mercoledì 24 aprile 2013

Matteo Renzi deterrente nucleare.

Il Sindaco di Firenze Matteo Renzi
Il vecchio e amato Re Giorgio si è convinto a non abdicare, quindi rimarrà ancora per un po’. Anna Maria Cancellieri, dopo essere stata annunciata, non è stata poi messa in lizza. Hanno avuto paura di bruciarla; hanno preferito conservarla come preziosissima risorsa per le nostre istituzioni. Per utilizzarla subito e nel prossimo futuro. Chiamare il Presidente con l’appellativo affettuoso “Re Giorgio” non è dileggio; corrisponde al sentimento prevalente in un’Italia alla ricerca di una figura indiscutibilmente super partes, disinteressata al potere perché, per intelligenza, per meriti, per prestigio e per età, è oggettivamente su un altro piano. E l’essere su questo piedistallo assegna a Giogio Napolitano un potere di influenza e di condizionamento fuori dall’ordinario. Dopo la morte di Palmiro Togliatti la sinistra italiana non ha più avuto un leader con un carisma che non fosse posticcio, che non fosse decretato e propagandato dalla nomenclatura invece di scaturire spontaneamente dal sentimento popolare. Anzi, quando è capitato che emergesse un leader con queste caratteristiche, capace cioè di catturare l’empatia degli avversari oltre che degli adepti, è stato eliminato sul nascere utilizzando tutti i mezzi, anche disonesti. Non è successo solo per Matteo Renzi, le cui vicende degli ultimi sei mesi rimangono scritte, in modo indelebile, in attesa di un epilogo che spero positivo, ma anche per altri.
L'ex Sindaco di Bologna Flavio Delbono
Ho già menzionato la vicenda di Flavio Delbono, brillante studioso e leader del Partito Democratico, eletto a furor di popolo Sindaco di Bologna con tutti i passaggi, primarie comprese, impallinato subito con accuse assurde sfruttando la gelosia di una innamorata delusa. La nomenclatura lo ha trascinato in tribunale come un ladro nel terrore di essere messa in ombra da un Sindaco che poteva eguagliare la popolarità del compianto Renato Zangheri. Con Matteo Renzi non sono riusciti a tanto in virtù della sua vita privata integerrima e di una rendicontazione dei conti personali tenuta con criteri notarili.
Debora Serracchiani, alleata di Matteo Renzi.
Però la metodica rasatura di tutte le persone eccellenti, che spesso trascurano l’attenzione maniacale alla gestione delle piccole spese voluta dalla pubblica amministrazione, è stata il metodo dei comunisti e dei loro eredi dopo Togliatti. La prima vittima fu l’ingegnere minerario Felice Ippolito, Presidente del CNEN, padre ed artefice della filiera nucleare italiana, sbattuto in galera nel 1964 per futili motivi e per enormi interessi contrari dei signori del petrolio che, due anni prima, assassinarono Enrico Mattei. Ippolito non fu difeso dai suoi compagni di partito, fu condannato da giudici prezzolati poi graziato, due anni dopo, dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Dopo, i comunisti di Berlinguer, lo fecero eleggere parlamentare europeo purché non si occupasse più di energia nucleare. Così fece: fondò e diresse Le Scienze, animò e diresse la ricerca italiana in Antartide. Per quasi quarant’anni solo personaggi grigi arrivarono alla testa dei comunisti italiani e dei loro eredi dopo la caduta del muro di Berlino. Giorgio Napolitano è riuscito a svettare dispiegando le sue qualità carismatiche successivamente alla prima elezione a Presidente della Repubblica ne 2006, diventando il punto di riferimento anche delle forze politiche che non l’avevano votato. Prima di Matteo Renzi fu proprio Giorgio Napolitano a mettere in pratica il concetto secondo cui il consenso popolare lo conquisti portando dalla tua parte gli avversari, che non sono nemici giurati ma in competizione, nell’interesse supremo della dialettica e della democrazia.
