giovedì 28 giugno 2012

Il problema tedesco, cent’anni in 2000 battute.


Il dominio della Germania in Europa nel 1942
Il trattato di Versailles del 1919 costringeva la delegazione di pace tedesca a pagare i danni e a sottoscrivere la seguente dichiarazione:  "la Germania riconosce che essa e i suoi alleati sono responsabili di aver causato tutti i danni subiti dai Governi Alleati e dai loro cittadini a seguito della guerra (1914-18), che a loro è stata imposta dall'aggressione tedesca". Seguirono quindici anni di travagliato percorso della Repubblica di Weimar attraversato, fra l’altro, dalla prima grande crisi economica planetaria del 1929. Infine, il 2 agosto 1934, Adolf Hitler venne proclamato Führer, dittatore della Germania. Immediatamente partì la poderosa macchina produttiva e militare nazista, pronta, dopo appena cinque anni, ad aggredire ancora l’Europa.  Il 1º settembre 1939 la Germania invase la Polonia, dopo essersi annessa l’Austria, provocando la dichiarazione di guerra del Regno  Unito e della Francia. L’invasione  proseguì  con Danimarca e Norvegia e nel maggio 1940 fu il turno della Francia passando per i Paesi Bassi. In settembre 1940 Hitler firmò il patto tripartito con Italia e Giappone.  Fu guerra aperta  con alterni  destini fino a quando i giapponesi non decisero di aggredire gli Stati Uniti a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941. Cosa successe dopo lo sappiamo tutti.
Una immagine tratta da "La vita è bella" di Benigni
Vorrei solo menzionare i piani di Himmler per la “soluzione finale della questione ebraica” del gennaio 1942, eseguiti con velocità ed efficienza tedesca, che macchiarono la Germania della morte atroce di quasi dieci milioni di civili, invalidi, vecchi, bambini.
A guerra terminata, l’Europa ridotta in macerie, 80 milioni di morti fra militari e civili, il castigo fu  lo smembramento della Germania e lo smantellamento delle industrie tedesche. Un castigo che finì di fatto nel 1990 con la caduta del muro di Berlino. Non sono passati ancora cent’anni dallo scoppio della prima guerra mondiale e nemmeno venticinque dall’abbattimento del muro. C’è qualcuno che pensa proprio sia possibile una terza volta? 120628 Daniele Leoni

mercoledì 27 giugno 2012

Rachel Carson, fondamentalismi e prove d’errore.


