Tecnologia

Confindustria: corso "successori ed eredi"
pubblicato da Daniele Leoni mercoledì 24 marzo 2010

Lo spunto me lo da Loris Modena con il suo articolo sull'Olivetti e le sue occasioni mancate. Questa è la domanda che mi sono fatto:  - Carlo De Benedetti che interesse aveva, nel 1978, quando acquisì il controllo dell'Olivetti, a puntare sui sistemi dedicati di scrittura invece ce sul personal computer? - E ancora: - Perché il primo personal Olivetti, l'M20 del 1982, era così fuori standard da essere rifiutato dal mercato? - E infine: - Perché l'M24 del 1984 progettato per seguire i dettami del mercato (processore Intel e sistema operativo Microsoft), era incompatibile con le innumerevoli schede di espansione disponibili? - La risposta alle tre domande è semplice: scarsa considerazione dell'intelligenza dei clienti e arroganza; nessuna dietrologia o secondo fine.
A dir la verità la presunzione aleggiava in Olivetti ancor prima dell'avvento di De Benedetti. Infatti il rivoluzionario calcolatore portatile del 1975, l'Olivetti P6040, invece della classica tastiera alfanumerica QWERTY, quella che tutti conosciamo e che deriva dalle macchine per scrivere, montava una tastiera in ordine alfabetico e una tastiera numerica.
A tutti voi sarà capitato di usare un bancomat per funzioni speciali con una tastiera in ordine alfabetico. Si scrive con grande difficoltà perché siamo abituati alla QWERTY fin dalle scuole medie. La tastiera QWERTY è standard per tutte le lingue che usano l'alfabeto romano e i numeri arabi e fu brevettata nel 1864. In ogni modo, a parte la tastiera, l'Olivetti P6040 era rivoluzionario e arrivava sei anni prima del PC IBM. E poi stava in una valigetta 24 ore. Perché, allora, l'Olivetti integrò sistemi di scrittura dedicati invece del personal computer? Scarsa considerazione dell'intelligenza dei clienti e arroganza! La mentalità era che chi scriveva non doveva calcolare e chi calcolava non doveva scrivere. Era un convincimento arretrato sulla divisione del lavoro che spiega anche come mai, il calcolatore P6040, non avesse una tastiera QWERTY.
 E veniamo al personal M20. Mi ricordo che fui tentato di comprarlo. In quel periodo collaboravo con l'inserto scientifico del quotidiano Il Giorno, "L'età dellatecnica". Il mio amico e maestro Roberto Vacca scrisse un articolo nell'inserto intitolato "Ho comprato il personal e sono contento; non per moda: per comodità". Spiegava, Roberto Vacca, ingegnere e scrittore, come fosse conveniente avere uno strumento con cui scrivere, calcolare, disegnare e tenere perfino la contabilità! Si capiva che aveva comprato un M20. Era il 15 marzo 1983, il giorno del mio compleanno: trent'anni. Decisi di farmi un regalo. Il concessionario Olivetti, che aveva l'M20 esposto in vetrina, fece di tutto per convincermi a comprare un sistema di scrittura invece del personal. Infastidito rinunciai e, pochi giorni dopo scelsi un PC IBM ... 
Presi quella decisione, un po' per la compatibilità del sistema operativo DOS, ma anche perla tastiera e il video separati dal corpo macchina. IBM proponeva un sistema che, visivamente, era assemblabile ed espandibile mentre Olivetti aveva inglobato tutto in un unico oggetto molto rigido e scomodo. Feci bene perché, di li a poco, l' M20 venne abbandonato per l'IBM compatibile Olivetti M24. Era perfetto, l'M24. Aveva a bordo il processore Intel 8086 che era più veloce dell'8088 dell'IBM. Però non dava la possibilità di montare schede di espansione che non fossero Olivetti. Il libero mercato degli accessori, che intanto si era sviluppato, risolse presto quel problema inventando il bus converter, che rendeva compatibile anche l'Olivetti M24 con l'universo delle espansioni e delle periferiche.
Poi, con rapidità, prese piede il mercato dei compatibili. Assemblare un Personal computer era la cosa più semplice del mondo e il prezzo dei componenti precipitava verso il basso. Le evoluzioni successive, con processori sempre più veloci e memoria sempre maggiore, me le costruii andando a scegliere la scheda madre, le CPU, il cabinet, l'alimentatore e le periferiche. Il software si poteva copiare anche da un amico e, pochi anni più tardi, si sarebbe potuto trovare in rete! Quello dell'informatica diventava, ogni anno di più, un settore poco adatto ai vecchi caproni dell'Olivetti.
Peccato però. Dietro quel marchio c'è una storia così gloriosa. Una storia che finì il 27 febbraio 1960, con la morte di Adriano Olivetti che non aveva formato un successore. Emma Marcegaglia dovrebbe fare il corso per gli industriali troppo accentratori, in confindustria. Dovrebbe chiamarlo "Successori ed eredi". Dovrebbe essere un corso gratuito, finanziato dallo Stato. Il Paese ne trarrebbe un grande beneficio!
100324 Daniele Leoni

