venerdì 20 maggio 2011

Avventure di fine millennio (03)

Segue da "Avventure di fine millennio (02)"
Un usciere accolse me e Daniela nell’atrio della sovrintendenza. Lo spirito di Toscanini era diventato palpabile. Arturo Toscanini, un grande interprete ma soprattutto un grande organizzatore della musica. Talmente grande da offuscare l’immagine degli autori, se facevano le bizze. Era capace però di esaltare la composizione musicale perché diventasse un tutt’uno con l’orchestra ed esprimesse appieno la sua potenza e la sua armonia. Fu il primo a mettere sullo stesso piano l’orchestra, i cantanti, il coro, le scene, le luci … Anche la biglietteria – pensavo – fa parte dello spettacolo! Consente al teatro di approvvigionarsi di risorse ed è il punto di contatto col pubblico pagante. Io ero determinato a portare la biglietteria allo stesso livello del palcoscenico, perché gli spettatori sono il cuore pulsante del teatro.
Una postazione della biglietteria Leoni  (novembre 1990)
Carlo Maria Badini, il sovrintendente della Scala, non lo conoscevo personalmente. Avevo letto la sua storia, sapevo che era un politico, che era un amministratore socialista, ex sindacalista, antifascista come Toscanini. E come me. Che, via via, si era dedicato alla musica e al teatro fino a diventare sovrintendente del Comunale di Bologna. Riuscì ad amministrare quel gioiellino, il Comunale, con grande acume e parsimonia e a farlo diventare, in tredici anni, uno dei grandi teatri italiani. Poi fu la volta della Scala, anche qui da tredici anni, dove si è sempre distinto per la buona amministrazione. Anch’io, quando ero ventenne, feci il sindacalista alla CGIL. Fu un’esperienza breve. Capii presto che era riduttivo limitarsi a difendere gli operai ma bisognava creare il lavoro e la ricchezza, e lo potevo fare come imprenditore nel comparto tecnologico, che era sempre stata la mia passione. Chissà quali furono i passaggi che portarono Badini dalla CGIL alla musica, fino ad arrivare al vertice della Scala?
Si aprì la porta dell’ufficio del sovrintendete che mi venne incontro, mi strinse la mano, come se fossimo stati vecchi amici. Salutò Daniela e mi presentò alle due persone che erano con lui. Federico Rispoli, il segretario generale e Francesco Caggiani, il direttore amministrativo.
- Sappiamo della stupenda invenzione che lei ha fatto al Comunale di Bologna – mi disse con un grande sorriso, riferendosi alla mia biglietteria elettronica.
- Noi invece abbiamo parecchi problemi perché, chi ha messo in piedi il nostro sistema, non è stato bravo come lei! Le vorremmo chiedere una consulenza per aggiustare le cose. Lei se la sente di darci una mano?
Con il senno del poi, avrei fatto bene ad accettare. Avrei dovuto mettere mano al tentativo, non riuscito della Computer Sharing. Almeno provare a trovare un accordo con loro, con la più prestigiosa società di informatica di Milano. Provare a dettare le condizioni, forte dall’appoggio della Scala.
Ma non ci pensai nemmeno un attimo. Avevo aspettato tanto quel momento e la soddisfazione di installare la mia “invenzione” – come la chiamava Badini – al Teatro alla Scala sarebbe stata troppo grande.
Mi scusai e feci presente che il software di Bologna era il risultato di anni di lavoro. Che era un sistema originale complesso e armonioso come un’opera lirica. Avrebbero potuto i musicisti o i direttori d’orchestra della Scala rappezzare le stecche di un compositore maldestro?
- Lo immaginavo – rispose il sovrintendente. Guardò in faccia suoi due collaboratori e disse che, a quel punto, non restava che rescindere il contratto col precedente fornitore e ricominciare da capo, dandomi carta bianca. Si mise a discutere con loro di come liberare velocemente il foyer della Piccola Scala, da tempo in disuso, per destinarlo alla nuova sede della biglietteria. Quell’ampio locale in Via Filodrammatici, a mezza strada fra la sede di Mediobanca e gli uffici della Sovrintendenza, sarebbe stato il mio cantiere di lavoro. Non mi sarei dovuto limitare ai computer ma avrei ricevuto l’incarico di allestire i nuovi uffici col front-office attrezzato per l’accoglienza del pubblico e per la gestione delle file.   Avrei dovuto curare l’ergonomia dei posti operatore e i servizi di retro-sportello. Avrei dovuto prevedere dei punti informativi automatici sulla disponibilità dei posti. E anche punti di vendita dislocati lontano dal Teatro, in altre città, cominciando dal Donizetti di Bergamo dove mi avevano già chiesto un analogo sistema. E la vendita al pubblico sarebbe dovuta iniziare in ottobre, in tempo per la prima della stagione d’opera del 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio. Ovviamente avrei dovuto dare priorità alla vendita di biglietti e abbonamenti ma, se tutto fosse andato bene, avrei proseguito il lavoro per far diventare il sistema Scala, il botteghino più avanzato nel mondo!