Zanzariera antimalaria impregnata di DDT
Anch’io lessi Primavera silenziosa di Rachel Carson negli anni 60. Ricordo che fu uno dei primi libri impegnati. Ricordo anche la mia obiezione alla tesi sostenuta nel libro, cioè che il DDT è un veleno terribile per tutto l’ecosistema: “Si però il DDT ha salvato milioni di persone da gravi malattie. Utilizzato in quantità industriali dall’esercito alleato, contribuì alla vittoria anglo americana sull’asse nazi-fascista." Un po’ come la bomba atomica, risolutiva ad Hiroshima, terribilmente spaventosa tanto da diventare, dopo, un deterrente contro la guerra. Il chimico svizzero Paul Hermann Muller, inventore del DDT,  nel 1948 fu premiato col Nobel . Per un quarto di secolo il miracoloso insetticida, avrà anche inquinato però ha debellato la malaria e il tifo, ha incrementato la produzione agricola a livelli prima impensabili.  Nel 1962 il libro denuncia di Rachel Carson fece riflettere tutto il mondo sul rovescio della medaglia del DDT tanto che, dieci anni dopo, cioè nel 1972, fu vietato negli Stai Uniti.  In seguito il tutto l’occidente.
Nel 1972 fu pubblicato il famoso rapporto del MIT I limiti dello sviluppo, commissionato dal Club di Roma. Lo schema di quell’analisi era ed è tutt’ora valido. Sulla base dei parametri del periodo,  si prevedeva il collasso del sistema mondiale  entro pochi decenni.  Però la capacità di adattamento  dell’ambiente ai nostri veleni e di correzione dei propri errori da parte dell’umanità hanno concorso a procrastinare la crisi. Pur in presenza di una drastica diminuzione della mortalità per merito del benessere, anche la curva di crescita della popolazione mondiale tende ad appiattirsi. In occidente le nascite si limitano a compensare i decessi e in alcuni paesi, come l’Italia, i nati sono inferiori ai morti nonostante la nostra straordinaria longevità.  I flussi migratori dai paesi emergenti verso l’occidente determinano un benefico svecchiamento culturale delle aree del mondo economicamente più evolute. Ma c’è di più: ogni immigrato, assieme alle rimesse di denaro, pratica quotidianamente al proprio paese d’origine benefiche iniezioni di stile occidentale, di cultura giuridica e di metodo scientifico. La grande diffusione dei telefoni cellulari e di Internet nei paesi emergenti fa parte del fenomeno e noi, come contropartita, riceviamo tanti giovani con voglia di vivere e di costruire.
Intanto, sul fronte degli insetti, in assenza del DDT la malaria è ritornata virulenta tanto che ottocento mila persone ogni anno perdono la vita. Il vaccino ancora non esiste e l’unica difesa è quella contro le zanzare che oggi vengono combattute con insetticidi meno radicali e più costosi. Il DDT è ricomparso ad opera della fondazione Bill Gates, che ha distribuito, in Africa e nel terzo mondo, milioni di reti antizanzare spruzzate con l’insetticida. Quelle zanzariere sembrano essere, a tutt’oggi, il rimedio più efficace. In agricoltura l’evoluzione dei pesticidi e della lotta guidata alle malattie delle piante ha determinato una situazione di faticoso equilibrio. La soluzione che però si profila, già adottata in larga misura laddove non ci si può permettere la perdita del raccolto, è quella di piante geneticamente modificate per  rafforzarne la resistenza ai parassiti.
Con gli OGM si è aperto un altro fronte che io non definirei ambientalista, in senso tradizionale. Il movimento contro le modifiche genetiche alle piante alimentari è motivato da una paura antica dell’ignoto connesso con le manipolazioni della vita.  Ritengo però che, dietro questo movimento si nascondano interessi economici pesanti da parte dell’industria alimentare e di quella dei pesticidi, che non vogliono vedersi modificare, in poco tempo, gli scenari all’interno dei quali operano. E poi, parliamoci chiaro: in campo enologico senza i lieviti geneticamente modificati non si riuscirebbe a fare il vino della qualità e col prezzo a cui siamo abituati. Eppure in enologia gli OGM sono passati indisturbati, in tutto il mondo, senza che nessuno osasse alzare un dito. Perché il vino si e gli altri alimenti no?
Campo fotovoltaico
Oggi, a cinquant’anni dalla pubblicazione di Primavera silenziosa di Rachel Carson e a quarantotto dalla sua morte, l’ambientalismo ha cambiato connotati. Si concentra contro la globalizzazione in un mondo che è sempre più globalizzato, con il risultato di promuovere solo dei disordini fini a se stessi; si concentra contro l’energia nucleare, contro il carbone e contro i termo-valorizzatori, con il risultato di favorire solo l’utilizzo degli idrocarburi; si concentra contro gli OGM, con il risultato di favorire l’industria dei pesticidi.
La situazione è tale che si potrebbe ritornare, con tutte le cautele necessarie, all’uso del DDT, come in effetti già ha fatto la fondazione Bill Gates. Non ci sono interessi economici contrari.
La verità è che per pilotare i moti popolari contro soluzioni industriali indesiderate occorre il fondamentalismo. Le prove d’errore, la gradualità e il metodo scientifico non vanno bene. Si fanno affermazioni assurde, come quella secondo la quale i pannelli fotovoltaici in campagna sarebbero ad impatto zero. Sarebbero, se non fosse per i diserbanti con cui viene periodicamente irrorata la campagna per evitare che gli impianti si trasformino in una giungla di arbusti e di erbacce. 120627 Daniele Leoni

