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| Renato Brunetta | 
Dalla Banca centrale al varo degli Eurobond. L’Ue appesa a 5 mosse (di Renato Brunetta)
E se, quasi magicamente, l’Unione 
Europea risolvesse il vero problema che l’attanaglia fin dalla sua 
costituzione? Tradendo l’idea dei padri fondatori, sin dagli anni ’60 si
 è voluto proseguire sul sentiero dell’integrazione tra Stati sovrani 
adottando la tecnica del funzionalismo economico. Si è pensato – 
evidentemente sbagliando – che l’unione economica avrebbe alimentato in 
maniera naturale il processo di avvicinamento a una sostanziale unione 
politica. A distanza di oltre cinquant’anni il cinico approccio 
utilizzato ha, purtroppo, manifestato tutta la sua debolezza.
È giunto il momento di rompere l’ultimo 
tabù: la realizzazione dell’unione politica europea. Jacques Delors 
descrisse la moneta unica come “un ponte gettato verso la federazione 
europea in attesa che qualcuno vi ponga sotto i pilastri”. I pilastri 
non sono altro che una sostanziale unione politica, gli Stati Uniti 
d’Europa, senza i quali il ponte è, come facilmente riscontrabile in 
questi giorni, a rischio di crollo.
Serve una vera unione politica ed 
economica. Non possiamo continuare con 27 Paesi che hanno 27 politiche 
economiche diverse, 27 bilanci nazionali non convergenti verso gli 
stessi obiettivi. Paesi membri e Unione Europea devono, come 
un’orchestra, suonare assieme la stessa musica, dirette da un unico 
maestro. Legittimato in questo caso dal voto popolare. L’elezione 
diretta del presidente della Commissione europea va proprio in questa 
direzione.
In fondo anche Angela Merkel dovrebbe 
essere onesta con sé stessa e con il Paese che guida. Dovrebbe forse 
ricordare che, come disse Helmut Kohl, l’unità tedesca e l’unità europea
 sono due facce della stessa medaglia. La riunificazione della Germania 
non sarebbe, altrimenti, mai avvenuta.
La storia istituzionale e l’economia ci 
dicono già qual è la strada. Nel 1789 Alexander Hamilton, segretario al 
tesoro americano, trasformò la repubblica appena costituita in una 
grande potenza economica. Sotto la sua guida, il governo federale si 
fece carico dei debiti di guerra delle ex colonie ed emise obbligazioni 
nazionali sostenute da tasse dirette e da una moneta comune.
Oggi, Barack Obama non si stanca di 
consigliare all’Unione Europea di prendere spunto dalla politica 
economica degli Stati Uniti per superare la recessione. E Ben Bernanke 
ha saputo porre rimedio alle crisi profonde degli ultimi anni 
utilizzando gli strumenti a disposizione della banca centrale americana 
che sono: 1) la politica monetaria, attraverso cui la Federal Reserve 
garantisce la stabilità economica nel Paese; 2) la funzione di 
prestatore di ultima istanza, attraverso cui la banca centrale americana
 fornisce liquidità alle banche per prevenire, o contenere, episodi di 
panico sui mercati.
In Europa Mario Draghi chiede di 
mantenere viva nell’Ue la spesa per investimenti, ricorrendo anche a un 
aumento di capitale della Banca Europea ad essi deputata, la Bei. Non 
solo, il governatore della Bce chiede ai Paesi europei di decidere 
insieme un percorso comune e capire come l’Europa si vede tra dieci 
anni: se è pronta per un’unione politica, per un’unione fiscale, per gli
 Eurobond e per la Banca Centrale Europea come prestatore di ultima 
istanza. Infine Paul Krugman sostiene che i governi della zona euro 
devono adottare politiche di bilancio espansive e riforme strutturali e 
la Banca Centrale Europea deve mettere in campo una politica monetaria 
espansiva, anche a costo di un lieve aumento dell’inflazione. Sulla 
stessa linea, Joseph Stiglitz ricorda come storicamente l’austerità non 
abbia mai funzionato e che nessuna economia sia mai uscita da periodi 
crisi con misure di solo rigore.
Ciò premesso, ho fatto un sogno. Ho 
sognato di leggere le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del
 28-29 giugno. Pochi punti, chiari, onesti, che guardano al futuro. Ma 
capaci di imprimere, da subito, un’inversione di tendenza. Il Consiglio 
europeo ha discusso l’attuazione della politica economica dell’Ue. La 
soluzione al problema Grecia non risiede in provvedimenti specifici ma 
va affrontato all’interno dell’intera governance europea. Il Consiglio 
europeo ha approvato cinque priorità per il 2012 a partire dal mese di 
luglio.
