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Matteo Renzi e Pierluigi Bersani |
Una settimana interessante per la vita pubblica italiana. Una partecipazione di oltre tre milioni di elettori alle primarie democratiche, che è stata una competizione tutt’altro che rituale, tutt’altro che sovietica. Matteo Renzi ha sciacquato i panni del PD in Arno, eliminando l’ultimo residuo di centralismo democratico. Ha regalato al suo partito il certificato di Socialista Liberale. Ha fatto, Matteo Renzi, quello che non riuscì a fare Bettino Craxi, oltre trent’anni fa, nel Partito Socialista e quello che Palmiro Togliatti andava maturando, a Jalta nel 1964, prima di essere stroncato da un infarto. Togliatti e Craxi, un binomio che può apparire una bestemmia eppure così vero!
In questo Novembre 2012 è giunto il tempo di sbarazzarsi dei luoghi comuni funzionali alle alchimie di chi ha voluto, a partire dagli anni 70, condannare l’Italia al declino. Allora si parlava di “equilibri più avanzati” di “convergenze parallele”. Allora prese corpo la complicità fra Enrico Berlinguer e Aldo Moro, che tutto volevano tranne un Paese saldamente legato all’occidente. Una complicità, credo inconsapevole, coi poteri forti del petrolio, che avevano manifestato, un decennio prima, la loro violenza con l’assassinio del Presidente John Kennedy e del nostro Enrico Mattei . Che poi lasciò un’eredità malefica dando spazio all’insipienza di chi pretese di appoggiare la nascita dell’Euro alla deindustrializzazione dell’Italia, secondo i voleri di Francia e Germania. Di chi, con mani pulite, fingendo di combattere la corruzione, demoliva sistematicamente quanto rimaneva del gioiello industriale creato da De Gasperi e Togliatti, poi sostenuto da Craxi. Quel gioiello industriale che avanzava, nel mondo degli anni 60, a ritmi cinesi e che fece diventare, il Bel Paese, la quarta potenza economica alla fine degli anni 80. Silvio Berlusconi, nel 94, scese in campo con l’intenzione di arginare il patto sciagurato per il declino dell’Italia. La storia giudicherà se c’è riuscito. Eppure la reattività italiana alla grande crisi economica e all’Euro traballante è stata decisiva. Il favore di Pierluigi Bersani verso il bipolarismo e la sua preoccupazione per il dissolvimento del centro-destra nella serata con Vespa a Porta a porta, la sua decisa predilezione per lo sviluppo industriale mi hanno ricordato la vecchia casa socialista e liberale, quella dell’equilibrio fra meriti e bisogni, quella di una politica nobile dove la competizione non è una guerra ma una gara.
Ora Berlusconi deve passare la mano perché il suo ciclo è definitivamente chiuso, per logoramento fisiologico e per età. Credevo l’avesse capito quando decise di lasciare l guida del PdL ad Angelino Alfano. Anche se tentenna e non è convinto poco importa. Dobbiamo salvare la nostra industria, cominciando da Taranto, curando il male senza uccidere il paziente. Dobbiamo coltivare il vivaio delle nuove tecnologie digitali, della robotica, delle reti complesse, dell’intelligenza artificiale valorizzando il tanto che abbiamo. Dobbiamo valorizzare la cultura, quella scientifica, senza mai dimenticare che il futuro ha un cuore antico. E chi, se non gli italiani, possono farlo? C’è il vento di Matteo Renzi a gonfiare le vele per un nuovo balzo. E’ un vento analogo a quello del 94 che si chiamava Forza Italia. Ora soffia dentro il Partito Democratico e provocherà una salutare evoluzione della sinistra e della politica tutta, in senso europeista e occidentale ma con gli italiani determinati a ritornare protagonisti. 121130 Daniele Leoni
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