei . Che poi lasciò un’eredità malefica dando spazio all’insipienza di chi pretese di appoggiare la nascita dell’Euro alla deindustrializzazione dell’Italia, secondo i voleri di Francia e Germania. Di chi, con mani pulite, fingendo di combattere la corruzione, demoliva sistematicamente quanto rimaneva del gioiello industriale creato da De Gasperi e Togliatti, poi sostenuto da Craxi. Quel gioiello industriale che avanzava, nel mondo degli anni 60, a ritmi cinesi e che fece diventare, il Bel Paese, la quarta potenza economica alla fine degli anni 80. Silvio Berlusconi, nel 94, scese in campo con l’intenzione di arginare il patto sciagurato per il declino dell’Italia. La storia giudicherà se c’è riuscito. Eppure la reattività italiana alla grande crisi economica e all’Euro traballante è stata decisiva. Il favore di Pierluigi Bersani verso il bipolarismo e la sua preoccupazione per il dissolvimento del centro-destra nella serata con Vespa a Porta a porta, la sua decisa predilezione per lo sviluppo industriale mi hanno ricordato la vecchia casa socialista e liberale, quella dell’equilibrio fra meriti e bisogni, quella di una politica nobile dove la competizione non è una guerra ma una gara. Ora Berlusconi deve passare la mano perché il suo ciclo è definitivamente chiuso, per logoramento fisiologico e per età. Credevo l’avesse capito quando decise di lasciare l guida del PdL ad Angelino Alfano. Anche se tentenna e non è convinto poco importa. Dobbiamo salvare la nostra industria, cominciando da Taranto, curando il male senza uccidere il paziente. Dobbiamo coltivare il vivaio delle nuove tecnologie digitali, della robotica, delle reti complesse, dell’intelligenza artificiale valorizzando il tanto che abbiamo. Dobbiamo valorizzare la cultura, quella scientifica, senza mai dimenticare che il futuro ha un cuore antico. E chi, se non gli italiani, possono farlo? C’è il vento di Matteo Renzi a gonfiare le vele per un nuovo balzo. E’ un vento analogo a quello del 94 che si chiamava Forza Italia. Ora soffia dentro il Partito Democratico e provocherà una salutare evoluzione della sinistra e della politica tutta, in senso europeista e occidentale ma con gli italiani determinati a ritornare protagonisti. 121130 Daniele Leoni

sabato 24 novembre 2012

Domani voterò per Matteo Renzi. Fatelo anche voi!