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mercoledì 20 giugno 2012

Passera il menagramo

L'accensione di un lampione a gas per l'illuminazione pubblica
Ferrara.  La sera dell’11 luglio 1857, per la prima volta, la luce elettrica illuminò la Piazza della Pace durante i festeggiamenti per la visita di papa Pio IX. Non era la luce delle convenienti  lampadine a filamento, perché Thomas Edison le avrebbe inventate vent'anni più tardi. Era la luce potente delle lampade ad arco, purtroppo poco durature. Quella sera ci fu anche una scossa di terremoto. Sapete che cosa dissero i superstiziosi dell’epoca? Che il terremoto era stato provocato dalle nuove lampade perché non avevano gli stoppini ed erano senza fiamma. In quel tempo c’erano anche i nemici irriducibili del treno, che sostenevano che viaggiare a una velocità superiore a trenta chilometri orari avrebbe provocato terribili malattie. Non riuscirono però, i menagrami, a fermare il lavori della ferrovia Bologna Ferrara che fu inaugurata nel 1859, esattamente due anni dopo. Per l’illuminazione pubblica, a Ferrara, vennero invece scelti i lampioni a gas per ragioni di efficienza, anche sulla base delle esperienza di altre città. Dopo mezzo secolo però, ovunque, i lampioni a gas furono sostituiti con quelli elettrici con una progressione inarrestabile e con un’efficienza superiore di parecchi ordini di grandezza. Le vicende ferraresi alle soglie dell’unità d’Italia assomigliano alla querelle attuale sull’energia nucleare e sugli OGM, con la differenza che allora, almeno, riuscì a passare il treno.
Un rendering del ponte di Messina
Nell’Italia di oggi, invece, non passa proprio niente. La cappa di piombo dei menagrami incombe sulla nostra economia e sulla nostra cultura nonostante l’esempio giapponese dove quel popolo, povero di materie prime come noi, ha avuto il coraggio di riaccendere i reattori. Noi invece ci permettiamo anche di distruggere trent’anni di ricerca dell’Università della Tuscia e ci prepariamo a pagare una penale di un miliardo pur di non fare il ponte di Messina. Quel ponte, credetemi, lo costruiranno comunque i nostri nipoti che paragoneranno Corrado Passera ai menagrami di Ferrara. 120720 Daniele Leoni

martedì 19 giugno 2012

Un tuffo nella serenità


Ersilio Tonini sfoglia il suo nuovo libro
La lettura del libro Il gusto della vita, scritto dal quasi centenario cardinale Ersilio Tonini, è stato una bella esperienza. Vi ho ritrovato tutte le motivazioni che sono anche mie, per prima la grande umanità che eleva la persona  sopra ogni altra costruzione della società. Un primato che non è anarchico perché coglie sempre la necessità della organizzazione, sia essa nazione, Chiesa, diocesi, parrocchia o convento.  E poi la libertà, quella cosa grandiosa che ha senso solo se si è liberi dalla fame e dalla miseria. Libertà che non esiste senza cultura, per cui l’imperativo è sfamare il fratello ma anche insegnare, trasmettere il sapere. La fonte prima del sapere di Ersilio Tonini e stata la sua famiglia. E’ il padre, capo bifolco nelle campagne di Piacenza e la madre, dedita alle cure domestiche, innamorata del suo uomo e dei suoi figli. La serenità che trasuda dalle pagine del libro e dal percorso “professionale”  e intellettuale di Ersilio Tonini discende da quell’innamoramento, fatto proprio e solidamente ancorato ad una regola, “quella che salva il convento”.  Scelto come amico da tre papi (Montini, Wojtyla e Ratzinger), non si è mai tirato indietro percorrendo tutte le tappe e le sfaccettature del percorso ecclesiale, da direttore del seminario, a parroco e vescovo. Infine, pensionato nel  1990 per raggiunti limiti di età, ha imparato l’inglese e l’uso del computer e ha dedicato gli ultimi vent’anni della sua vita al giornalismo e alla televisione con una capacità unica di comunicare e di instaurare un rapporto coi suoi lettori e col suo pubblico. Un pubblico fatto anche di non credenti  come me, che grazie a persone come Ersilio Tonini, sono arrivate a nutrire un grande rispetto per il sentimento religioso, soprattutto per quello di ispirazione cristiana. Il libro si conclude alla ricerca della motivazione ultima che da senso alla vita, che è la conoscenza del mondo. “Dico sempre ai giovani: non lasciatevi giudicare in massa perché tu non sei massa, sei una persona,  sei  la ragione dell’universo” Una frase che segna con nettezza l’abisso che separa il cristianesimo da altre confessioni e ideologie, che considerano poco la persona umana.  E’ un cristianesimo moderno e globalizzato quello di Tonini, di un mondo che non si sente vicino alla catastrofe ma vuole crescere e conquistare nuovi spazi. Un mondo che protende verso l’infinito. 120619 Daniele Leoni

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giovedì 14 giugno 2012

Presidente, cosa state facendo all'Università della Tuscia?