Ascoltavo quei discorsi un po’ frastornato. Non potevo credere alle mie orecchie. Mi sembrava un sogno. Mi scossi quando Badini mi apostrofò dicendomi:
- Lei ha capito bene, Leoni, cosa vogliamo fare. Si ricordi che dovrà redigere delle offerte, che poi saranno discusse dal Consiglio d’Amministrazione. Però l’incarico gliel’ho già dato. Cerchi di fare presto e bene. Per quanto riguarda il suo compenso, mi raccomando, ci tratti … con riguardo, non ne approfitti. Adesso lei continui pure la discussione col dottor Caggiani, il nostro direttore amministrativo. –
Gli strinsi la mano e lo rassicurai che avrei fatto l’impossibile. Lui, da vecchio marpione, col sorriso beffardo di chi discute tutti i giorni con le celebrità, sapeva che non avrei sgarrato. Daniela prendeva nota, recitando bene la parte della brava segretaria tecnica. Anche per lei doveva essere una esperienza fuori dall’immaginabile. E’ proprio vero, pensai, che la CGIL è una grande scuola. Mi chiesi se anche lui, quando era un ragazzo, fosse andato, come me, a lezione alla scuola centrale di Ariccia. Dove ti insegnavano a trattare e ad entusiasmare. Ti dicevano che con le compagne di ufficio non dovevi fare l’amore. Infatti diedi proprio retta, perché Valda, che poi sposai, la conobbi in ufficio alla CGIL. Ma avevo la scusa che lei era stagionale e presto sarebbe andata altrove. Daniela invece sarebbe rimasta a lavorare con me per tanto tempo. Era una bella ragazza con qualità eccezionali e io ne avevo proprio bisogno, in azienda, se volevo fare la più bella biglietteria del mondo. Quindi, secondo le regole della CGIL, Daniela era assolutamente off-limits.
Spostai la mia attenzione su Francesco Caggiani, che mi sembrava di aver già incontrato, da qualche parte. Magro, brizzolato, con un mezzo toscano che ogni tanto provava ad accendere e che moriva dopo due tiri. Aveva una parlata cadenzata, come quella di un professore che ci tenga a sottolineare bene quello che dice e a farsi intendere. Poi mi venne in mente dove l’avevo visto. Era, molti anni prima, il ragioniere capo del comune di Ravenna. Non ebbi occasione di incontrarlo di persona, allora che ero poco più che adolescente. Però frequentavo gli ambienti della sinistra ravennate, quando Aristide Canosani era sindaco socialista. Sentivo ogni tanto parlare di Caggiani con timore reverenziale. Era il terrore degli assessori di manica larga, quelli che teorizzavano che l’indebitamento dei comuni era doppiamente benefico. Primo perché si potevano erogare più servizi. Secondo perché si metteva in difficoltà il governo centrale a guida democristiana. A Milano Caggiani aveva aiutato Badini a risanare il bilancio della Scala. Con la biglietteria elettronica anch’io gli avrei potuto dare una buona mano, sul versante delle entrate.
Ci incamminammo assieme verso il suo ufficio, che era distaccato rispetto all’edificio principale del teatro. Fu un incontro di raccomandazioni e di ragguagli informativi. Tanto per rompere gli indugi mi procurarono la pianta dei posti di platea, palchi e gallerie e i prezzi di biglietti e abbonamenti della stagione in corso. Mi diedero anche la mappatura dei posti d’obbligo riservati alle autorità. Parlammo di costi ma erano cifre piuttosto basse rispetto agli standard del periodo, tanto che Caggiani mi avvisò di non commettere l’errore imperdonabile di rivedere, al rialzo, i prezzi un volta formulata l’offerta. C’era l’incognita della struttura fisica della biglietteria. Già a Bologna avevo introdotto la novità del doppio video, quello grafico incassato orizzontalmente nel bancone. Alla Scala, dove le file in biglietteria erano la norma, proposi l’idea di un terzo video, inserito in una colonna,  in modo tale che il pubblico, in fila, potesse farsi un’idea dei posti liberi. Avevamo praticamente tre mesi di tempo per fare tutto. Poi, in settembre, ci sarebbe stato il montaggio e il collaudo fiscale. Ma i rapporti fra Scala e Siae erano ottimi e la Leoni si era ormai meritata la fama di una società molto rigorosa. Il terrore di quattro anni prima quando, a Lugo, impedirono il collaudo perché non volevano la stampa dei biglietti su modulo continuo, era ormai un lontano ricordo. Mi avviai verso casa nel primo pomeriggio, con la discussione che continuò, fa me e Daniela, lungo l’autostrada, in tempo per raccontare a Massimo la cronaca della giornata. Una delle più belle della mia vita.
110520 Daniele Leoni (continua)

