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Papa Francesco accenna il baciamano a Rania di Giordania |
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Mi piacerebbe molto che l’Italia trovasse la sua strada a partire dalla sua costituzione fondata sul lavoro. Che sapesse, con equilibrio, percorrere tutti i passaggi delle modifiche per migliorarla e adattarla alle mutate esigenze della società che cambia. Che trovasse un accordo, almeno sulle regole di base.
Purtroppo c’è stata una lacerazione profonda che prese le mosse dal colpo che venne inferto all’Italia, nei primi anni 60, perché la sua economia correva troppo. Non si sa se furono i servizi segreti americani a farlo direttamente oppure se lasciarono fare i colossi multinazionali della nascente elettronica e del petrolio che si avvalsero, senza pudore, della criminalità organizzata. In quegli anni Mosca eresse il muro di Berlino e inondò di rubli il Partito Comunista Italiano.
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Enrico Mattei e Giorgio La Pira |
Ma Palmiro Togliatti, che andava maturando idee socialdemocratiche, dopo aver promosso l’amnistia, disarmato i partigiani, impedito la sommossa popolare a seguito dell’attentato, morì a Jalta mentre stava elaborando i famoso memoriale. Il flusso di rubli non si interruppe ed Enrico Berlinguer, che non era Togliatti, non riuscì ad impedire il terrorismo politico delle brigate rosse. Poi arrivo Bettino Craxi che si difese a gomitate dalle ingerenze straniere ma fu castigato. Inventarono tangentopoli per eliminarlo. Nessuno si chiese allora, come non si chiede oggi, se attingere a man bassa a finanziamenti sovietici, in piena guerra fredda, fosse o non fosse alto tradimento. Silvio Berlusconi fu la risposta. Però in Italia aveva attecchito una casta di burocrati generata dai rubli di Bresnev, casta che era emanazione dell’ex Partito Comunista, annidata nei gangli vitali della società italiana, che si autoalimentava. La magistratura, culturalmente affine a quella casta, si scagliò contro Berlusconi per eliminarlo.
L’ingresso di Berlusconi in politica fu una anomalia provocata dalla sconfitta, per mano giudiziaria, dei socialisti e di Bettino Craxi. Una anomalia accentuata dalla legge Calderoli del 21 dicembre 2005 che ha modificato il sistema elettorale italiano e ha delineato la disciplina attualmente in vigore. Una disciplina di guerra. Una ulteriore lacerazione! Un colpo basso alla democrazia che servì a consolidare due caste contrapposte: quella generata dai rubli sovietici e quella alimentata, vent’anni dopo, dal patrimonio personale di Berlusconi. Ecco perché continuiamo a essere in guerra. E’ una guerra senza esclusione di colpi dove le regole non esistono più e il Paese soccombe con la sua economia, la sua industria, le sue infrastrutture come sotto un bombardamento.
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Matteo Renzi candidato segretario del PD |
Per questo motivo abbiamo bisogno di Matteo Renzi al vertice del PD. Perché è l’unico che riesce, in questo clima, a riempire le piazze con folle che non hanno la bava alla bocca e lo fa senza sponsorizzazioni private ma con un finanziamento volontario diffuso. Renzi sta costruendo l’unico vero elemento di discontinuità potente in grado di fermare una guerra che dura da cinquant’anni. Se è la legge elettorale dei sindaci che ha le condizioni di passare, ebbene che passi la legge dei sindaci. Io non sono d’accordo con Renzi su mille cose però rispetto il suo stile e lo spirito di chi lo segue. L’alternativa è che questa guerra finisca con la bomba di Hiroshima.
Non credo in Dio ma Dio lo scrivo con la lettera maiuscola. Lo faccio per rispetto dei tre quarti dell’umanità che professa una fede e, pur avendo l’assoluta certezza di avere ragione, metto nel conto che questa mia assoluta certezza possa essere confutata. Non ho l’assoluta certezza che il sistema maggioritario bipolare sia il migliore possibile però mi intriga molto l’escamotage statunitense dei due partiti, dei matti fuori legge, del presidente con poteri immensi ma con un drastico limite temporale al suo mandato. Dei giudici eletti e non selezionati per concorso. E’ un sistema che regge e fa, di quella americana, la più vecchia e longeva democrazia del mondo.
131101 Daniele Leoni
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