C'è un commento, su Beppe Grillo, che ha scritto Paolo Fusi sulla scorta di un'indagine condotta da Michele Di Salvo.  Racconta come in nostro comico abbia messo in piedi una organizzazione potente per gestire il suo blog e tutti i suoi canali in rete, con centinaia di collaboratori e migliaia di false identità. Il tutto per gestire un tam tam mediatico che non c’entra niente con la libera espressione e con la democrazia. E’ un metodo che già adottano i colossi della pubblicità. E’ una organizzazione, però, destinata a crollare di fronte a esigenze di gestione, di un ente locale o di un partito politico. Funziona invece benissimo per la disinformazione. Ho la convinzione che Grillo sia solo l'ultimo atto e la punta di un iceberg. L'Italia è sotto attacco da parte di lobby economiche potentissime che puntano all'annientamento dell'Europa, rompendo  l’anello debole della catena. Il primo atto fu l'assassinio di Enrico Mattei nel 1962. Poi l'attacco giudiziario a Felice Ippolito nel 1963 a cui seguì il lento e costante smantellamento della scuola e della filiera nucleare italiana, allora prima nel mondo per installazioni e potenzialità. Non escluderei che l'ascesa di Carlo De Benedetti, responsabile dello sfascio dell'Olivetti, abbia la stessa matrice. E via di seguito, fino alla brigate rosse, a mani pulite con le torbide vicende che causarono i "suicidi" di Raul Gardini e Gabriele Cagliari. Fra alterne vicende arriviamo ad oggi per registrare un fatto, apparentemente poco importante: la distruzione di trent'anni di attività scientifica dell'Università della Tuscia, ad opera degli "esecutori" del Ministro dell'ambiente. Esecutori inconsapevoli? Solo ignoranti abissali? Forse. Ma, guarda caso, in Italia, da quarant’anni  riesce a passare solo ciò che distrugge le eccellenze nella ricerca e nell'imprenditoria pubblica e privata. Allora, diventa credibile che Monti stia proseguendo, al Governo, l'opera iniziata al sevizio di Moody's! Anche se stento a crederci. 120614 Daniele Leoni

Pubblicato anche:
http://www.ilfoglio.it/hydepark/archivio/22745 
Hyde Park Corner
 

domenica 10 giugno 2012

Ho scritto al Governo su farmaci e farmacie.


La mia lettera al Governo
Ho scritto di un piccolo incidente che mi ha mostrato come le nuove regole su farmaci e farmacie provochino inefficienza, sperpero di denaro e, forse, abbiano all'origine una "megacorruzione" 
Farmacie: evitiamo sprechi e disservizi. Ci guadagnano l'utente, i professionisti e lo Stato
Un paio di settimane fa, lavorando in campagna, mi schiacciai un dito. Niente paura: lo disinfettai e gli misi un bel cerotto. Dopo un paio di giorni, esattamente il venerdì sera, il dito, invece di guarire, iniziò a fare male e a gonfiarsi. Non c'era più tempo per il mio dottore allora raggiunsi la farmacia prima che chiudesse. Mostrai il dito alla farmacista e le chiesi un antibiotico (Augmentin in compresse). Me l'aveva ordinato una volta il medico del pronto soccorso a seguito del morso di un animale. Mi ricordo che il mio dentista, oltre dieci anni fa, in un periodo in cui avevo ricorrenti problemi ai denti, per fortuna risolti, mi telefonò di prendere quel farmaco alcuni giorni prima di sottopormi ad un intervento già programmato. Dieci anni fa andai dal farmacista che, conoscendomi, mi diede tranquillamente l'antibiotico.
Ma torniamo al dito e alla mia farmacista che mi conosce bene, che però, questa volta, senza ricetta, non mi poteva dare il farmaco anche se era evidente l'infezione. Sarei dovuto andare al pronto soccorso "perché - mi ha detto - da qualche mese le regole sono cambiate e noi abbiamo le mani legate. Se i vigili ci scoprono, ci fanno chiudere!"
"Senti - le ho risposto - la ricetta te la porto lunedì." Niente da fare.
Allora, lungo la strada verso l'ospedale, mi sono fermato da un medico, che era sulla porta dell'ambulatorio che stava chiudendo. Gli ho chiesto se mi poteva fare la cortesia, a pagamento, della ricetta per il mio antibiotico: Gentilissimo, è tornato indietro e mi ha fatto entrare. Mi ha chiesto chi fosse il mio medico di base,  gli ha telefonato. Poi mi ha fatto la ricetta, quella del SSN. Non ha voluto un soldo.
Tornato in farmacia, un attimo prima della chiusura, ho ritirato il farmaco pagandolo solo due euro invece dei 10 del prezzo pieno.