Per Matteo Renzi Premier
Cari amici,
domani andrò a votare alle primarie del PD. Ho fatto tutte le procedure di iscrizione e ho già il certificato elettorale. Vi confesso che l’appello agli elettori che ho sottoscritto per poter votare mi sta un po’ stretto ma, mettiamola così, in quell’appello non c’è niente che non possa essere condiviso. Fa difetto però il linguaggio, è patologicamente generico, non c’è nessuna idea nuova. Però, siccome doveva essere approvato da tutti i candidati, se fosse stato più preciso o ce ci fosse stata qualche trovata d’ingegno, non avrebbe avuto il consenso di tutti.
Voterò per Matteo Renzi non perché ne condivida tutte le idee. Anzi, molte delle sue dichiarazioni programmatiche sono lontane anni luce dalla mia visione del futuro. Ma non c’è nessuno, almeno in Italia, che sia consapevole delle dinamiche socio-economiche in grado di generare la prosperità e la felicità nel futuro prossimo, con un occhio al futuro lontano. Non voglio entrare nel merito di questi argomenti e rimando, chi fosse interessato, a leggerli nel mio blog.
C’è un unico argomento sufficiente a motivare la mia convinta preferenza per il Sindaco di Firenze: la sua scelta per un sistema analogo a quello degli Stati Uniti d’America con tutto quello che ne consegue. Quindi la drastica riduzione del numero degli eletti in Parlamento e in tutte le assemblee elettive. Quindi l’abolizione delle provincie e degli enti inutili. Quindi il rafforzamento dell’Esecutivo, con poteri estesi per il Premier, con una determinazione categorica della durata del mandato che possa essere confermato una sola volta, senza deroghe. Quindi un assetto del decentramento (Regioni e Comuni) senza sovrapposizione di competenze, con uno Stato centrale che abbia competenza esclusiva sulle materie di carattere strategico nazionale, eliminando la possibilità di veto degli enti decentrati. Quindi il riordino dei poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) per eliminare le inefficienze, i conflitti e le caste.
Essendo questo è l’argomento principe, allora si capisce il perché della rottamazione degli esponenti politici che pretendono che la politica sia un mestiere destinato a durare tutta la vita. L’attività politica è solo una fase nella vita del cittadino. L’attività politica deve avere carattere elettivo perché il nostro è un regime di democrazia rappresentativa. Siccome l’esercizio del potere politico tende a generare abitudine e a consolidare privilegi, occorre una sua interruzione per legge e l’obbligo, per il politico, di tornare alla sua attività privata. L’attività politica è entusiasmante però logora: allora occorrono meccanismi di ricambio continuo perché la politica venga continuamente alimentata da forze nuove.
Matteo Renzi è l’unico a sostenere con convinzione, chiarezza ed energia questo argomento che, a mio parere, viene prima di tutti gli altri. E’ l’unico nel Partito Democratico ed è l’unico, almeno per ora, fra le forze politiche rappresentate in Parlamento e fra quelle emergenti.
E’ l’unico per ora. Ma sono assolutamente convinto che, qualora vincesse le primarie, queste idee finirebbero per contagiare tutti gli schieramenti. Queste idee diventerebbero il fondamento di una profonda riforma dello Stato condivisa, evitandone il declino.
Queste idee genereranno nuova lena e una classe di politici in grado di aggregare la società civile su obiettivi di progresso economico e culturale. E di felicità.
Un sorriso.
121124 Daniele Leoni
www.leoni.net

giovedì 22 novembre 2012

Un bivacco di manipoli ...

Roberto Calderoli e Antonio Di Pietro. (Mauro Scrobogna / LaPresse)
Giorgio Napolitano ci rammenta che Mario Monti, essendo stato nominato senatore a vita, non è più candidabile alle elezioni perché la nostra è una democrazia parlamentare e le elezioni politiche eleggono il Parlamento. Certo che la nomina di un senatore a vita a Primo Ministro è stata una forzatura come una forzatura è stata la nomina a senatore a vita, se posta da Monti come condizione ad accettare l’incarico di Primo Ministro. Però la storia ci insegna che quando si verificano situazioni analoghe a quelle italiane, cioè una contrapposizione insanabile fra le aree politiche, i parlamentari eletti, i poteri dello stato, allora è tempo di dittatura. Benito Mussolini fu scelto dal Re, nel 1922, per arginare il disordine dell’età giolittiana. Il suo discorso di insediamento fu agghiacciante: “… Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto …” Il Re assentì e gli stessi Giolitti e Facta, predecessori di Mussolini, votarono a favore. Mario Monti non è Benito Mussolini e Giorgio Napolitano non è Re Vittorio Emanuele III. La possibilità che in Italia si creino le condizioni per una forte democrazia matura, occidentale, sono più che una speranza. Vogliamo una maggioranza e un’opposizione che si alternino alla guida del Paese secondo cicli naturali. Vogliamo una maggioranza e un’opposizione che sappiano condividere la riforma costituzionale: per snellire e razionalizzare le assemblee elettive; per dare adeguati poteri all’Esecutivo con limiti temporali categorici nel mandato; per eliminare le sovrapposizioni fra i poteri dello Stato. Se questo avverrà allora potremo perdonare Napolitano per la forzatura e scusare Monti per la condizione posta. Potremo anche perdonare gli squilibrati che hanno portato le istituzioni vicino al collasso, ripartire con nuova lena e tirare un sospiro di sollievo.121122 Daniele Leoni