Le foto.  1) Adriano Olivetti in fabbrica a Ivrea. 2) Mentre sviluppa sempre nuovi modelli di macchine per scrivere elettroniche, l’Olivetti, all’inizio degli anni ’80, punta ai sistemi di scrittura. 3) Nel 1975 Olivetti alla fiera di Hannover presenta il P6040 un personal computer basato su processore Intel 8080 in anticipo su IBM. 4) Il personal computer Olivetti M20 del 1983. 5) Il personal computer Olivetti M24 del 1984 disassemblato.


Luna 1969: globalizzazione e forse anche di più.
Pubblicato da Daniele Leoni il 11 Gennaio 2011
Neil Armstrong
"Il primo evento della globalizzazione, fu lo sbarco sulla luna del 20 luglio 1969"  L'hanno detto a Radio 3, ieri mattina. Non sono riuscito a capire chi fosse perché ero in altre faccende affaccendato e orecchiavo la trasmissione in sottofondo. Ma è stato un lampo di luce e la mia mente ragazzina ha fatto un tuffo indietro di quarant'anni.
Avevo sedici anni, era domenica sera. Mio padre era più curioso di me. Quella sera non c'era bar, non c'era partita. Lo ricordo perfettamente, vicino a me, incollato alla televisione comprata da poco, con la  mamma che sfaccendava e diceva che sarebbe stata ora di andare a letto. Ma ridacchiava e, sotto sotto, tendeva l’orecchio e guardava il piccolo schermo con la coda dell’occhio. Il grande Tito Stagno a conduceva la diretta Rai in coppia con l'indimenticabile Ruggero Orlando, via satellite dagli Stati Uniti. La mattina dopo dovevamo andare a lavorare. Anch'io dovevo perché d'estate, finita la scuola, ero commesso all'Omnia Grandi Magazzini di Rimini, che lavorava a pieno regime per la stagione balneare. Andammo a letto che era già giorno. A dir la verità non mi addormentai perché il mio cuore volava assieme ai tecnici della NASA. Mi figuravo di essere uno di loro. - E forse chissà - pensavo - fra qualche anno sarà possibile anche per me fare un viaggio fino alla luna ...-
Anche a Rimini era iniziato il 68 studentesco. Fu un periodo di grande contestazione. Io ero di sinistra, però non ero comunista. Ondeggiavo fra l'anarchia e la socialdemocrazia. Odiavo la violenza e l'illegalità.  Mi ricordo una litigata furibonda con i compagni del circolo anarchico Camillo Bernieri perché avevano rubato le lampadine dell'albero di Natale del Comune.  Dovevano fare le luci psichedeliche per una festa. Io sostenevo che il Natale, albero del Comune compreso, faceva parte del sentimento popolare e del patrimonio collettivo che ogni buon anarchico doveva rispettare. Fui spernacchiato. Fui accusato di essere uno sporco borghese, infantile e controrivoluzionario. A dire la verità tutti quegli arruffa popolo con i loro discorsi pieni di "cioè" mi sembravano marziani. Ma ogni tanto avevo il dubbio che, forse, il marziano ero io. E fui così che mi avvicinai ai giovani del PSI, alla ricerca disperata di uno spazio coraggioso, fors'anche rivoluzionario, ma lontano anni luce dalla stupidità. Non fu una gran avventura quella dei socialisti. Mi ci attaccai come se  fossero stati la sola possibilità. I comunisti, pur avendo un nobile ideale, avevano una storia macchiata di sangue ed erano caratterialmente violenti e stupidi. I democristiani erano dei preti, "falsi come sepolcri imbiancati": l'aveva detto anche Gesù Cristo. I fascisti erano il male assoluto e l'estrema sinistra era peggiore dei fascisti.
Se ci fosse stato il partito degli astronauti, di coloro che puntavano allo spazio cosmico per risolvere i nostri problemi terreni, io mi sarei decisamente iscritto a quel partito. L'avrei fatto per tanti motivi, tutti razionali e tutt'altro che fantasiosi. Innanzi tutto per la sfida tecnologica portata all'estremo con ricadute eccezionali in ogni comparto dell'industria e quindi dell'economia. Poi per il carattere di gara, e non di conflitto fra le nazioni, che ha la conquista del cosmo. Infine per l'intrinseca necessità di unire gli sforzi fra le nazioni qualora l'impresa fosse proprio grandiosa come la colonizzazione di un nuovo modo. Mi sarei scritto al partito degli astronauti per due ragioni di fondo. Che dallo spazio la terra si vede come un piccolo e fragile pianeta dove le guerre fra i popoli manifestano, a colpo d'occhio, tutta la loro stupidità. Che l'homo sapiens, dicono gli antropologi, non appena alzò il capo, si mise a guardar le stelle.
