Pubblicato da Daniele Leoni il 6 Gennaio 2011.
Papa Benedetto XVI, il 17 settembre 2010, nell'incontro alla Westminster Hall di Londra, affermava che la vera via di fuga dalla barbarie è l'alleanza, in occidente, del mondo laico col mondo cristiano. Lo diceva come lo può dire un papa ma noi dobbiamo saper leggere il significato profondo delle sue parole.
Papa Benedetto XVI |
Sono parole illuminanti, di grande saggezza, soprattutto se pronunciate dal capo della chiesa cattolica. Sono concetti che, se sostenti con convinzione, forniscono la risposta a quesito di Marco Taradash, posto dopo l'eccidio ad Alessandria d'Egitto del 1 Gennaio: - Come si fa a uscire (vivi e liberi) dallo scontro di civiltà? -
Dobbiamo mettere dei paletti ben saldi per difenderci dal fondamentalismo, anche strisciante, di qualsiasi colore o fede. Questi paletti non sono nuovi crocifissi installati dovunque come qualche fanatico intenderebbe fare. Sono invece la più totale intransigenza verso atti contro la persona, la libertà e la nostra cultura occidentale. A scuola si va a capo scoperto. A viso scoperto si deve stare per strada e nei luoghi pubblici. Qualsiasi atto di violenza o di coercizione verso le donne e i bambini deve essere severamente punito con l'espulsione e con l'arresto; in questi casi ai genitori deve essere tolta la patria potestà. Le mutilazioni genitali debbono essere considerate atti di violenza efferata e chi le pratica va punito con rigore, ebrei compresi.
Ma la vera via di fuga dalla barbarie è l'alleanza, in occidente, del mondo laico col mondo cristiano. Papa Ratzinger sembra averlo capito molto bene e non esiterà ad abbandonare ulteriori incongruenze fra fede cristiana e ragione. La Chiesa cattolica dovrà parificare uomini e donne come già oggi avviene nel mondo protestante. Il mondo laico dovrà rivedere alcuni estremismi sulla bioetica. A mio parere le donne saranno le protagoniste di questo passaggio, in entrambi gli schieramenti. Lavoreranno con convinzione e otterranno il risultato perché, mai e poi mai, vorranno fare la fine delle loro compagne arabe.
Donatello, creazione di Eva |
Consapevoli che il cristianesimo ha avuto, nel corso dei secoli, la rara abilità di sapersi adattare prima al paganesimo poi al pacifismo, non dobbiamo rinunciare a questa intrinseca duttilità. Questa leggerezza appunto. Allora, invece di adottare un atteggiamento laicista che non ha alcuna possibilità di successo, scegliamo di adottare la filosofia del "buon cristiano", che è così umile da porgere l'altra guancia e così orgoglioso da considerarsi figlio ed eguale a Dio. E fratello di tutti gli altri suoi simili, di qualsiasi razza, ceto o fede! Se qualcuno protesta facendo osservare che anche i cristiani sono stati sanguinari, gli rispondiamo che fu un errore. Che anche il nostro Dio Padre si sbagliò. Per correggere l'errore mandò suo figlio, che morì in croce, ma poi è risorto! E' una bella favola? Forse, anzi, quasi sicuramente. Ma è una favola leggera e a lieto fine. Mi piace papa Ratzinger, sono sollevato dal suo sorriso beffardo, dal suo amore per la musica e per la vita comoda. E' un papa leggero ma forte. Più laico di tanti laici fondamentalisti che, può darsi abbiano ragione, anzi, quasi sicuramente ce l'hanno. Ma hanno il grande difetto che non li segue nessuno.110106DanieleLeoni
Foto 1) Papa Benedetto XVI durante il suo discorso a Westminster Hall. 2) Donatello, La creazione d'Eva, Firenze, Museo dell'Opera del Duomo
Il mio 68 e il crocefisso.
Pubblicato da Daniele Leoni il 4 novembre 2009
Nel 1968 avevo quindici anni. Mi ricordo quella prima manifestazione. Tutti fuori per partecipare all'assemblea al cinema Mertopol e per protestare contro l'assurda imposizione di giacca cravatta e capelli corti per i ragazzi e delle gonne lunghe per le femmine. Che il preside si permettesse di controllare se le ragazze portavano la minigonna sotto il grembiule e che a me fosse imposto ti tenere un "nodo scorsoio" appeso al collo e i capelli corti, proprio non mi andava giù. Fui uno dei primi a saltare dal balcone, perché il preside aveva fatto sbarrare il portone di ingresso. Furono ben pochi, quella mattina, a rimanere in classe ad accogliere la polizia che fece irruzione in un liceo ormai vuoto. La mia adesione a quel nascente movimento riminese era totale e l'accordo era incondizionato. Fu costituito un comitato che chiese e ottenne l'adeguamento del preside, se non allo stile di vita della beat generation, comunque la rinuncia alle regole da caserma. Poco dopo il "movimento", purtroppo, si politicizzò. In piazza qualcuno, al posto degli slogan pacifisti, cominciò a urlare parole d'ordine di morte e noi, poveri partigiani del libero amore, ritornammo minoranza. Quelli erano gli anni della gara americana per lo sbarco umano sulla luna e Silvio Berlusconi non veniva più a cantare e a suonare alla Casina del Bosco ma si preparava a fare l'imprenditore edile nella sua Milano. Politica per me era lotta di libertà e di cultura nell'ambito sociale così come la corsa americana alla conquista della luna rappresentava, in quel momento, il punto più alto dell'innata spinta dell'umanità a superare i propri limiti. La chiesa, per contro, limiti ne metteva di intollerabili. Condannava l'uomo per un peccato originale che peccato non era e adorava un dio che aveva consentito la crocefissione del figlio per redimere l'umanità da scienza e conoscenza.
Daniele Leoni (al centro) nel 1969 |