martedì 20 novembre 2012

La bomba inglese di Boncellino

Gli artificieri del Genio Militare controllano la bomba inglese inesplosa
Aveva il vezzo, Stuvanèn, di mutilare, col coltello, i cadaveri delle vittime. Di giocare a palla con la testa oppure di esporla, infilata in un bastone, a monito dei traditori! Era il 1845, Stuvanèn aveva ventun’anni. Dopo un secolo, nell’inferno del 1945, a Boncellino, piovvero bombe. Alcune rimasero, inesplose, seppellite nella campagna. Quest’anno, 67 anni più tardi, Zini Aliero ne ha ritrovata una con l’aratro. I tedeschi in ritirata , gli inglesi impegnati con gli americani a liberare la Romagna, poi tutta l’Italia del nord. Le formazioni partigiane con le loro sortite e i ragazzi repubblichini, lealisti di Benito Mussolini, imprigionati nel folle abbraccio nazista, in guerra contro il mondo e contro la storia.
La locandina del Passatore dei Vini di Romagna
Tra l’estate 1944 e la primavera del 1945 quante storie di tragedia e di speranza, oppure di follia, nell’attimo in cui la storia fece un salto per chiudere il sipario sulla prima metà del 900. Dalla parte di Russi i mortai inglesi e, a Boncellino, i quelli tedeschi. In mezzo il fiume Lamone con i ricordi della chiatta del Passatore, il padre di Stefano Pelloni, che trasportava i viandanti dall’altra parte. Si perché il Passatore, quello “cortese”, era il padre del delinquente “Stuvanèn d'ê Pasadôr”, stupratore, brigante e assassino, che Pascoli, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, dipinse “re della strada e re della foresta”. Sull’argine del fiume, un gruppetto di evacuati davanti alla pattuglia dei carabinieri che sbarravano la strada a mezzo chilometro dal buco con la bomba d’aereo pronta per essere brillata. Sbarravano la strada sull’argine, proprio nel luogo esatto della casa del Passatore, nell’umida mattina del 18 novembre 2012. Un’altra pattuglia era sotto l’argine, sulla strada provinciale via Sottofiume. Un’altra sulla riva opposta, dalla parte di Russi. La nuova camionetta Land Rover Defender, emblema e vanto del Comandante dei Vigili Urbani di Bagnacavallo, con una superlativa dotazione di girofari segnaletici, stile americano, sul tetto, civettava ai curiosi tutt’attorno transitando, lenta, lungo il perimetro di interdizione al luogo delle operazioni di disinnesco e brillamento. Di tanto in tanto passava una jeep dell’esercito, un’ambulanza, una macchina della Polizia Provinciale, un camioncino dell’Enel, un altro dell’Italgas. Ad un certo punto, mi aspettavo anche l’elicottero della Polizia di Stato per scrutare dall’alto ma, evidentemente, non è stato ritenuto necessario. I residenti dell’area evacuata, cinquanta persone me compreso, sono stati disciplinati: hanno staccato la corrente elettrica, chiuso il gas e l’acqua, aperto le finestre per evitare che lo scoppio rompesse i vetri. Siamo usciti in ordine alle otto del mattino come prescritto dall’ordinanza del Sindaco. Io, con Blanco, il mio vecchio labrador, determinati ad approfittarne per una camminata lungo il fiume. Il Lamone ha un fascino particolare con i suoi argini, ben tenuti, che svettano sui campi e sui frutteti tutt’attorno. Una campagna ordinata dove il pesco, prevalente fino a pochi anni fa, comincia a lasciare il posto a colture estensive fatte di cereali oppure ad un altro tipo di frutteto. Nel campo della bomba i peschi hanno lasciato il posto agli albicocchi solo da un anno. Poi ci sono le