martedì 10 maggio 2011

Internet Wi-Fi a scuola: parte l’operazione di Brunetta

Martedì, 10 Maggio 2011.
Il Ministro Renato Brunetta con Silvio Berlusconi
Il progetto per Internet Wi-Fi in tutte le scuole, fortissimamente voluto dal ministro Renato Brunetta, parte formalmente oggi alle 12 con l’iter che dovrebbe portare entro il 2012 alla copertura totale di tutti gli istituti scolastici italiani. Questa, almeno, è la speranza di un intervento e di un investimento importante che richiederà la spesa di diversi milioni di euro e l'abbandono di una filosofia di intendere e spesso demonizzare la rete. I primi dati parlano di già 800 prenotazioni, una buona idea con qualche chiaro-scuro e tante inevitabili polemiche.
Polemiche che lasciamo a chi ne è direttamente coinvolto e a chi vuole esprimere la propria opinione. Quella più diffusa va a riprendere i vasti tagli nel budget che forse avrebbe meritato più attenzione. E’ vero così come è vero che entro il 2012 tutti gli istituti saranno dotati di Internet Wi-Fi, una via obbligata per un paese moderno.
Internet e la scuola sono due mondi più che compatibili, se disciplinati da regole affidabili e il progetto di Brunetta ha scatenato un grande entusiasmo con già 800 scuole prenotate.
Nei prossimi sei mesi saranno collegate 5.000 scuole, mentre entro la fine del 2012 dovrebbero completarsi i lavori in tutti e 14.000 gli edifici italiani. Le scuole riceveranno uno speciale kit con tutto il necessaire. A proposito di wi-fi, finalmente dopo anni, il decreto Pisanu (che limitava l'utilizzo del Wi-Fi a scopi di antiterrorismo) è decaduto a inizio 2011.

sabato 7 maggio 2011

Col coltello fra i denti

Giovedì 30 aprile 2010 scrivevo questa nota. A distanza di oltre un anno confermo ogni parola. Solo un po' deluso da Silvio Berlusconi. Mi auguro però di potermi ricredere qualora Claudio Scajola venisse richiamato alla guida del Pdl. Questo è il video di Claudio Scajola lasciato oggi, 6 maggio 2011, a Youtube. http://www.youtube.com/watch?v=5liuzYJXzZM&feature=player_embedded
Claudio Scajola e Stefania Prestigiacomo
(30 aprile 2010 Daniele Leoni) Dopo la bufera della direzione nazionale e i comportamenti discutibili contro la nascente minoranza interna, subito un faccia a faccia con Vladimir Putin per discutere di strategie, di metano e di nucleare. Non fa in tempo a salutarlo che arriva un violento attacco al Ministro Claudio Scajola, accusato di pagamenti in nero per l'acquisto della sua casa romana, col solito contorno mediatico di ragionamenti da serva. La reazione è immediata. La sintetizza bene Repubblica con un titolo a firma Francesco Bei: "Berlusconi convince Scajola. Difenditi col coltello fra i denti". http://www.repubblica.it/politica/2010/04/30/news/berlusconi_scajola-3717368/
Un bell'articolo. Lascia presagire una difesa vittoriosa con contrattacco e sbugiardamento dei mandanti. Ma i mandanti non sono quelli che ipotizza Repubblica, cioè Fini, Tremonti che avrebbe sguinzagliato la Guardia di Finanza o Bossi, desideroso di sostituire Scajola con un suo uomo. Ebbene no. L'attacco a Scajola ricorda un episodio antico, consumato, nei primi anni 60, contro l'allora Presidente del CNEN Felice Ippolito.
Non si era ancora sopito lo sgomento per la strana morte di Enrico Mattei, precipitato col suo aereo in prossimità di Linate, che venne scatenata una campagna mediatico giudiziaria, la prima della storia repubblicana, contro l'artefice dell'industria nucleare italiana, allora fiorente e invidiata nel mondo. Fu la prima visione del film poi riproposto a ripetizione fino ad oggi. Nell'agosto del 1963 indiscrezioni giornalistiche sollevarono dubbi sulla correttezza dell'operato di Ippolito all'amministrazione del CNEN. Nei mesi seguenti venne avviata una indagine ministeriale. Il 3 marzo 1964 venne arrestato per presunte irregolarità amministrative. Poi il processo farsa, e la condanna a 11 anni di carcere. Dopo avere trascorso due anni in prigione, ricevette la grazia dall'allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, ma per il nucleare italiano il destino era ormai segnato. Gli fu imposto di non occuparsene più. Egli ubbidì. Si dedicò alla divulgazione con Scientific American, diresse le missioni italiane e i laboratori di ricerca in Antartide e fu risarcito con un seggio comunista al parlamento europeo. Felice Ippolito fu vinto da una potenza di fuoco inaudita, dal feroce ricatto della solitudine e dalla minaccia mafiosa alla sua stessa vita. Ma quel breve tratto di strada che egli percorse, negli anni 50, assieme a Enrico Mattei ha lasciato un segno indelebile di speranza e di possibilità.
Coltello fra i denti, consiglia Berlusconi! E non lo dice a un pivellino. Certo perché lui, Claudio Scajola, ha già conosciuto la persecuzione e anche il carcere ancor prima di tangentopoli. Il suo persecutore di allora fu Pircamillo Davigo, che lo fece richiudere, per 70 giorni a San Vittore, nel 1983. Era Sindaco di Imperia e fu accusato di tangenti. Poi fu prosciolto: estraneo ai fatti! Tanto estraneo che venne rieletto Sindaco nel 1990 e ci rimase fino al 95 quando si dedicò a Forza Italia per essere eletto deputato nel 96.
Forza Ministro, perché il terreno perduto va riconquistato, palmo a palmo, col coltello fra i denti. Dobbiamo bruciare le tappe e arrivare subito ai nuovi cantieri delle centrali nucleari. Dobbiamo ricostruire la filiera, i sistemi di controllo, di sicurezza e la scuola. Dobbiamo ricostruire l'indotto dei materiali, dei sistemi di raffreddamento, dell'edilizia a prova di attentato, della gestione e della messa in sicurezza delle scorie. Dobbiamo riattivare la ricerca per la quarta generazione e per la fusione. Dobbiamo finalizzare la ricerca mineraria per lo sfruttamento dei giacimenti di Uranio nel mondo e mettere a disposizione il nostro know how in cambio di materia prima. Dobbiamo ripensare il nostro sistema energetico attivando nuovi impianti di accumulo, combinare la fonte nucleare, con l'idroelettrica e la solare. Perché, fra vent'anni, non vogliamo bruciare più una goccia di petrolio. Perché vogliamo usare il metano per distribuirlo alle famiglie e alle industrie, non per la produzione elettrica! Perché vogliamo usare il denaro per nuovi posti di lavoro e non solo per ammortizzatori sociali.
Poi nel Pdl ci vuole democrazia interna, bisogna essere più equilibrati. Sicuro. Aveva perso dei punti, Berlusconi. Ma la sua reazione all'attacco contro il Ministro allo sviluppo economico glieli ha fatti riguadagnare tutti. Come la difesa di Bertolaso.