Palmiro Togliatti assime a Nilde Iotti negli anni 50
Se analizziamo bene tutti gli atti di Palmiro Togliatti dopo il suo rientro in Italia nell’autunno 1943 fino alla sua morte improvvisa vent’anni dopo, scopriremo un difficile percorso per condurre il popolo comunista italiano dalla barbarie delle bande armate alla socialdemocrazia. Fu un percorso che non venne interrotto nemmeno nel 1948, dopo la sconfitta del fronte popolare alle elezioni seguita da un attentato in cui fu ridotto in fin di vita. Dal letto d’ospedale, appena in grado di parlare, Togliatti chiamò i compagni che avevano già imbracciato il fucile e impose loro di desistere, perché la via italiana al riscatto dei lavoratori non poteva essere che quella democratica. Su queste vicende si basa la storia del PCI del dopoguerra ed è profondamente sbagliato considerare i comunisti il male assoluto. Però Silvio Berlusconi lo ha ripetutamente dichiarato. Invito i giovani del PdL a rivisitare la storia del primo dopoguerra, la figura e il ruolo di Palmiro Togliatti, il suo agire per la giovane democrazia, la sua lealtà con Alcide De Gasperi, con Pietro Nenni. Li invito a riflettere su come fu rinnegato, dai suoi compagni, immediatamente dopo la sua morte in agosto 1964. In settembre fu arrestato Felice Ippolito! Cosa potevano realizzare quegli eredi traditori? Potevano essere protagonisti di un ulteriore progresso oppure essere solo dei poveri ostaggi dei potentati mondiali che consideravano l’Italia un terreno di conquista?
Il qutidiano L'Uomo qualunque del 1945
Mi sarei aspettato che Matteo Renzi fosse indicato, senza esitazione, al Presidente Napolitano come Premier designato dal PD. Sarebbe stata l’unica via d’uscita alla crisi che attraversa il partito di maggioranza relativa. Non stento a credere che Silvio Berlusconi, abbia chiesto, in assoluta riservatezza, al Presidente della Repubblica di accantonare Matteo Renzi dalla rosa dei papabili. Lo deve aver fatto conscio della pericolosità, per il Pdl, di un lancio del Sindaco di Firenze alla guida del Governo. Renzi è pericoloso perché Berlusconi non è ancora riuscito a far crescere, in modo adeguato, una analoga figura. Angelino Alfano è stato tenuto troppo alla briglia mentre Matteo Renzi ha dovuto galoppare, nelle praterie selvagge della crisi del PD, sottoponendosi ad una allenamento da campione! E’ gioco forza che, se non potrà esercitare subito la sua leadership conquistata sul campo per auto eliminazione dei suoi competitor, lo farà in occasione delle prossime elezioni. Nel frattempo percorrerà tutti i passaggi, all’interno del PD e della pubblica amministrazione, per arrivare all’appuntamento elettorale con la forma di un grande purosangue. Farà un’altra cosa, Matteo Renzi,  altrettanto benefica per il Paese, se non sarà incaricato da Napolitano. Farà da deterrente, al pari della bomba atomica, per tutti quelli che potrebbero essere tentati dallo sfascio del nascente Governo, siano essi del PD, del PDL o del centro montiano. Allora finalmente si farà la nuova legge elettorale, si riformerà la Costituzione in senso presidenziale, partiranno le infrastrutture, il nuovo piano energetico, gli incentivi all’industria manifatturiera e alla ricerca scientifica. L’Italia avrà l’alta velocità di internet e delle ferrovie, da Trieste a Palermo! Il nostro patrimonio artistico sarà valorizzato e le mafie messe in condizioni di non nuocere anche grazie a una seria riforma della giustizia. E Beppe Grillo? Farà la fine del Fronte dell’Uomo Qualunque, travolto dalla ricostruzione e dalla rinascita italiana del dopoguerra. 130424 Daniele Leoni