1. Un nuovo modello di solidarietà. 
L’Unione europea dispone già delle regole e degli strumenti normativi 
adatti, che devono essere interpretati in modo estensivo: Il Trattato di
 Lisbona prevede una clausola di solidarietà, che impegna l’Ue e gli 
Stati membri ad agire congiuntamente per prevenire e reprimere attacchi 
terroristici e calamità naturali, nonché una clausola di mutua difesa, 
che prevede l’intervento militare in difesa di uno Stato membro che 
subisca un’aggressione armata nel proprio territorio. Il Consiglio 
europeo conviene dunque di equiparare gli attacchi di tipo 
finanziario-speculativo a quelli di natura terroristica, militare o 
ambientale.
2. Una nuova missione per la Banca 
Centrale Europea. Nell’ambito della modifica dei Trattati dell’Ue, il 
Consiglio europeo riconosce la necessità di rivedere il ruolo della 
Banca centrale europea. Occorre attribuire alla Bce un ruolo di 
prestatore di ultima istanza.
3. Il Consiglio Europeo promuove 
l’emissione di titoli decennali comunitari con un rendimento pari al 
rendimento storico del Bund tedesco degli ultimi cinque anni (2007-2011)
 che risulta pari al 3,34%. Il Consiglio ha così convenuto al fine di 
sanare le discrasie e gli squilibri tra i Paesi dell’area euro e di 
riportare ai livelli fisiologici del periodo precedente la crisi dei 
debiti sovrani i rendimenti dei titoli di Stato.
Il Consiglio Europeo riconosce agli 
Stati Membri una garanzia comune e solidale su titoli del debito 
pubblico emessi fino a un ammontare pari al 60% del Pil, in modo tale da
 mettere i Paesi dell’Ue nelle condizioni di poter rispettare i limiti 
in termini di rapporto deficit/Pil previsti dal Fiscal Compact. Un 
protocollo allegato al Fiscal compact creerà la base giuridica per 
l’emissione degli Eurobond.
4. Il Consiglio Europeo istituisce un 
fondo speciale, denominato “Redemption Fund”, nel quale i Paesi 
dell’area euro trasferiscono la propria parte di debito superiore al 
limite del 60% fissato dal Fiscal Compact. Tale fondo emette 
obbligazioni, garantite da tutti gli Stati membri, a tassi d’interesse 
ridotti e i governi nazionali si impegnano a rimborsare i titoli emessi 
dal fondo entro scadenze prefissate.
5. Un nuovo rapporto tra il sistema 
creditizio e i cittadini e l’economia reale. Gli stringenti requisiti di
 Basilea III costringono i 29 istituti di credito più importanti del 
mondo a raccogliere sul mercato 566 miliardi di dollari nei prossimi 5 
anni. Il Consiglio europeo invita la Commissione a rivedere la normativa
 attualmente vigente in un’ottica di contemperamento delle esigenze di 
messa in sicurezza del sistema creditizio.
Il Consiglio europeo conviene di 
modificare i Trattati ai fini della creazione di un sistema bancario 
unico ove le funzioni di vigilanza, garanzia e regolamentazione sono 
svolte a livello europeo mentre gli Stati nazionali mantengono la 
propria competenza in tema di istituti finanziari falliti. Infine il 
Consiglio europeo promuove l’istituzione di un’Agenzia europea di rating
 del Credito, denominata Aerc.
E il sogno finiva con la riapertura dei 
mercati il 2 luglio. Con gli spread in caduta libera, sulla base del 
cambio totale delle aspettative, la fine della speculazione sull’area 
euro, la fine della masochistica austerità e con un grande effetto 
rimbalzo in termini di crescita, con la Grecia salva dentro un’Europa 
forte e solidale. L’incubo era durato esattamente un anno.
FONTE: Il Giornale
Ho così commentato:
Caro Renato, sei un grande!
In te ammiro soprattutto la determinazione, la tenacia e
la lucidità. E l'ottimismo, quello gramsciano della volontà, che non si arrende
alle crisi ma le considera opportunità per un successivo passo in avanti.
Il tuo, il nostro sogno si realizzerà prima o poi.
Speriamo prima perché soffriremo di meno. Ma se la soluzione da te prospettata
dovesse attendere ancora qualche tempo, allora dobbiamo prepararci a soffrire
un po' di più ma alla fine ci si arriverà. Oggi ho letto un articolo di Francesco
Piccinini (nel blog chefuturo.it) che paragona gli attuali giornalisti ai
maniscalchi di Detroit nel 1908, quando Henry Ford lanciò la prima utilitaria.
Aveva le ruote di legno, perché di legno erano le ruote delle carrozze, e così
era più facile ripararle. Ma aveva il motore e non il cavallo. Io penso che lo
stesso ragionamento si debba allargare agli economisti e ai politici: o si trasformano
per adattarsi al nuovo che avanza, a dispetto di tutte le caste, oppure faranno
la fine dei maniscalchi.
Coraggio Renato che ce la faremo. 
Daniele Leoni

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