venerdì 6 maggio 2011

Il bravo senatore Villari al Governo con Berlusconi

Riccardo Villari, uno dei pochi professionisti tecnici prestati alla politica, è stato nominato Sottosegretario ai Beni Culturali da Silvio Berlusconi. Uno dei pochi professionisti tecnici, certo. Uno dei pochi che non fanno parte della categoria degli avvocati o dei letterati, con tutto il rispetto per i bravi avvocati e per i bravi filosofi, che, se sono veramente fuoriclasse, possono fare un gran bene alla società, oltre che al loro portafogli. Il Senatore Villari è un medico, ricercatore universitario in malattie infettive  al Policlinico dell'Università Federico II di Napoli. Due anni fa fu protagonista di una vicenda incredibile che ha contribuito ad aprirmi gli occhi su quanto poco siano tenute in considerazione le regole più elementari della democrazia. E su quanto diffuso sia il disprezzo della legge, prima di tutto da parte di coloro che si ergono a paladini della giustizia e della Costituzione. Steso un velo pietoso sul licenziamento di Villari dalla Commissione di Vigilanza della Rai, sono contento che abbia ritrovato il suo spazio fra i politici onesti e perbene. Vorrei riproporvi un vecchio articolo di Vittorio Feltri sull'argomento. Così, a solo titolo di riflessione!
Il Senatore Riccardo Villari nel 2009
Da "LIBERO - EDIZIONE MILANO" di giovedì 15 gennaio 2009.
Gli sforzi della Casta per rendersi insopportabile sono straordinari. La vicenda di Villari è addirittura surreale e quasi impossibile da raccontare se non col linguaggio della barzelletta. La massima parte degli italiani non sa co sa sia e a cosa serva la Commissione di vigilanza della Rai. Lo spieghiamo in due parole: un ente inutile. Forse dannoso. Sicuramente una fissa dimora politica in cui si può fingere di lavorare, percepire gettoni e indennità, usufruire di auto blu, segretarie e ammennicoli vari. La solita truffa all'Italia.  Per questo è molto ambita dalla classe parlamentare che, da quando i governi hanno elevato a sistema la cosiddetta fiducia, ha la sensazione di essere ininfluente. Semplifichiamo ad uso del lettore. Consuetudine vuole che la presidenza del descritto ente inutile sia assegnata all`opposizione.
E anche nel 2008 si è pensato di non mortificare la tradizione. Sicché sono cominciate le trattative sul nome col quale riempire la casella. Il Centrosinistra ha proposto Orlando, fondatore dell`ormai defunta Rete, oggi compagno di viaggio di Antonio Di Pietro. Ma Orlando è antipatico al Centrodestra che ha storto il naso: no, questo no, trovatene uno più presentabile. Di norma in questi casi l`opposizione non fa storie e cambia cavallo. Stavolta invece il Pd e l`Idv hanno insistito: pretendiamo sia lui.
Risposta: nemmeno per sogno.
Ne è seguito un tiremmolla infinito. Dopo tre mesi, la situazione era ancora di stallo.
Finché un bel di, la maggioranza profittando di defezioni degli avversari, elegge Villari presidente, senatore del Partito democratico, quindi di sinistra. La prassi è rispettata. Appresa la notizia, Veltroni monta su tutte le furie. Mascalzoni, ci avete tirato un bidone. Ma che bidone e bidone. Non eravate capaci di assumere una decisione, l`abbiamo assunta noi scegliendo un uomo vostro in alternativa all`odiato Orlando. Naturalmente, pure Di Pietro si arrabbia. In questo modo si crea una situazione paradossale. La minoranza convoca il neopresidente e, appellandosi a superiori motivi morali, gli chiede di dimettersi. Io dimettermi? E per quale ragione? Sono del Pd, mi hanno eletto democraticamente, non ho brigato: rimango qui. Villari, eccellente persona, medico, professore universitario, dà comunque un segno di buona volontà: trattiamo. Veltroni e gli altri annuiscono. Poi, senza consultare il "proprietario" della poltrona al centro delle dispute, estraggono dal cilindro la candidatura di Sergio Zavoli, 84 anni, alla terza legislatura, e la propongono ai berluscones che accettano. Entrambi gli schieramenti hanno tuttavia fatto i conti senza l`oste considerato un rompicoglioni immeritevole di considerazione e perfino del rispetto dovuto a qualunque persona. Per loro è un oggetto da spostare a piacimento. Ovvio, l`oggetto non ci sta a fare l`oggetto, e in un impeto di orgoglio manda i colleghi a farsi benedire. Lo fa con educazione, come si conviene a un gentiluomo partenopeo. Dice pacatamente di non avere intenzione di andarsene. Il problema non offre soluzioni di ripiego. Che fare? Quel furbone di Veltroni, si fa per dire, non trova di meglio che espellere dal Pd Riccardo Villari. Perché? Non mi hai ubbidito. Ammazza quant'è democratico il Walter.
Trascorrono altre settimane, altri mesi. E nulla si schioda. Nel frattempo, l`espulso si accasa obbligatoriamente nel gruppo parlamentare misto. Il Centrodestra, che ha dato il maggior contributo alla sua elezione, a questo punto, desideroso di chiudere la partita e incurante di perdere la faccia, prega il presidente di togliersi dai piedi. Gli preme di dialogare con Veltroni sulla riforma della giustizia, ma questi per abbassarsi impone di sistemare Zavoli al posto di Villari. Un vicolo cieco.
L`epilogo della barzelletta è lontano. La trama si ingarbuglia e per dipanarla si cerca indovinate chi? Lo dice la parola stessa: un azzeccagarbugli, di cui le Camere son piene. Un volontario se ne esce con questa genialata. Siccome Villari è stato "radiato" dal Pd e si è iscritto al gruppo misto, ecco: egli non rappresenta più il Centrosinistra, dunque la Giunta del Senato può licenziarlo come una colf a ore. Il suggerimento dell'azzeccagarbugli è accolto con entusiasmo dai partiti che, pertanto, si apprestano a trombare il presidente onde sostituirlo col monumento sacro, Zavoli, al quale chissà perché nessuno pensò a tempo debito. Un pastrocchio disgustoso di cui lorsignori non si vergognano. Comunque Villari resiste eroicamente: sparatemi pure alle spalle, dato che siete vili; non vi darò lo stesso la soddisfazione di piegarmi per farvi risparmiare una pallottola. Grande, senatore, lei è davvero un grande. E noi le siamo vicini. Se oseranno applicare la sentenza aberrante dell`azzeccagarbugli, li sputtaneremo finché non saranno sputacchiati per strada. Tenga duro, amico. Non ci si arrende agli imbroglioni, altrimenti imbroglieranno ancora.  Firmato Vittorio Feltri

