venerdì 20 maggio 2011

Avventure di fine millennio (03)

Segue da "Avventure di fine millennio (02)"
Un usciere accolse me e Daniela nell’atrio della sovrintendenza. Lo spirito di Toscanini era diventato palpabile. Arturo Toscanini, un grande interprete ma soprattutto un grande organizzatore della musica. Talmente grande da offuscare l’immagine degli autori, se facevano le bizze. Era capace però di esaltare la composizione musicale perché diventasse un tutt’uno con l’orchestra ed esprimesse appieno la sua potenza e la sua armonia. Fu il primo a mettere sullo stesso piano l’orchestra, i cantanti, il coro, le scene, le luci … Anche la biglietteria – pensavo – fa parte dello spettacolo! Consente al teatro di approvvigionarsi di risorse ed è il punto di contatto col pubblico pagante. Io ero determinato a portare la biglietteria allo stesso livello del palcoscenico, perché gli spettatori sono il cuore pulsante del teatro.
Una postazione della biglietteria Leoni  (novembre 1990)
Carlo Maria Badini, il sovrintendente della Scala, non lo conoscevo personalmente. Avevo letto la sua storia, sapevo che era un politico, che era un amministratore socialista, ex sindacalista, antifascista come Toscanini. E come me. Che, via via, si era dedicato alla musica e al teatro fino a diventare sovrintendente del Comunale di Bologna. Riuscì ad amministrare quel gioiellino, il Comunale, con grande acume e parsimonia e a farlo diventare, in tredici anni, uno dei grandi teatri italiani. Poi fu la volta della Scala, anche qui da tredici anni, dove si è sempre distinto per la buona amministrazione. Anch’io, quando ero ventenne, feci il sindacalista alla CGIL. Fu un’esperienza breve. Capii presto che era riduttivo limitarsi a difendere gli operai ma bisognava creare il lavoro e la ricchezza, e lo potevo fare come imprenditore nel comparto tecnologico, che era sempre stata la mia passione. Chissà quali furono i passaggi che portarono Badini dalla CGIL alla musica, fino ad arrivare al vertice della Scala?
Si aprì la porta dell’ufficio del sovrintendete che mi venne incontro, mi strinse la mano, come se fossimo stati vecchi amici. Salutò Daniela e mi presentò alle due persone che erano con lui. Federico Rispoli, il segretario generale e Francesco Caggiani, il direttore amministrativo.
- Sappiamo della stupenda invenzione che lei ha fatto al Comunale di Bologna – mi disse con un grande sorriso, riferendosi alla mia biglietteria elettronica.
- Noi invece abbiamo parecchi problemi perché, chi ha messo in piedi il nostro sistema, non è stato bravo come lei! Le vorremmo chiedere una consulenza per aggiustare le cose. Lei se la sente di darci una mano?
Con il senno del poi, avrei fatto bene ad accettare. Avrei dovuto mettere mano al tentativo, non riuscito della Computer Sharing. Almeno provare a trovare un accordo con loro, con la più prestigiosa società di informatica di Milano. Provare a dettare le condizioni, forte dall’appoggio della Scala.
Ma non ci pensai nemmeno un attimo. Avevo aspettato tanto quel momento e la soddisfazione di installare la mia “invenzione” – come la chiamava Badini – al Teatro alla Scala sarebbe stata troppo grande.
Mi scusai e feci presente che il software di Bologna era il risultato di anni di lavoro. Che era un sistema originale complesso e armonioso come un’opera lirica. Avrebbero potuto i musicisti o i direttori d’orchestra della Scala rappezzare le stecche di un compositore maldestro?
- Lo immaginavo – rispose il sovrintendente. Guardò in faccia suoi due collaboratori e disse che, a quel punto, non restava che rescindere il contratto col precedente fornitore e ricominciare da capo, dandomi carta bianca. Si mise a discutere con loro di come liberare velocemente il foyer della Piccola Scala, da tempo in disuso, per destinarlo alla nuova sede della biglietteria. Quell’ampio locale in Via Filodrammatici, a mezza strada fra la sede di Mediobanca e gli uffici della Sovrintendenza, sarebbe stato il mio cantiere di lavoro. Non mi sarei dovuto limitare ai computer ma avrei ricevuto l’incarico di allestire i nuovi uffici col front-office attrezzato per l’accoglienza del pubblico e per la gestione delle file.   Avrei dovuto curare l’ergonomia dei posti operatore e i servizi di retro-sportello. Avrei dovuto prevedere dei punti informativi automatici sulla disponibilità dei posti. E anche punti di vendita dislocati lontano dal Teatro, in altre città, cominciando dal Donizetti di Bergamo dove mi avevano già chiesto un analogo sistema. E la vendita al pubblico sarebbe dovuta iniziare in ottobre, in tempo per la prima della stagione d’opera del 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio. Ovviamente avrei dovuto dare priorità alla vendita di biglietti e abbonamenti ma, se tutto fosse andato bene, avrei proseguito il lavoro per far diventare il sistema Scala, il botteghino più avanzato nel mondo!