Ora che il mio dito è perfettamente guarito, cari amici del Governo Italiano, vi chiedo:
·         Perché avete tolto ai farmacisti, che non sono semplici bottegai ma professionisti laureati, la facoltà di vendere, a prezzo pieno, medicinali di uso corrente a fronte della constatazione oggettiva dell’urgenza?
·         Vi siete mai chiesti quanti piccoli grandi problemi hanno risolto le farmacie, grazie a quella discrezionalità che è sempre esistita? E quanto tempo, quanto denaro hanno fatto risparmiare  ai cittadini?
·         Siccome poi, alla fine, il mio farmaco l’ho ottenuto pagando solo il ticket, mentre avrei volentieri pagato il prezzo pieno, vi site mai chiesti quanti soldi in più paga il SSN per queste ricette, assolutamente obbligatorie? Senza contare il sovraffollamento del Pronto Soccorso per problemi che, da sempre, ha risolto il farmacista …
Poi c’è un’altra cosa. Siamo sicuri che dietro questa rigidità nella vendita dei farmaci non ci sia l’industria farmaceutica che, dovendo ora “controllare” solo i medici di base, è in grado di “orientare” meglio il consumo sulle “specialità” invece che sui farmaci equivalenti?
Giulio Andreotti diceva che “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!” 120610 Daniele Leoni

giovedì 7 giugno 2012

Termo-valorizzatori e memoria storica


Il termo-valorizzatore di Bologna
Questa mattina, a Prima Pagina, la rassegna stampa di Radio 3, un ascoltatore consigliava, a proposito di rifiuti e termo-valorizzatori, di seguire l'esempio di Svizzera, Francia, Germania e nord Europa. Lì tutto ciò che non è riciclabile passa all'incenerimento e, se l'impianto è ben condotto, dalle ciminiere esce solo vapor d'acqua e anidride carbonica. Tant'è che all'incenerimento passa oltre il 50% dei rifiuti e gli impianti in questione sorgono nelle vicinanze delle grandi città. Elisa Calessi di Libero, conduttrice di questa settimana, rispondeva dando ragione all'ascoltatore ma non andava oltre. Ebbene si dimenticava di dire che noi italiani siamo stati gli apripista della termo-valorizzazione dei rifiuti, con la storica esperienza del teleriscaldamento a Brescia. Poi in Lombardia e in Emilia Romagna. A Torino è in completamento in impianto all'avanguardia pronto a sostituire quello vecchio. In tutto il centro-nord si continua a seguire questa strada come fanno i nostri vicini svizzeri, francesi e tedeschi. Si dimenticava, Elisa Calessi, di recensire la notizia della relazione all'Antimafia di Anna Maria Tarantola, Vice Direttore di Banca d'Italia, che denunciava il fortissimo inquinamento della criminalità organizzata nei procedimenti di smaltimento dei rifiuti, soprattutto al sud. Ebbene, secondo voi, è più facile seppellire in discarica i rifiuti tossici oppure incenerirli in moderni impianti, con la certezza di mandare in allarme i sensori che rilevano le anomalie nel ciclo dei fumi? Nella risposta a questa domanda troviamo la spiegazione della virulenta opposizione ai termo-valorizzatori da parte di cittadini disinformati e strumentalizzati. Una disinformazione, messa in atto dalla criminalità organizzata, che purtroppo non è sufficientemente contrastata dai giornalisti. Non per malafede ma per insufficiente cultura tecnico-scientifica e per scarsa memoria storica. 120607 Daniele Leoni

Pubblicato anche in:
http://www.ilfoglio.it/hydepark/archivio/22630
Hyde Park Corner

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