lunedì 2 maggio 2011

Avventure di fine millennio (02)

Segue da "Avventure di fine millennio (01)"
La digitalizzazione cartografica era un’attività che non portava lontano. L’investimento era alto e le prospettive, nel tempo, non erano positive, soprattutto per noi che facevano della manovalanza. Una volta caricata la mappatura della rete Italgas di Torino, io sapevo che non ci sarebbe stato altro lavoro. Italgas aveva aperto analoghi cantieri in altre città e altri peones, come noi, stavano completando il lavoro. Alcuni si erano lasciati convincere da abili affabulatori e avevano comprato uno scanner A0. Dimensioni: 841 × 1189 millimetri. Un costo astronomico, quasi quanto tutta la nostra strumentazione messa assieme. In teoria, con lo scanner, si sarebbe acquisita la mappa cartacea in un colpo solo. Si sarebbe risparmiato il lavoro certosino dei nostri geometri al tavolo digitalizzatore. In pratica, invece, sul tavolo digitalizzatore ci dovevi tornare perché non tutti i simboli della rete erano riconoscibili in modo automatico. Qualche volta la scannerizzazione ne riconosceva solo il venti, trenta per cento, soprattutto se la mappa cartacea era stata corretta, più volte, da mani diverse. Nelle mappe della rete del gas di Torino gli scarabocchi, le correzioni erano la norma, non l’eccezione. In quei casi gli automatismi saltavano e solo l’occhio umano poteva decifrare i simboli. Occorreva anche adattare di continuo la maschera di riconoscimento alla grafia dei vari tecnici che si erano avvicendati sulle mappe cartacee nei decenni di storia della rete. No, decisamente lo scanner non era una buona idea, almeno per la rete del gas. 
Giuseppe Verdi
Meglio far lavorare, a ciclo continuo, una brigata di geometri, con dei premi di produzione per quelli che avevano più occhio. Poi, una volta terminato il lavoro, i geometri li potevi congedare. Sapevamo tutti che era un lavoro a termine. Italgas avrebbe gestito, con i propri dipendenti, la nuova cartografica computerizzata e la Tema Spa avrebbe fatto l’assistenza. Erano già alcuni anni che i vari enti territoriali e le imprese che gestivano le reti stavano meccanizzando la loro cartografia ed eravamo ormai nella fase della messa a regime. Chi aveva comprato lo scanner A0 rischiava di rimanersi un costosissimo oggetto inutilizzabile con le rate del mutuo ancora da pagare. Io la stazione grafica la potevo sempre riconvertire per altri usi. Il plotter e il tavolo digitalizzatore potevo adoperarli per altre attività anche se sporadiche. Ma uno scanner da cento milioni di lire, finita la fase della digitalizzazione delle vecchie mappe cartacee, non avresti potuto venderlo nemmeno a metà prezzo!
La biglietteria elettronica invece era un altro discorso. Da quell’idea poteva nascere un lavoro stabile e in crescita. La piccola Leoni, tecno-artigiana, poteva diventare una grande impresa, conquistare il mercato italiano e avventurarsi anche oltre confine. Questi erano i miei pensieri fra Lugo e Milano, in autostrada, quella mattina, all’alba, nel Maggio 1990. Certo, oltre confine! Perché La Scala è un palcoscenico sul modo e l’opera lirica parla italiano anche a Londra, a New York, a Tokyo. Con l’esperienza consolidata al Teatro Comunale di Bologna, la commessa appena acquisita per la nuova biglietteria del Teatro Donizetti di Bergamo e La Scala avrei potuto far partire seriamente la filiera del nuovo prodotto. Infatti c’era anche Bergamo col suo teatro prestigioso. I bergamaschi erano stati i primi a farsi convincere dal successo bolognese e mi avevano appena commissionato la stessa, identica biglietteria. Era stata una decisione laboriosa perché il Donizetti non era un ente autonomo come il Comunale di Bologna, ma era gestito dal Comune di Bergamo. Il Comune di Bergamo però non aveva fretta. Mi dissero chiaramente di fare le cose con calma perché loro ci tenevano a non fare salti nel buio e poi bisognava addestrare bene il personale. Siccome Bergamo non è a mezz’ora di macchina come Bologna, un intervento in caso di emergenza sarebbe stato più problematico. Ora che si affacciava all’orizzonte