vigne, quelle per fare il vino che porta il marchio del Passatore, che è diventato il simbolo dei vini di Romagna e il campanile della chiesa di Boncellino sul cui sagrato il Passatore ammazzò la prima volta, appena adolescente. Dall’altra parte del fiume, lato Russi, svetta la struttura dell’ex zuccherificio Eridania e dell’antico vilipeso Palazzo San Giacomo. Lo spiegamento di forze per il disinnesco di una vecchia bomba d’aereo da il segno di quanto sia cambiato il valore attribuito alla vita e all’incolumità delle persone negli ultimi decenni rispetto al passato più o meno recente. C’è però una cosa che lascia interdetti: l’assenza di memoria storica e la facilità con cui miti e credenze prendono il posto della verità.
L'eccidio nazi-fascista a Piazzale Loreto dell'agosto 1944
Così i fascisti, nell’immaginario collettivo, sono diventati la rappresentazione del male assoluto mente i partigiani, che hanno combattuto i fascisti prima della cacciata ad opera delle forze alleate, sono la rappresentazione dell’eroismo. Si è voluto rimuovere il lato oscuro della lotta partigiana, anch’essa fatta di crudeltà. Come si sono volute rimuovere le vendette ripugnanti del dopo. Per esempio l’eccidio, proprio qui vicino, dei conti Manzoni, avvenuto nel luglio 1945, è uno degli episodi emblematici della ferocia che riaffiora, in condizioni particolari, nell’uomo che ha sostituto la dignità della persona con l’impulso della massa. Le vittime di quell’eccidio furono cinque, quattro uccise a sangue freddo e una sepolta ancora viva. Fra le vittime c’era la domestica. I partigiani uccisero anche il cane. La serva e il cane! Poco prima, il 28 aprile, Benito Mussolini fu fucilato assieme a Claretta Petacci. I due furono appesi, a testa in giù, a Milano, a Piazzale Loreto, per ricordare un eccidio nazi-fascista del 1944. Ma ditemi voi, che cosa c’entrava Claretta? Poi, nel 1946, un grande uomo, il capo comunista Palmiro Togliatti ministro di Grazia e Giustizia, mise fine alla catena di violenze e di vendette con il sequestro delle armi alle formazioni partigiane e con l’amnistia per tutti, fascisti compresi. In quel momento si chiuse il sipario, in Italia, sul cinquantennio pazzo che infiammò due volte l’Europa, che trascinò nella guerra il resto del mondo. Fu un cinquantennio in cui, a fianco di violenze inimmaginabili, ai campi di sterminio nazisti e alle teorie della razza, prese vita il cinema, si svilupparono la radio e le telecomunicazioni. Il nostro pianeta incominciò a diventare un villaggio globale e quello che accadeva lontano poteva essere vissuto da vicino. Nel 1962 una nuova guerra mondiale fu sfiorata con la crisi di Cuba. Però prevalse il buon senso grazie al Presidente americano John Kennedy, al Presidente sovietico Nikita Kruscev e a Papa Giovanni XXIII. Tre uomini lontani mille miglia ma uniti dalla televisione e, assieme a loro, in tempo reale, l’intera umanità che trepidava e che faceva sentire il proprio umore! Un boato secco e una nuvola di fumo bianco ha interrotto i miei pensieri. La bomba inglese era esplosa per opera del Genio Militare, innocua, sotto un paio di metri di terra. Un brutto ricordo che ora non c’è più. Un auspicio perché al comando dei destini del mondo vengano scelti uomini di pace e che i guerrafondai vengano emarginati. Che i violenti siano messi al bando nella politica ma anche nella cultura popolare. Compreso il marchio dei vini di Romagna. 121120 Daniele Leoni