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sabato 20 aprile 2013

Verdi, Paganini e Anna Maria Cancellieri.

Anna Maria Cancellieri, candidata Presidente della Repubblica
“Ti ricordi, Valerio, quanto io fossi contrariato dalla vicenda di Flavio Delbono? Sono contento che oggi lui abbia ritrovato la sua strada all'università nonostante l'accanimento squallido dei suoi "compagni", fossero essi politici, manager o magistrati. Che storia vergognosa! Ti ricordi che arrivò una signora, tal Anna Maria Cancellieri, a salvare Bologna a cui era stata strappata una guida brillante con un metodo degno di Savonarola? Ecco, mi auguro che quella signora venga eletta Presidente della Repubblica. E che Bologna possa insegnare una volta ancora!”
Con queste parole ho risposto questa mattina a Valerio Tura, un mio caro amico di Bologna, manager internazionale del teatro lirico, comunista con cui ho uno scambio epistolare assiduo sulla politica. Ci scriviamo spesso usando facebook e skype. Lo stimo molto, Valerio, per la sua intelligenza, la curiosità e la sensibilità artistica. Ciò che però è fuori dalla mia comprensione e come egli possa essere nemico irriducibile di Silvio Berlusconi e di tutto ciò che rappresenta; come a suo tempo fu nemico di Bettino Craxi e dei craxiani. Valerio, fra l’altro, sessantenne come me, usa i social network senza farsi strumentalizzare. Li domina semplicemente, adoperandoli come potente mezzo di comunicazione. Non scappa, come all’alba dell’uomo i nostri avi non scapparono di fronte al fuoco. Come mezzo secolo fa le menti più brillanti moltiplicarono la potenza della penna con la stampa, Valerio si destreggia oggi col computer e con la rete in un approccio laico interrogandosi, non senza perplessità, sul futuro dei libri. Come dieci anni fa si interrogava sul futuro dei dischi di vinile. Come, un quarto di secolo fa osservava, con sguardo interrogativo, il mio armeggiare, al Teatro Comunale di Bologna, all’invenzione della biglietteria elettronica. Dopo la saggezza del dubbio, Valerio ha sempre scelto il nuovo. Lo ha fatto da manager pubblico, dal Teatro Comunale di Bologna al Teatro de la Monnaie di Bruxelles; lo ha fatto da imprenditore privato come manager degli artisti. Parla e scrive in diverse lingue, con la conseguenza di possedere un cervello rodato a schemi multiformi di grande flessibilità. Infine ama la musica che fra i linguaggi è quello più elevato, più vicino ai sentimenti. Scriveva Valerio questa mattina: “La fine del Partito democratico non è un giorno di festa, neanche per chi ha sempre ironizzato su quell’accozzaglia di accoltellatori narcisisti, tenuti insieme soltanto dal mastice del potere. Bello o brutto che fosse, ed era diventato particolarmente brutto, il Pd rappresentava l’ultimo partito. L’ultima struttura politica in grado di organizzare congressi e di eleggere un segretario, anziché un padrino o un padrone. Magari un segretario senza carisma e con uno staff mediocre. Ma pur sempre una leadership provvisoria e rovesciabile o, come va di moda dire adesso, contendibile. Pure troppo. Il Pd muore di troppe contese. Non si dissolve per mancanza di dialogo, ma per babelica sovrapposizione di voci. Alla sua caotica scomparsa fa da contraltare, in queste ore di conclave quirinalizio, la compattezza granitica dei movimenti personali. Non un grillino, un leghista o un berlusconiano hanno finora votato contro gli ordini dei rispettivi capi. E’ questo che vogliamo, in nome della rapidità e della coerenza delle decisioni? Le voci diverse, che negli esecrati partiti della Prima Repubblica raggiungevano in qualche modo l’armonia di un coro, devono lasciare il podio agli assolo dei tenori con claque al seguito?”