anche La Scala, era indispensabile un sistema che consentisse il controllo remoto e la tele-assistenza. Bisognava cambiare sistema operativo. Passare dall’MS-DOS allo UNIX cioè da un sistema operativo mono-processo, che consentiva una sola operazione alla volta, ad un sistema multi-tasking, che consentiva anche operazioni parallele alla normale operatività. I processi paralleli avrebbero potuto gestire le telecomunicazioni via modem e i programmi di monitoraggio per controllare i flussi del programma principale. In caso di malfunzionamento si sarebbero potuti correggere gli errori e far ripartire il sistema senza muoversi dalla sede aziendale di Lugo di Romagna. Inoltre occorreva fare una copia degli archivi in tempo reale, di modo che, in caso di rottura, si potessero recuperare tutti i dati. Non c’era alternativa perché i grandi teatri erano nelle grandi città e non era pensabile creare un punto di assistenza per ogni teatro.  Il mondo dell’informatica era già in rapida evoluzione e il software doveva essere costantemente aggiornato alle nuove esigenze. Un certo numero di clienti, che fossero teatri importanti, poteva assicurare le condizioni di questo costante aggiornamento. Il teatro poi è un ambiente creativo, pieno persone stimolanti, fantasiose e particolarmente recettive alle novità. Anche la biglietteria di Bologna aveva una copia permanente degli archivi. Veniva generata dal programma, che faceva una doppia scrittura di tutte le transazioni, su due archivi che erano su due calcolatori distinti collegati in rete. Ma per La Scala si trattava di allestire almeno dieci postazioni di biglietteria fra vendita al pubblico e retro sportello. Il processo di copia doveva essere gestito da un apposito programma che avrebbe fatto solo quello, avrebbe gestito cioè solo l’allineamento degli archivi in due calcolatori distinti. Nel 1990 il mercato offriva già sistemi con queste funzioni, fault tolerance, cioè a prova d’errore, ma avevano prezzi inaccessibili. La soluzione, almeno per me, sarebbe stata quella di acquistare calcolatori standard a prezzi contenuti e scrivere il software necessario per funzioni analoghe a quelle di sistemi che costavano dieci volte di più. Ma per far questo occorreva essere bravi e avere le credenziali. Bravi lo eravamo, soprattutto per l’affiatamento che si era creato fra me e Massimo dove io, che avevo più esperienza, trovavo le soluzioni eleganti e lui era in grado  di fare miracoli in linguaggio macchina. A completare la squadra era arrivata Daniela che era una via di mezzo: brava programmatrice, furba come la volpe, svelta come il gatto ma anche molto equilibrata nonostante la giovanissima età. C’era anche Liana, amica di Daniela, la nostra segretaria e ragioniera e Mauro, uno dei geometri, che avevo pensato di tenere perché era infaticabile e aveva gusto estetico. Poteva fare tutte le attività ripetitive dove non era necessario conoscere i linguaggi di programmazione ed essere di ausilio alla grafica delle interfacce utente, dei manuali e delle offerte commerciali. Bella squadra!
Intanto ero arrivato a Milano. Ero sereno e soddisfatto. C’era Daniela con me, per far da testimone di quello che sarebbe stato un evento incredibile. E anche per recitare da segretaria. Era bella intelligente e sexy Daniela, ma io, caprone, non fui di grande compagnia perché ero completamente preso dai miei pensieri.
Ero in via Filodrammatici per la prima volta in vita mia. Aveva qualche cosa di familiare, una premonizione benefica, come essere a casa. Salii la scala della sovrintendenza e sentivo un’elettricità strana, come se lo spirito di Verdi, di Toscanini non avessero lasciato l’edificio. Lontano le voci di un coro. Anche al Comunale di Bologna si respirava la stessa atmosfera. Nel periodo del collaudo della biglietteria provavano Carmen e le note del coro, quando ci penso, risuonano ancora. Sono nel tempio della musica italiana, pensai. La musica, la sintesi più forte e impalpabile dell’animo umano. L’anima del Pianeta. La musica non perdona la mediocrità, non consente l’errore.
110502 Daniele Leoni (continua)