Il razzo vettore Saturno 5
L'uomo guardava la natura con un'attenzione diversa da quella del predatore o della preda minacciata. La sua attenzione oltrepassava, pur essendo egli parte dell'ecosistema, i limiti della catena alimentare. Il suo sguardo, che cercava oltre l'orizzonte, incontrava inevitabilmente il cielo. Il suo cervello bambino fantasticava.  Desmond Morris sostiene che noi, la scimmia nuda, manteniamo le caratteristiche infantili del nostro cervello anche nell’età adulta. Da adulti continuiamo a giocare e a curiosare come bambini. Gli altri animali invece, una volta cresciuti, non giocano più con la stessa intensità dei loro cuccioli. Allora i nostri antenati, che volendo arrivare immediatamente alle conclusioni come bambini, inventavano delle favole. Così si spiegano la mitologia e le religioni ma anche la filosofia e la scienza, sfaccettature diverse di quella meraviglia che è la nostra mente. Così si spiegava lo sforzo collettivo immane che portò Neil Armstrong a lasciare la propria impronta sulla luna e a issare lì la bandiera a stelle e strisce. Così pensavo, e penso tutt’ora.
I compagni invece non erano d’accordo. Non solo i compagni, non era d’accordo nessuno a Rimini e in Italia. Lo stesso progetto Apollo della NASA era il risultato della volontà di quel grande uomo che fu il Presidente John Kennedy, che fu capace, fra l’altro, di evitare l’olocausto nucleare  (Cuba ottobre 1962). Nel 1963 Kennedy morì a Dallas vittima di un complotto. Ma ci sarebbero voluti anni per cancellare la grande sfida pacifica kennediana che aveva per obiettivo la conquista della luna. Non la affossarono sul nascere perché nessuno ne capì la portata. Chi poteva prevedere che se io, voi, i nostri figli oggi dialoghiamo in rete e se miliardi di cervelli umani sono interconnessi da internet, il merito sarebbe stato del progetto Apollo? La microelettronica e le nanotecnologie sono figlie del progetto Apollo. I satelliti, il software di telecomunicazione e i telefoni cellulari sono figli del progetto Apollo. Il progetto Genoma Umano è figlio del progetto Apollo. Gli scettici diranno che si sarebbe fatto lo stesso. Forse, ma non credo che tutto sarebbe avvenuto in così poco tempo.
Ora ci siamo, la società è globalizzata. Le telecomunicazioni e l’informatica sono a bassissimo costo. I trasporti sono ottimizzati e velocissimi. I focolai di guerra sono sotto controllo anche se non mancano le sbavature; però la pace è percepita come valore universale. Anche la crescita della popolazione mondiale è sotto controllo sebbene  non manchino le sbavature; però tutto fa pensare che si stabilizzi entro questo secolo. Vorrei ricordare un economista americano abbastanza bistrattato. Ingiustamente bistrattato. Si tratta di Julian Simon, che sosteneva che l’aumento del consumo di risorse è addirittura positivo poiché stimola la ricerca di nuove risorse e di nuove soluzioni.
Papa Giovanni XXIII
E se tanti cervelli sono impegnati assieme dal bisogno pressante di trovare queste nuove risorse e soluzioni, esse saranno trovate più velocemente. Così la prospettiva è la diminuzione ulteriore dell’analfabetismo, della fame e l’aumento del benessere e delle aspettative di vita.
Quindi è tutto risolto almeno in prospettiva? La mia opinione è che le telecomunicazioni e internet ci consentiranno di sfruttare al meglio l’”ultima risorsa”, quella che risiede dentro di noi, cioè la nostra intelligenza. Ma si fa strada un pericolo soprattutto in occidente, che, alla lunga, diventerà globale: l’invecchiamento della popolazione. E’ una minaccia subdola, piena di interrogativi e di nuove sfaccettature insidiose.  Ho la sensazione che, per fronteggiarla, dovremmo trarre ispirazione dalle parole di Papa Giovanni, contemporaneo e amico del Presidente Kennedy. Dal discorso della luna, pronunciato in Piazza San Pietro, l’11 ottobre 1962, all’apertura del  Concilio. 110112DanieleLeoni

Foto: 1) Neil Armstrong, il primo uomo a toccare il suolo lunare. 2) Il razzo vettore Saturno 5, quello delle missioni spaziali Apollo. 3) Papa Giovannii XXIII, raffigurato mentre pronuncia il famoso discorso della luna all'apertura del concilio.