Io ho provato a rispondere così: “Perché l'orchestra trovi ispirazione ci vuole un direttore carismatico. Ogni musicista "sente" il direttore per empatia. La bacchetta è solo un simbolo: sono gli occhi, l'espressione del viso e i movimenti del corpo del direttore che si sintonizzano con ogni singolo orchestrale. Paganini non era Verdi eppure fu egualmente grande. Togliatti non era Berlusconi eppure fece tollerare Nilde Iotti dai comunisti bacchettoni e tutto il partito seguiva il suo capo. Berlusconi non potrebbe trovare il consenso se non vi fosse quell'empatia che lo lega ai suoi. Poi Berlusconi è anche imprenditore di eccezionale intelligenza come Verdi fu grandissimo compositore mentre Togliatti fu solo un grande leader politico come Paganini fu solo un eccezionale direttore d'orchestra.” Poi le considerazioni sulla vicenda emblematica delle ridicole accuse all’ex Sindaco di Bologna Flavio Delbono, brillante intellettuale, carismatico, con una naturale sana attrazione per le donne. Fuoco amico motivato solo da invidie di poveri pervertiti, che è costato a Bologna le dimissioni del suo Sindaco. Ma che ha fatto conoscere a Bologna e a tutti gli italiani il nostro futuro Capo dello Stato. Un anno di commissariamento del Comune di Anna Maria Cancellieri e Bologna è rinata, le rivalità e le guerre intestine si sono azzerate, la città si è preparata, con calma, a nuove elezioni e il professor
Matteo Renzi, il nostro futuro leader della sinistra.
Delbono è tornato a insegnare all’Università . Valerio però non ha assimilato le mie considerazioni e ha proseguito: “Con amarezza occorre dire che questa riflessione impietosa è probabilmente azzeccata (quella dei solisti, con claque al seguito, al posto del coro). Con una piccola aggiunta. La conta dei cadaveri non la fa Grillo da solo, quanto piuttosto insieme a Berlusconi... Presto o tardi il grillismo e il berlusconismo finiranno per convergere, o per venire a patti… E l’amarezza cresce osservando che la destra populista, alleata con il qualunquismo grillista, vincerà ergendosi lieta e festante sulle macerie dell’Italia. Le macerie della distruzione provocata da vent’anni di berlusconismo e da un anno e mezzo di fornerismo montista …”
Decisamente abbiamo bisogno di una donna, ancora migliore di Angela Merkel, come primo arbitro delle istituzioni italiane. Una donna che, in tempi di carestia, metta al lavoro i guerrieri perché coltivino i campi e allevino il bestiame. Una donna che però non dimentichi la necessità dei turni di guardia e delle armi, pronte all’uso, per difendere il villaggio in caso di attacco. Forse Matteo Renzi riuscirà, con l’aiuto di questa donna, a pacificare oltre che a rottamare. E a far rinascere l’economia , l’industria, le arti, le scienze e anche un forte Partito Democratico per garantire l’alternanza alla guida del Governo, come succede in occidente, senza traumi. Un Partito Democratico (Craxi e Saragat avrebbero detto Socialdemocratico) dove possa tornare un leader come Flavio Delbono e dove il malaffare, anche quello delle false tecnologie, dalla gestione dei rifiuti alle energie alternative, venga sistematicamente combattuto ed estirpato. Come vengano estirpate tutte le mafie, vecchie e nuove, comprese quelle che si stanno attrezzando ad addomesticare Internet ai loro scopi criminali. 130420 Daniele Leoni