giovedì 15 novembre 2012

L'ordine è: “silenzio sui cinesi e sul ponte!”

Prima pagina del Quotidiano di Sicilia
Un patto fra regione e banche da dieci miliardi con centomila nuovi occupati. Dieci miliardi di euro per interventi sul territorio, per il riassetto idro-geologico e per gli immobili sottoposti a rischio sismico. E’ l’articolo che apre il Quotidiano di Sicilia, giornale regionale (economico, business, istituzioni, ambiente, no profit e consumo). “Sicurezza per rilanciare il lavoro” è il titolo a caratteri cubitali. E’ un’apertura che fa accapponare la pelle. Prelude a sperperi colossali fatti di finanziamenti a pioggia destinati ad opere progettate con incompetenza. Nella migliore delle ipotesi, mai realizzate. Perché, se dovessero essere messe in cantiere, allora alla progettazione finta si aggiungerebbe la follia della realizzazione con manodopera prevalentemente al soldo della mafia. Finti cantieri, finti lavori, sabbia al posto del calcestruzzo e rimedi mille volte peggiori del male. Saranno opere, come è spesso successo nel dopoguerra in Sicilia, iniziate e mai terminate. Perche terminarle non conviene. Si dovrebbero licenziare i lavoratori e si scoprirebbe subito la magagna. Meglio che il cantiere continui all’infinito!
Il comico Beppe Grillo, leader del primo partito siciliano.
E la Cina, disponibile a finanziare il ponte sullo stretto di Messina per portare l’alta velocità in Sicilia, la Cina non fa notizia? No, per carità! Non bisogna parlarne! I cinesi sono pericolosi perché vogliono ammodernare i porti e le ferrovie siciliane. E calabresi. Vogliono usare il ponte per il traffico merci dall’Africa verso l’Italia e l’Europa. Hanno detto, perfino, che sono disponibili ad occuparsi della ristrutturazione di tutto il sistema ferroviario a sud di Napoli. E non scherzano, i cinesi. Non scherzano perché hanno fatto l’investimento estero più consistente della storia dell’umanità proprio in Africa. Vogliono che lo sviluppo dell’Africa proceda di pari passo con lo sviluppo della Cina e hanno scelto la Sicilia come piattaforma commerciale verso il nord. Sono tanti i cinesi: quasi un quarto della popolazione mondiale. Sono troppi anche per la mafia la ‘ndrangheta che potrebbero essere sconfitte! Allora i lavori non potranno più essere una finzione, nemmeno quelli idro-geologici. 121115 Daniele Leoni

mercoledì 7 novembre 2012

La grande, bella forza della democrazia americana.

Il Presidente Barack Obama assieme alla sua famiglia
Se fossi stato negli Stati Uniti avrei votato Partito Democratico anche nelle precedenti tornate elettorali, quando, in Italia, non avevo dubbi sulla necessità di votare Silvio Berlusconi. Ho votato Berlusconi nonostante i suoi alleati neofascisti e la Lega xenofoba, secessionista, fautrice di un ridicolo federalismo. Ho votato perché puntavo sull’imprenditore moderno ed efficiente che si batteva per risollevare l’Italia dal declino. Anche se non ne ho mai condiviso l’anticomunismo viscerale, ingiusto verso un’idea che, sebbene sconfitta dalla storia, ha saputo morire senza trascinare il suo popolo nella tomba. Oppure ha saputo mettere in atto una trasformazione, come e accaduto in Cina, che ha condotto la nazione più popolosa del pianeta verso il passaggio più interessante della storia dell’umanità. Almeno di quella recente. Ho ascoltato il discorso di Barack Obama, questa mattina, a Chicago. Ho condiviso, con passione, la grandezza del momento. Avevo appena ricevuto, per email, la sua lettera personale di ringraziamento, trasmessa simultaneamente a decine di milioni di sostenitori, dove rimarcava che, prima di parlare in pubblico, voleva personalmente ringraziare ognuno di noi. Ho ascoltato anche la dichiarazione di Romney che riconosceva la vittoria del suo avversario e gli faceva le congratulazioni “nella certezza – ha detto – che sarebbe stato un buon Presidente di tutti gli americani”. Che grande, bello spettacolo di democrazia e di equilibrio. Di amor patrio, di autorevolezza e di forza. Che lezione per il mondo! E per noi italiani lacerati dalle delegittimazioni incrociate, dagli squilibrati e dai comici che giocano a fare i demagoghi raccogliendo consenso elettorale. Ecco allora che l’ultimo dubbio è svanito. Questa volta voterò Matteo Renzi anche se non sono d’accordo con lui su tante cose. Però, fra i politici italiani, è il più vicino alle idee e allo stile di Barack Obama e il linguaggio, il modello di democrazia che propone è di tipo americano. 121107 Daniele Leoni
Pubblicato anche in:
http://www.ilfoglio.it/hydepark/archivio/24577

