Adriano Olivetti a Ivrea con le maestranze negli anni 50 |
Ci vuole un bel coraggio a sostenere che il percorso che ha condotto l’Olivetti a scomparire è stato positivo perché ha generato un’enorme liquidità tanto da consentirle l’acquisto di Telecom Italia. E’ Carlo De Benedetti che lo scrive oggi, su Il Giornale, in una lettera a Giuliano Ferrara. Il risultato è che, oggi, l’Olivetti SpA è una società ridotta ai minimi termini, di proprietà di Telecom Italia. Nel 1978 De Benedetti assunse la guida di Olivetti, allora gioiello dell’elettronica italiana e leader mondiale nel comparto delle macchine per ufficio. Negli anni 80, a fronte della spinta propulsiva dello staff tecnico che metteva a segno grandi successi nel settore emergente dei personal computer, la direzione si divertiva a giocare con l’alta finanza. Soprattutto fece crescere una generazione di dirigenti più sensibile ai passaggi di denaro che ai successi sul piano industriale. I nuovi dirigenti scalzarono la vecchia guardia ispirata dal fondatore, Adriano Olivetti, e ne distrussero la scuola. Nulla di nuovo sotto il sole, perché una cosa analoga successe negli altri comparti dell’industria italiana, pubblica e privata. L’eredità che rimane è lo sfascio italiano rappresentato degnamente dalle parole di Carlo De Benedetti: “Olivetti si comprò Telecom …” 120327DanieleLeoni
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http://www.ilfoglio.it/hydepark/archivio/21665
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Lettera a di Carlo De Benedetti a Giuliano Ferrara. (27 Marzo 2011)
Caro Giuliano Ferrara,
constato che in questo periodo una delle sue principali occupazioni è quella di seguire tutto quanto riguarda Repubblica ed il suo editore.
Nell’articolo che lei ha pubblicato su Il Giornale del 25 marzo, commette due falsi, rispetto ai quali le chiedo una smentita:
1) quando Olivetti dovette ridurre fortemente il numero dei suoi dipendenti per cambiamenti epocali rispetto alla propria antica tecnologia meccanica, a causa dei quali scomparvero mestieri e prodotti (lei si ricorda ancora la calcolatrice meccanica?), si avviò presso il ministero del Lavoro una dura trattativa che riguardava settemila persone, nel contesto della quale peraltro Olivetti non chiese mai che Poste assumesse dipendenti Olivetti, né vi fu alcun accordo in tal senso, tanto che di fatto nessun dipendente Olivetti fu trasferito a Poste;
2) l’Olivetti non è mai fallita come erroneamente si afferma. Ha pagato sempre tutti, dipendenti, fornitori, banche, imposte e contributi e per la straordinaria «invenzione» che ebbi nel trovarle una nuova visione nelle telecomunicazioni, dette origine alla più grande creazione di valore in cinque anni mai avvenuta in Italia e si trovò ad essere l’azienda più liquida nel nostro Paese tanto che si comprò, dopo la mia uscita e contro il mio parere, Telecom Italia. Per favore, ne prenda nota e ne dia conto ai suoi lettori.
Con i migliori saluti
Carlo De Benedetti
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