domenica 1 maggio 2011

Avventure di fine millennio (01)

Alle ore 20 del 7 dicembre 1990, alla presenza del Sindaco di Milano e delle massime autorità italiane ed europee, il pubblico elegante riempiva la platea, i palchi e le gallerie del Teatro alla Scala. Per la prima volta un sistema elettronico era stato utilizzato per assegnare tutti i posti. Teatro strapieno e nessun doppio. La biglietteria Charta, completamente italiana, faceva in suo ingresso nel palcoscenico più famoso del mondo.
Articoli su tutti i giornali ma, il più strabiliante, fu quello di due intere pagine della prestigiosa rivista teatrale Hystrio che parlava di tecnologia e inaugurò, per l’occasione, una rubrica intitolata Technè. “Una biglietteria del Duemila per la Scala. L'elettronica ormai ti sistema a teatro. In questa intervista il costruttore del moderno dispositivo per la prenotazione dei posti nel tempio della lirica racconta le fasi di un'avventura tecnologica che è stata coronata dal successo”. 
Il Teatro alla Scala
Il costruttore ero io. Non solo il costruttore ma anche il titolare della micro-impresa che aveva osato sfidare Milano, con una operazione di tecnologia e di immagine degna di una multinazionale. Sono passati ventuno anni da allora. Per la prima volta mi accingo a raccontare quella storia, comprese le parti più riservate e gli sviluppi prestigiosi. I fatti e le vicende che mi consentirono, in pochi anni, di diventare il leader dei sistemi elettronici di biglietteria, partendo da zero.
Mi ricordo che a metà Maggio del 1990 ricevetti una telefonata a sorpresa. Era Carlo Maria Badini, allora sovrintendente della Scala, che senza tanti preamboli mi disse:
- Leoni, siamo in emergenza! Quanto tempo ci mette lei, per venire a Milano nel mio ufficio?-
Rimasi di sasso. Erano anni che tentavo inutilmente di parlale con Badini. Non ero mai riuscito a farmi ricevere. Avevo scritto, fatto offerte ma non venni preso in considerazione. La Scala aveva aggiudicato da poco la realizzazione della biglietteria elettronica ad una società di Milano e io, nonostante avessi fornito una biglietteria elettronica perfettamente funzionante a Teatro Comunale di Bologna, non venni nemmeno invitato. Eppure erano venuti a Bologna a vedere il sistema. Era un gioiellino. Una di quelle cose fatte con amore, sviluppato con la piena collaborazione e con l’entusiasmo delle due cassiere, Patrizia e Germana, che conoscevano tutti i trucchi del mestiere. C’era anche Sergio Fiorelli che faceva il tifo per me, a Bologna. Diventò direttore dopo aver lavorato, per anni, al centro elettronico del Comune. Quindi aveva le mani in pasta. All’inizio da solo, poi con la collaborazione di Massimo, riuscii a partorire una fantastica biglietteria con due postazione di vendita e un posto di retro-biglietteria. Il tutto girava in MS Dos. L’applicazione era sviluppata in Quick Basic Microsoft con le parti di gestione del video in linguaggio macchina. Per ogni postazione i monitor erano due: il video grafico, incassato orizzontalmente nel bancone, faceva le veci della pianta di carta del teatro, dove tradizionalmente venivano segnati i posti. Il secondo monitor funzionava da consolle per il cassiere. La novità strabiliante erano i tempi di caricamento della pianta, a richiesta del cliente. Una pianta di oltre mille posti veniva visualizzata in due secondi, perfettamente aggiornata. E il sistema poteva gestire tranquillamente tutta la stagione. Poteva richiamare gli eventi della stagione precedente con tutte le sue repliche, con i dati analitici delle vendite incluse le anagrafiche degli abbonati e degli spettatori fuori abbonamento. Gestiva vendite, prenotazioni, emetteva i documenti fiscali e faceva perfino le statistiche. Ma la cosa di cui nessuno riusciva a capacitarsi era la velocità di caricamento della pianta con tutti i posti colorati: rossi gli occupati, verdi i liberi, gialli i prenotati e magenta i posti d’obbligo assegnati alle autorità. Due secondi contro il mezzo minuto della concorrenza. E le postazioni operative erano tre in contemporanea, anche sullo stesso spettacolo. La biglietteria del teatro Comunale di Bologna entrò in esercizio in settembre 1987, con tanto di autorizzazione