martedì 6 novembre 2012

Un ponte italiano per unire l'Africa all'Europa

Un rendering del Ponte Mediterraneo
Domenica, ritornato a casa, ho trovato la notizia, sorprendente, della Cina disponibile ad accollarsi i costi per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Lo ha dichiarato Zamberletti , presidente della società Stretto di Messina.
Avevo fatto una passeggia sul molo di Marina di Ravenna. Ho visto da vicino la recinzione al porto turistico di Marinara: assurda, alta e fatta col tondino grosso con la base di calcestruzzo appena imbullonata all’asfalto della banchina. Anche uno studente geometra al primo anno poteva prevedere che una mareggiata un po’ forte l’avrebbe distesa completamente! Eppure abbiamo fior d’ingegneri in grado di capire al volo che la ringhiera di tondino di ferro, se non si fanno delle maglie molto larghe, si comporta come una vela. Mentre camminavo verso la punta del molo tediavo la Valda con le mie elucubrazioni sull’analfabetismo di ritorno dei tecnici perché non vengono messi alla prova con compiti arditi, sull’analfabetismo di ritorno dei giornalisti, tutti impegnati a raccontare dei politici nostrani, analfabeti da sempre.
Marina di Ravenna, Marinara. Ringhiera divelta dalla mareggiata
Per fortuna c’è Matteo Renzi che vuole fare un po’ di rinnovamento! Però, anche Renzi, è contrario al Ponte di Messina e non capisce che il ponte è una delle poche opportunità rimaste per mettere alla frusta imprese e ingegneri. E’ un’opera ardita che servirebbe, fra l’altro, a rompere la catena del malaffare finanziata con denaro pubblico in Sicilia e in Calabria. Gli ho perfino inviato una e-mail dove lo invitavo a riflettere sul fatto che siamo di fronte a una decisione presa dopo un dibattito di mezzo secolo ed è stato aggiudicato il lavoro. “Ora si vuole tornare indietro!” – ho proseguito. “Senza considerare le penali miliardarie che il Governo dovrebbe pagare in caso di rinuncia, vorrei che tu riflettessi su uno scenario: la maggioranza delle opere pubbliche in Calabria e in Sicilia sono truffe. Tutto denaro assorbito dalla mafia per false progettazioni, falsi cantieri e per pagare falsi lavoratori. Il ponte invece è sotto gli occhi del mondo intero. Non possono far finta di costruirlo, pena lo sputtanamento planetario. Col ponte la Sicilia e la Calabria verranno costrette a fare i conti con cantieri veri, un indotto vero e operai veri. E dovranno fare il lavoro a regola d'arte, altrimenti sarà un disastro. Però, una volta attivato il meccanismo, non si potrà più tornare indietro. Così avrà vinto lo Stato e ci avranno guadagnato tante imprese e lavoratori onesti. Imprese e lavoratori che saranno impegnati nella realizzazione della viabilità, delle nuove linee ferroviarie, nella gestione e nella manutenzione. Una grande opera come il ponte di Messina imporrà un nuovo metodo di lavoro, un nuovo stile di vita.” Mi ha risposto che la riflessione l’aveva molto colpito … però continua a sostenere, anche adesso che è in Sicilia, la solita tiritera: “Secondo me, il ponte non è una priorità. Bisogna investire per mettere a norma le scuole che significa il futuro dei giovani. Con le manutenzioni e le piccole, ma necessarie opere si può creare più occupazione che realizzando una sola grande infrastruttura. Il Sud può essere una grande occasione di sviluppo per l'Italia, non solo un problema. Ma bisogna sfatare alcuni tabù, come la spesa dei fondi UE. Siamo il Paese che li investe peggio. Bisogna attrarre investimenti nel settore del turismo, rivalutando le aree dismesse. Soprattutto, occorre meno burocrazia”.
Viadotto incompleto e abbandonato della Salerno - Reggio Calabria
Come se in Sicilia non fossero sempre stati stanziati fiumi di denaro regolarmente dissolti in mille rivoli senza produrre alcunché, salvo alimentare la mafia. Per quanto riguarda i fondi UE, quando avevo un impresa di successo nel campo informatico, nemmeno io sono mai riuscito a utilizzarli. Sapete perché? Se sottoponevo un progetto all’approvazione ero obbligato a non farne nulla fino a quando non fosse stato approvato, nemmeno se lo pagavo di tasca mia. Se l’avessi eseguito sarei stato automaticamente escluso dal finanziamento. Di norma l’approvazione della UE arrivava dopo due anni e, in campo informatico, dopo due anni il progetto è obsoleto. Risultato: i progetti che passavano erano, in gran parte, imbrogli.