Ascoltavo quei discorsi un po’ frastornato. Non potevo credere alle mie orecchie. Mi sembrava un sogno. Mi scossi quando Badini mi apostrofò dicendomi:
- Lei ha capito bene, Leoni, cosa vogliamo fare. Si ricordi che dovrà redigere delle offerte, che poi saranno discusse dal Consiglio d’Amministrazione. Però l’incarico gliel’ho già dato. Cerchi di fare presto e bene. Per quanto riguarda il suo compenso, mi raccomando, ci tratti … con riguardo, non ne approfitti. Adesso lei continui pure la discussione col dottor Caggiani, il nostro direttore amministrativo. –
Gli strinsi la mano e lo rassicurai che avrei fatto l’impossibile. Lui, da vecchio marpione, col sorriso beffardo di chi discute tutti i giorni con le celebrità, sapeva che non avrei sgarrato. Daniela prendeva nota, recitando bene la parte della brava segretaria tecnica. Anche per lei doveva essere una esperienza fuori dall’immaginabile. E’ proprio vero, pensai, che la CGIL è una grande scuola. Mi chiesi se anche lui, quando era un ragazzo, fosse andato, come me, a lezione alla scuola centrale di Ariccia. Dove ti insegnavano a trattare e ad entusiasmare. Ti dicevano che con le compagne di ufficio non dovevi fare l’amore. Infatti diedi proprio retta, perché Valda, che poi sposai, la conobbi in ufficio alla CGIL. Ma avevo la scusa che lei era stagionale e presto sarebbe andata altrove. Daniela invece sarebbe rimasta a lavorare con me per tanto tempo. Era una bella ragazza con qualità eccezionali e io ne avevo proprio bisogno, in azienda, se volevo fare la più bella biglietteria del mondo. Quindi, secondo le regole della CGIL, Daniela era assolutamente off-limits.
Spostai la mia attenzione su Francesco Caggiani, che mi sembrava di aver già incontrato, da qualche parte. Magro, brizzolato, con un mezzo toscano che ogni tanto provava ad accendere e che moriva dopo due tiri. Aveva una parlata cadenzata, come quella di un professore che ci tenga a sottolineare bene quello che dice e a farsi intendere. Poi mi venne in mente dove l’avevo visto. Era, molti anni prima, il ragioniere capo del comune di Ravenna. Non ebbi occasione di incontrarlo di persona, allora che ero poco più che adolescente. Però frequentavo gli ambienti della sinistra ravennate, quando Aristide Canosani era sindaco socialista. Sentivo ogni tanto parlare di Caggiani con timore reverenziale. Era il terrore degli assessori di manica larga, quelli che teorizzavano che l’indebitamento dei comuni era doppiamente benefico. Primo perché si potevano erogare più servizi. Secondo perché si metteva in difficoltà il governo centrale a guida democristiana. A Milano Caggiani aveva aiutato Badini a risanare il bilancio della Scala. Con la biglietteria elettronica anch’io gli avrei potuto dare una buona mano, sul versante delle entrate.
Ci incamminammo assieme verso il suo ufficio, che era distaccato rispetto all’edificio principale del teatro. Fu un incontro di raccomandazioni e di ragguagli informativi. Tanto per rompere gli indugi mi procurarono la pianta dei posti di platea, palchi e gallerie e i prezzi di biglietti e abbonamenti della stagione in corso. Mi diedero anche la mappatura dei posti d’obbligo riservati alle autorità. Parlammo di costi ma erano cifre piuttosto basse rispetto agli standard del periodo, tanto che Caggiani mi avvisò di non commettere l’errore imperdonabile di rivedere, al rialzo, i prezzi un volta formulata l’offerta. C’era l’incognita della struttura fisica della biglietteria. Già a Bologna avevo introdotto la novità del doppio video, quello grafico incassato orizzontalmente nel bancone. Alla Scala, dove le file in biglietteria erano la norma, proposi l’idea di un terzo video, inserito in una colonna,  in modo tale che il pubblico, in fila, potesse farsi un’idea dei posti liberi. Avevamo praticamente tre mesi di tempo per fare tutto. Poi, in settembre, ci sarebbe stato il montaggio e il collaudo fiscale. Ma i rapporti fra Scala e Siae erano ottimi e la Leoni si era ormai meritata la fama di una società molto rigorosa. Il terrore di quattro anni prima quando, a Lugo, impedirono il collaudo perché non volevano la stampa dei biglietti su modulo continuo, era ormai un lontano ricordo. Mi avviai verso casa nel primo pomeriggio, con la discussione che continuò, fa me e Daniela, lungo l’autostrada, in tempo per raccontare a Massimo la cronaca della giornata. Una delle più belle della mia vita.
110520 Daniele Leoni (continua)

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