Leggi anche: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2012/22-settembre-2012/delbono-io-dilettante-sono-comportamenti-diffusi-2111926256839.shtml

venerdì 19 aprile 2013

Benvenuto Presidente 2

Romano Prodi candidato Presidente
Certo che, nonostante il porcellum, queste elezioni al Quirinale sono meglio di un film. Romano Prodi è tornato il pole position dopo 24 ore. I berluscones fanno fuoco e fiamme. Non ho capito bene perché i repubblicones non siano entusiasti di Mortadella Presidente. Che ci sia sotto un accordo bipartisan? Che, in questo modo, Matteo Renzi ottenga via libera per fare il Premier, in un governo di riforme istituzionali, con l’accodo di Berlusconi? Comunque vadano le cose è ineludibile uno scatto dell'economia italiana in senso industriale, con buona pace dei francesi, dei tedeschi e dei fantasisti  italiani multicolori. 130419 Daniele Leoni

giovedì 18 aprile 2013

Benvenuto Presidente!

Franco Marini Candidato Presidente
Un paio di giorni fa, quando tutto sembrava concorrere all’elezione di Romano Prodi al Quirinale, mi consolavo pensando che avremmo avuto un Presidente con ottima salute fisica e mentale, amante della bicicletta e dell’eccellente cucina emiliana. Anche se in passato aveva commesso errori imperdonabili come capo dell’Iri e subito il complotto franco-tedesco teso al declino dell’industria italiana sull’altare dell’Euro, speravo che, nella posizione massima di Capo dello Stato, avrebbe fatto tesoro dell’esperienza evitando di ripetersi. In fondo l’incertezza uscita dalle elezioni politiche imponeva un compromesso che evitasse lo sfascio e la guerra per bande di cui, nel corso dei secoli, gli italiani sono stati “maestri”. Invece, nonostante il consenso di Matteo Renzi, Beppe Grillo, Nichi Vendola oltre che dell’intero Partito Democratico, la candidatura di Prodi è sfumata. Giornate convulse. Poi poche ore piene di interrogativi mentre si avvicinava questa fatidica mattina del 18 aprile con l’appuntamento, fissato e ineludibile, della votazione solenne.
Matteo Renzi e Pierluigi Bersani
C’è stata la critica laica, ragionata, di Matteo Renzi alla candidatura di Marini e quella un po’ avventata alla candidatura di Anna Finocchiaro. C’è stata l’ipotesi di accordo su Giuliano Amato e i miei pensieri consolatori sulla sua cultura enciclopedica: è il presidente della Treccani! C’è stato il vaglio grillino che ha selezionato Stefano Rodotà e il mio pensiero consolatorio sul fratello, Antonio Rodotà, ingegnere, già direttore dell’Agenzia Spaziale Europea: buon sangue non mente! Alla fine c’è stata la decisione di Pierlugi Bersani di fare l’accordo con Silvio Berlusconi sul nome di Franco Marini. Franco Marini è il figlio di una famiglia non ricca, ha studiato e si è laureato in giurisprudenza facendo sacrifici, si è fatto le ossa nel sindacato. Certo, è un uomo del secolo scorso, non in perfetta sintonia con un Paese che si vuole rinnovare ma ha forti radici piantate nel mondo del lavoro. Rosy Bindi si è subito preoccupata di dichiarare che Marini non sarà il suo Presidente, Casaleggio e Grillo hanno evocato gli scontri di piazza. Nichi Vendola e Matteo Renzi non hanno minacciato rivolte in caso di elezione di Marini però hanno detto che non l’avrebbero fatto votare dai loro seguaci. Renzi ha aggiunto una cosa molto importante: che sarebbe stato il primo ad appendere la foto di Marini, nel suo ufficio di Sindaco di Firenze, in caso di elezione.
A me, che ho votato PdL alla Camera per Vittoria Brambilla e PD al Senato per Stefano Collina ingegnere renziano, la scelta di Bersani per Marini, in accordo con Berlusconi, non dispiace. E’ un segno di pace operosa, dove si legge la preoccupazione per il futuro del Paese e per la libertà degli italiani. Quella libertà che è impossibile nella miseria. Quella libertà che è antitetica alla guerra e alla violenza fisica e verbale. Mi auguro che il nuovo Presidente getti un ponte per spianare la strada a Matteo Renzi premier e a un futuro di modernità.
Sono ormai le dieci del mattino e seguirò le elezioni in diretta conscio del passaggio storico per il nostro Paese. Pronto ad accettarne l’esito senza recriminare. Sicuro che siano state rispettate tutte le regole e che ognuno abbia fatto la sua parte in buona fede. Orgoglioso della nostra democrazia potente che, in ogni caso, garantirà il risultato migliore possibile! 130418 Daniele Leoni