Siae (Società Italiana Autori Editori) per l’emissione del biglietto in modulo continuo. E il borderò, che però doveva essere ricopiato, a mano, nel modello ministeriale. Se avrete pazienza di seguirmi vi racconterò il trucco di quella velocità, che non è un marchingegno tecnico anche perché, nel 1987, non ero l’unico a conoscere il linguaggio assembler. Patrizia e Germana gongolavano orgogliose della loro super-super biglietteria. Anche Sergio Fiorelli, il direttore, Paolo Girotti il capo degli affari generali e, buon ultimo, Carlo Fontana, sovrintendente. Mi raccontarono che Fontana all’inizio era contrario perché, “se doveva morire annegato, preferiva annegare nel mare e non in un bicchier d’acqua …” Così disse, riferendosi alle dimensioni della mia azienda. Poi si fece convincere dai suoi collaboratori e soprattutto dal prezzo basso. Tutto andò bene, venni pagato e stipulai un generoso contratto di manutenzione evolutiva. Il sistema lo fornii in licenza d’uso, nel senso che lo potevo vendere anche ad altri. Anzi il Teatro mi avrebbe fatto pubblicità. E me la fece, Fontana per primo.  Vennero tutti a vedere la biglietteria di Bologna ma nessuno si decideva a fare il grande passo. Io, per sopravvivere, mi dedicai alla cartografia. O meglio, alla digitalizzazione cartografica. Applicai l’esperienza maturata con la grafica della pianta del teatro per fare delle applicazioni di gestione dei simboli e delle poligonali. Riuscii ad avere, in terza battuta, la commessa del trasferimento della rete Italgas della città di Torino, in un nuovo sistema cartografico. In terza battuta perché il primo contraente era un consorzio torinese che aveva subappaltato alla Tema SpA del gruppo ENI, che aveva assegnato a me la parte esecutiva. Ma io ero contento. Avevo assunto a contratto cinque geometri e li facevo lavorare, a turni di sei ore, al tavolo digitalizzatore. Avevo scritto le routine di controllo, di gestione degli errori, di chiusura delle poligonali, di allineamento delle mappe nei bordi, di correzione della deformazione della carta sui capisaldi. Avevo scritto anche un programmino che mi consentiva di assegnare un punteggio di produttività ai miei geometri. In quel periodo venne a lavorare da me Daniela, diciannove anni, diplomata in Informatica all’Istituto Tecnico. Grande Daniela. Si intese immediatamente con Massimo. I programmi per la cartografia li scrivevamo in Lisp, il linguaggio dell’intelligenza artificiale, almeno così davamo ad intendere. A dir la verità usavamo il Lisp perché era il linguaggio di programmazione di Autocad, il più economico dei sistemi di grafica tecnica. Si poteva trovare anche copiato. Tutto l’armamentario costava quasi un centinaio di milioni di vecchie lire. I componenti erano: computer grafico veloce, video grafico grande e ad alta risoluzione, tavolo digitalizzatore e plotter A0 a penne. Poi c’era una seconda stazione che serviva per le attività accessorie, per lo sviluppo e per la gestione del plotter. Ciclo continuo, 24 ore, 7 giorni. La digitalizzazione si fermava la domenica per la manutenzione. Il cliente, oltre ai dischetti con le mappe digitalizzate, voleva anche la stampa dei contro-lucidi in poliestere, che costava una follia e che provocava un'usura inaudita dei pennini del plotter. Anche noi facevamo delle stampe di verifica, ma in carta lucida normale. Mi ricordo che costruii un grande tavolo, con i porta-rotoli sotto e con le guide in alluminio per il taglio della carta, perché conveniva comprarla in rulli. 
Carlo Maria Badini
Fu una bella esperienza, fatta di tante attività. Di alta tecnologia ma anche manuali. Anche in quel lavoro c’era concorrenza. Io riuscivo a tenere testa al mercato perché non compravo il software ma lo scrivevo. E poi eravamo tutti ragazzi con la  voglia della sfida e, qualche volta, il coraggio dell’incoscienza.
Ma torniamo a Carlo Maria Badini, il sovrintendente della Scala, che mi voleva vedere subito, in quel mese di maggio del 1990, nel suo ufficio a Milano.
- Mi dia tre ore di tempo e sono da lei - risposi.
- Facciamo domani mattina alle 9, qui in via Filodrammatici - replicò Badini col suo vocione.
- D’accordo, domani mattina!-
110501 Daniele Leoni (continua)