martedì 4 settembre 2012

E se facessimo un laboratorio Sulcis?

I minatori all'interno della miniera del Sulcis
La pagina del blog di Nicola Porro che ho commentato
Gli operai che scavano il carbone saranno presto sostituiti, nelle miniere del futuro, da sistemi robotizzati. Il compito di chi conduce la miniera sarà fare la manutenzione delle macchine e sviluppare sistemi più efficienti  utilizzando l’esperienza sul campo.
Le centrali elettriche del futuro si divideranno in due categorie: quelle non inquinanti come le centrali nucleari e idroelettriche e quelle inquinanti che utilizzano combustibili solidi (inclusi i rifiuti) o idrocarburi. Le prime hanno un alto contenuto di rischio in caso di catastrofe naturale, quelle idroelettriche ancor più delle nucleari. Le seconde generano fumi e scorie che, se non trattati, hanno un alto impatto ambientale nel corso dell’esercizio normale. Non menziono le centrali solari ed eoliche perché poco rilevanti nella produzione, anch’esse però con un impatto ambientale importante. Ebbene, sia nel caso della sicurezza che in quello dell’abbattimento degli inquinanti, il problema si risolve con la migliore tecnologia oggi disponibile per la progettazione e per la conduzione dell’impianto. La tecnologia esiste ed ha un costo proporzionale al livello di affinamento che si vuole raggiungere. Non avendo però, in Italia, rilevanti esperienze sul campo, le tecnologie e il know-how vanno acquistati da chi queste esperienze le ha fatte.
Supponiamo di voler trasformare la Sardegna in un laboratorio ecologico per il miglior utilizzo possibile delle risorse che esistono, cioè il carbone del Sulcis, la sua destinazione per la produzione di energia. Mi preoccuperei di tutte le sfaccettature del processo, a partire dal piano di graduale automazione della miniera. La centrale termoelettrica dovrebbe sfruttare al massimo la prossimità con la miniera eliminando del tutto i problemi della movimentazione del carbone con i relativi costi e impatto ambientale. Siccome il carbone del Sulcis deve essere miscelato con altri combustibili per raggiungere elevate temperature di esercizio, perché non prevedere un bel rigassificatore, assolutamente non inquinante e strategico nel piano energetico nazionale? Le navi metaniere non versano petrolio in mare e quindi nessun pericolo per le coste sarde e per gli stabilimenti balneari! Il rigassificatore, oltre a servire il resto del Paese, alimenterebbe anche la nostra centrale. Infine deve essere attivato un sofisticato sistema di monitoraggio per controllare, real-time, la composizione dei fumi emessi. Il sistema di monitoraggio, con tutti i paramenti di esercizio della centrale, deve essere accessibile on-line 24 ore su 24. Non mi preoccuperei più di tanto della emissione di CO2. La CO2 viene trasformata dalla vegetazione nel processo di fotosintesi, col carbonio che diventa legno e l’ossigeno che arricchisce l’aria. Allora non è meglio destinare a bosco tutte le vaste aree incolte della Sardegna, col secondo effetto di valorizzare il territorio e incrementare il turismo?
Supponiamo di riuscire a condurre in porto un siffatto progetto, ben attenti a prevedere che ogni comparto, dall’automazione della miniera, alla produzione di energia, alla gestione dei fumi e delle scorie sia in costante evoluzione. Abbiamo detto che è un laboratorio quindi oltre a produrre energia produrrà esperienza, know-how. I minatori, piano piano, diventeranno tecnici dei computer, progettisti e manutentori dei robot.  Anche la centrale sarà completamente automatizzata e il lavoro consisterà nel controllare l’impianto, manutenerlo e soprattutto capire, dai piccoli inconvenienti che dovranno essere affrontati  ogni giorno, quali sono le migliorie da implementare.
Ecco che nascerà una scuola, un sapere scientifico, gestionale, industriale. Si svilupperà un indotto specializzato nelle mille componenti necessarie al nostro laboratorio, non ultima quella del controllo, del monitoraggio pubblico di tutte le fasi dell’attività, perché nulla possa sfuggire. Nascerà una nuova cultura industriale diffusa che prenderà il posto dell’atteggiamento piagnone che, a partire dagli anni 70, è riuscito a demolire tutte le eccellenze italiane.
Questo know-how si trasformerà in filiera e le nuove tecnologie implementate potranno essere rivendute, nel mondo, laddove si dovranno sfruttare risorse povere come il carbone del Sulcis. In un mondo sempre più assetato di energia e di materie prime, ancora molto lontano dalla risoluzione definitiva che è lo sfruttamento minerario dello spazio cosmico. E se l’umanità vorrà estrarre minerali dagli asteroidi e dalle comete, dovranno essere i robot a farlo.  Chi avrà sviluppato questa tecnica potrà candidarsi.  Allora i conti torneranno e l’investimento darà i suoi frutti nell’immediato ma soprattutto per le generazioni a venire.
Vorrei utilizzare la pagina web del Governo Italiano e trasmettere a Monti e a Passera queste considerazioni. Penso che lo farò. Intanto approfitto della Zuppa di Porro. 120904 Daniele Leoni

L'articolo di Nicola Porro
http://blog.ilgiornale.it/porro/2012/08/31/o-salviamo-il-sulcis-o-salviamo-leconomia/#comment-20276

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