Sull’onda di questi pensieri e discorsi sono arrivato in cima al molo, attento a non inciampare nelle buche lasciate al posto dell’asfalto divelto dalla mareggiata. Divelto però solo in quei punti dove non era stato posato bene. Divelto a tratti, come se il lavoro fosse stato eseguito da due squadre: una diretta da un capo in gamba e scrupoloso, un’altra diretta da un cialtrone!
Giovanni Alvaro protagonista della battaglia per il Ponte Mediterraneo
Al ritorno a casa ho trovato, vi dicevo, la notizia, sorprendente, della Cina disponibile ad accollarsi i costi per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Lo ha dichiarato Giuseppe Zamberletti che è un giovanotto di quasi 79 anni, varesotto, più volte parlamentare e ministro nei governi della prima repubblica, padre della Protezione Civile italiana. La laurea in ingegneria l’ha ricevuta honoris causa dall’Università di Udine per la difesa del suolo e la pianificazione territoriale. Ha il merito di essere stato il primo ad introdurre il concetto di previsione e prevenzione indipendente dall’attività di soccorso. Grande lavoratore, uomo integerrimo, terrore dei truffatori che inevitabilmente si insinuano nella ricostruzione a seguito delle calamità. Me lo ricordo bene Zamberletti, predecessore di Guido Bertolaso e simpatico come lui. Come Bertolaso traspirava efficienza da tutti i pori e trasmetteva sicurezza. Uno uomo che ricordava, da Ministro, i padri della Repubblica, gli artefici del boom economico del dopoguerra. Averlo messo a capo della società Stretto di Messina è stata un’ottima scelta. Assunto che la realizzazione del ponte è la miglior manovra antimafia possibile (secondo le mie modestissime teorie), il vecchio Giuseppe Zamberletti è il capo ideale dell’operazione. I cinesi, secondo quanto riferisce, interverrebbero finanziariamente con il fondo sovrano di del Governo di Pechino (CIC) e con la China Communication Costruction Company che è, fra l’altro, una delle maggiori società di costruzioni nel mondo. Trenta miliardi di euro di fatturato e un’esperienza di tutto rispetto nella realizzazione di ponti, strade e ferrovie. “We are building a connected world” è lo slogan in inglese della società, che significa “noi costruiamo un mondo unito”. E’ uno slogan che riecheggia di globalizzazione e che fa intravedere quali siano gli obiettivi cinesi. Il ponte sullo stretto di Messina, ribattezzato in un recente convegno a Reggio Calabria “Ponte Mediterraneo”, è l’infrastruttura indispensabile per portare l’alta velocità in Sicilia, finalizzata, in un’ottica di sviluppo industriale, al traffico merci oltre che ai passeggeri. La Sicilia, grazie al ponte e alla realizzazione di un adeguato sistema autostradale, ferroviario e portuale, sarebbe collegata in modo efficiente con l’Europa continentale. Diventerebbe, nei fatti, una piattaforma logistica, commerciale e industriale per collegare l’Africa all’Italia e all’Europa. Ebbene, siccome la Cina è impegnata con fortissimi investimenti in Africa per lo sviluppo economico e industriale di quel continente, il più ricco, in assoluto, di materie prime, è ovvio che pensi allo sbocco commerciale verso l’Europa. Di qui l’interesse, non solo per il ponte, ma anche per l’adeguamento di tutte le infrastrutture connesse, siano esse porti, ferrovie o autostrade. Sono disponibili, i cinesi, a intervenire anche in tutto il sud Italia per l’ammodernamento del sistema portuale, viario e ferroviario secondo uno schema di interessi e di convenienze economiche perfettamente ovvio. Corrado Passera, il “superministro” da due milioni di euro di stipendio (credo che sia uno dei più pagati nel mondo), dichiara di non aver mai incontrato i cinesi e di non saperne nulla. Si potrebbe, come minimo, vergognare!
