L'Ilva di Taranto |
- Ma non potete fare, a Taranto, ciò che avete fatto con
la Parmalat? Non avete, voi giudici, a Parma, cacciato via e incarcerato l’odiato
Callisto Tanzi salvando però l’azienda, l’occupazione dei lavoratori e il
comparto produttivo? Che cosa vi spinge verso la soluzione sadica di spegnere
gli altiforni, gettando così sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie e
sferrando il colpo di grazia all’economia del Paese? -
La risposta è nota:
- La siderurgia, a Taranto, è un cancro che falcia tante
vite umane. -
E allora, non vi
comportate, voi, come un chirurgo che,
di fronte a un tumore al cervello, tagli la testa al paziente? Ammesso e non
concesso che le statistiche sulle morti per tumore a Taranto siano veritiere e non pilotate da interessi inconfessabili. In ogni
caso i colpevoli siete voi, giudici di Taranto, inadempienti per cinquant’anni
di fronte al disastro ambientale, forse perché collusi. Che vergogna!
A ben riflettere la denuncia dell’economista Antonio
Galloni, ex Direttore Generale del Ministero del Lavoro, secondo cui nel 1990 “ci
fu l’accordo tra Kohl e Mitterrand in cui Kohl, in cambio dell’appoggio di
Mitterrand per la riunificazione tedesca, rinunciava al marco e quindi
accettava la prospettiva dell’euro, accettava cioè di arrivare a una moneta
comune che proteggesse la Francia. Ma quest’accordo prevedeva anche la deindustrializzazione
dell’Italia …” acquisisce, oggi più che mai, un’ulteriore conferma. Quell’accordo
fu onorato da Guido Carli, da Carlo Azelio Ciampi e da Romano Prodi. Quell’accordo
fu la conseguenza di una decisione ben più antica fra gli alleati vincitori nel
1945, che prevedeva lo smantellamento dell’industria tedesca e italiana. I
tedeschi resistettero e l’ebbero vinta. Anche gli italiani resistettero ed
Enrico Mattei, appoggiato da De Gasperi, non smantellò l’ENI disubbidendo gli
ordini. Anche Palmiro Togliatti era d’accordo. Anche Amitore Fanfani e fu il
boom economico degli anni 50 e 60. Poi Aldo Moro ed Enrico Berlinguer non
ebbero memoria storica, o meglio, furono degli analfabeti dal punto di vista
industriale. Furono condotti, in quanto analfabeti, alla guida del primo
partito di governo e del primo partito di opposizione dai nemici dell’Italia e
fu il declino. Bettino Craxi provò a resistere e fu massacrato. Silvio Berlusconi
provò a resistere e una guerra, senza esclusione di colpi, lo ha logorato per
vent’anni fino al folle epilogo di questi giorni. Ma i nemici in guerra con l’Italia
non hanno previsto la schiena dritta di Giorgio Napolitano, la saggezza di
Angela Merkel (non a caso è una donna), la guida di Mario Draghi alla BCE e la
premiership di Mario Monti, condivisa da Silvio Berlusconi. Tutti pezzi da
novanta che assieme fanno squadra e sistema.
Antonio Galloni, economista, già Direttore Generale Ministero del Lavoro |
Mi rivolgo a Susanna Camusso e lo faccio con convinzione perché
è una donna. Le vorrei ricordare che anch’io, ventenne, mi feci le ossa in CGIL
come segretario di zona della FIOM. Frequentai la scuola centrale di Ariccia poi,
per qualche anno, mi dedicai ai contratti aziendali prima di fare il
giornalista poi l’imprenditore. Vado fiero di quell’esperienza che mi ha
insegnato tanto del sindacato e delle relazioni industriali fondamento di ogni
democrazia occidentale. Ebbene dobbiamo disarcionare gli ultimi nostalgici
della deindustrializzazione che ora stanno usando alcuni magistrati e i falsi
ambientalisti nella loro, folle, missione suicida. Se la CGIL appoggiasse, nell’interesse
dei lavoratori, una soluzione ragionevole a Taranto, sarebbe l’inizio della
svolta per uscire dalla crisi.
Anche Renata Polverini è una donna che sta facendo la sua
battaglia contro le ruberie dei suoi colleghi e per la moralizzazione. Mi
ricordo che tentarono di farla fuori per renderla ineleggibile provocando un disguido
nella presentazione della lista del PdL alle elezioni regionali in Lazio. Ora
capisco le ragioni di quel disguido. Mi auguro che Renata Polverini continui la
sua battaglia oltre il Lazio perché i meccanismi delle ruberie sono gli stessi in
tutte le regioni e in tutti i gruppi politici. Perché la battaglia è
trasversale come è trasversale la corruzione che scatena la follia. 120921
Daniele Leoni
Pubblicato anche in:
http://www.ilcalcestruzzo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=27460
Pubblicato anche in:
http://www.ilcalcestruzzo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=27460
Leggi anche:
http://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/28/un-tecnico-degli-anni-ottanta-parla-della-crisi-delleuro-di-andreotti-e-della-deindustrializzazione-italiana/http://www.senigallianotizie.it/1327319183/la-deindustrializzazione-dellitalia-e-il-funzionario-oscuro-che-fece-paura-a-kohl
Considerazioni:
Le conclusioni pessimistiche e anti euro che si desumono dall'articolo
non mi convincono. Ho ordinato il libro di Nino (Antonio) Galloni pubblicato di
recente, per capire meglio. Dopo aver letto il libro mi riprometto di ritornare
sull’argomento.
Chi ha tradito l'economia italiana? Come uscire dall'emergenza
Autore Galloni Nino Editori
Riuniti Univ. Press (collana Politica
& società)
La sconfitta del
principale paradigma liberista (il risanamento dei conti pubblici come
presupposto dello sviluppo) sostituito dal paradigma voluto dal potere
vincente, la speculazione internazionale (che, invece, sta sostenendo, subito
lo sviluppo con conti in ordine) non risulta ancora digerita dai governi e
dagli Stati: che continuano ad anteporre "lacrime e sangue" e a non
selezionare le misure di politica economica per scegliere solo quelle che
aiutano lo sviluppo senza peggiorare i conti ovvero che migliorano i conti
senza penalizzare lo sviluppo. Su questa strada è addirittura l'euro a
rischiare, a breve, una brutta fine. Oggi la speculazione finanziaria è dieci
volte più forte delle classiche istituzioni internazionali. La stessa Germania,
in Europa, non riesce a tenere il passo con il cambiamento dei paradigmi. La
svolta liberista anti-keynesiana della fine degli anni settanta ha esaurito la
sua spinta devastatrice, ma la attuale prepotenza della finanza internazionale,
dove ci sta portando? Su tale linea di ragionamento l'economista Nino Galloni
propone questa ricerca che parte dal dopoguerra per arrivare alla cruciale resa
dell'Unione Europea al diktat americano fra ottobre e novembre del 2011.
Nessun commento:
Posta un commento