Una talpa scava-tunnel  della CMC di Ravenna in Cina
Chi, secondo me, ha incontrato i cinesi, oltre a Zamberletti, al suo Direttore Giuseppe Fiammenghi e al cattedratico veneziano Enzo Siviero, è una società di Ravenna. E’ la Cooperativa Muratori e Cementisti CMC che in Cina ha ben otto grandi cantieri per la costruzione di opere irrigue e idrauliche, con tunnel per centinaia di chilometri e la costruzione di stabilimenti industriali. Ho detto “secondo me”. Significa che non ne ho le prove ma tutti gli indizi portano a questa conclusione. La CMC, fra l’altro, partecipa col 13% all’Associazione Temporanea di Imprese Eurolink che si aggiudicata la commessa del ponte sullo stretto. Svanita la possibilità si mettere le mani sulla penale per il rinvio di due anni, decretato dal Governo Monti, per approfondire i termini progettuali ed economici per la realizzazione dell’opera, l’opzione cinese è tornata appetibile, visto e considerato l’interesse cinese a tutte le infrastrutture viarie e ferroviarie del sud Italia. I cinesi potrebbero entrare in Eurolinlk e la CMC, che da anni è fornitore della Cina Popolare, potrebbe svolgere un ruolo primario.
Già oggi le gigantesche navi porta-container che attraversano Suez attraccano a Gioia Tauro di cui i cinesi possiedono il 30%. Battelli più piccoli e treni smistano il traffico verso i grandi mercati del Nord-Europa e verso il nord-Africa. Solo che far uscire le merci dal porto calabrese (soprattutto via terra) è operazione faticosa. “Così - dice il cattedratico veneziano Enzo Siviero - spesso i comandanti preferiscono tre giorni in più di viaggio per arrivare a Rotterdam”. Ecco un altro tassello del mosaico che svela gli interessi dei nemici del ponte, che sono anche i nemici dello sviluppo industriale italiano! Se il progetto dei cinesi, caldeggiato da Zamberletti, andasse in porto, il ruolo del porto di Rotterdam, che è il più grande in Europa verrebbe diminuito. E’ sempre lo stesso nodo che torna al pettine: un accordo, nel 1989, fra il presidente francese Mitterand e il cancelliere tedesco Kohl in cui Kohl, in cambio dell’appoggio di Mitterrand per la riunificazione tedesca, rinunciava al marco e quindi accettava la prospettiva dell’euro. Accettava cioè di arrivare a una moneta comune che proteggesse la Francia. Ma quell’accordo prevedeva anche la deindustrializzazione dell’Italia che minacciava i primati tedesco e francese alla guida dell’economia europea. Lo ha denunciato l’economista Nino Galloni, Direttore Generale dei ministeri del Lavoro e del Bilancio di quel periodo.
Io sono favorevole all’Europa e all’euro, ma non a spese della naturale vocazione italiana che è, si artistica e gastronomica, ma anche e soprattutto scientifica, industriale e commerciale. Voglio difenderlo questo nostro grande Paese. E se i cinesi per far rendere i loro investimenti in Africa hanno bisogno di passare per l’Italia, noi dobbiamo spalancare loro le porte purché paghino un piccolo pedaggio. Questa è la globalizzazione che non possiamo e non vogliamo fermare. E se un soldino, in tutto questo giro, cade anche a Ravenna grazie alla CMC, sono ancora più contento. E se, grazie alla partecipazione dei nostri tecnici alla realizzazione di opere ardite, domani si eviterà lo scempio visibile oggi nel molo di Marina di Ravenna dopo una piccola mareggiata, vorrà dire che abbiamo lavorato bene.
Non è vero Matteo Renzi? Ho letto che questa settimana tornerai a Messina. Potresti dire che ora le cose sono cambiate! Aspetto con trepidazione le tue dichiarazioni sul ponte e sulla partecipazione cinese al progetto. Ho già deciso di sostenerti e di votarti. Vorrei poterlo fare senza il minimo dubbio. 121105 Daniele Leoni

Leggi anche:
Giornale di Sicilia:
http://www.gds.it/gds/sezioni/editoriali/dettaglio/articolo/gdsid/220670/
Il Messaggero: :
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/ponte_stretto_messina_cinesi/notizie/229494.shtml
I cantieri in Cina della CMC di Ravenna: :
http://cmcgruppo.com/cmc/projects/?country=China&search=cerca